La storia
domenica 8 Settembre, 2024
di Francesca Dalrì
«Vuoi sapere cos’è il budo? Io te lo racconto, ma tu prima devi venire a provare perché se te ne parlo non capisci, se vieni a vedere allora capisci, ma è solo se vieni a provare che senti». Attilio Margoni è così: con 72 anni alle spalle, di cui oltre 40 spesi per l’associazione «Budo Kai Punto Zero» da lui fondata nel 1983 a Trento assieme al maestro e amico Primo Caramelle, ha fatto delle arti marziali la propria vita e non conosce altra via per mostrarne la bellezza agli altri. D’altronde il termine «budo» sta a indicare proprio questo: la pratica delle arti marziali concepite come regola di vita, non solo nella loro dimensione fisica e tecnica, ma anche e soprattutto per la loro capacità di aiutare a raggiungere un equilibrio psico-fisico e morale.
Nel «dojo» in via Briamasco 34 a Trento, il primo in provincia realizzato secondo la tradizione giapponese e dove oggi si praticano tutte le discipline delle arti marziali (dal Karaté al Tai Chi, passando per il Kendo), le persone arrivano per le motivazioni più disparate. Ci sono gli appassionati di arti marziali, le donne che vogliono imparare a difendersi (il nuovo corso di autodifesa, adatto a tutte l’età al di là della preparazione, è in partenza il primo ottobre), i settantenni che praticano Thai Chi, i bambini che hanno appena iniziato, persone con disabilità. Come Alice Callegari, 24 anni, per cui il Karaté è tutto: «Mi ha insegnato ad affrontare il mondo esterno, ad avere la forza e la determinazione per combattere le difficoltà». O come Silvia Franceschini, che di anni ne ha 32 e frequenta di dojo da quando ne aveva 13: «A scuola fin da piccola tiravo calci a tutto e tutti. Questo posto mi ha insegnato il sacrificio e l’impegno, ma devo ancora migliorarmi nell’essere più sicura di me stessa», ci confida. Motivazioni diverse e differenti gradi di competenza raggiunti, ma sul tappetto durante la pratica tutti indossano la stessa maglietta. «Qui siamo tutti uguali – afferma deciso Margoni –. In tanti mi hanno chiesto perché non faccio un corso per persone con disabilità, ma è solo stando insieme che impariamo gli uni dagli altri e quanto conti la volontà che mettiamo nel fare le cose».
Perché invece un corso di autodifesa femminile? «Il problema della sicurezza per strada, soprattutto per le donne, purtroppo è all’ordine del giorno, ma con le pistole o i coltelli non risolviamo niente – risponde il maestro –. Con questo corso anche una donna di 50 chili impara a difendersi perché la vera forza è nella testa. Ma attenzione: bisogna essere sempre gentili, l’arte marziale non è violenza, ma vita». E le altre discipline? «Ne ho introdotta una ogni dieci anni perché prima ho dovuto conoscerla a fondo. Ho passato sei estati in Cina a studiare Tai Chi prima di insegnarlo qui. In Occidente abbiamo pulito il Tai Chi per renderlo plastico, ma è come fare la carbonara con la pancetta: non è più l’originale».
Una filosofia che si rispecchia nella scelta del nome – «Punto zero», dalla convinzione che non si smetta mai di imparare e che occorra rimettersi sempre in gioco – e un metodo che ha dato i propri frutti: negli anni gli atleti del dojo hanno portato a casa 980 podi e un argento al campionato del mondo, a Montreal nel 1992. L’ultima gara Margoni – che ha un problema alle anche e ogni mattina fa 140 squat – l’ha disputata nel 2016. «Ma ciò che conta non sono le medaglie, bensì mettere ciò che impari nella propria vita», aggiunge subito.
Il futuro? «Vorrei passare il dojo a qualcuno, ma è difficile vivere di questo. Per coprire i costi servirebbero 100 iscritti, ma dopo il Covid siamo rimasti in 35. Però sono certo che alla fine la qualità vince sempre, anche perché riempire il dojo smettendo di essere me stesso non mi interessa». Per chi fosse interessato alle attività dell’associazione, oggi e il prossimo settimana è in programma un weekend di porte aperte. Per info e iscrizioni scrivere a budo@artimarzialitrento.it.
l'intervista
di Gianfranco Piccoli
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