La storia
domenica 15 Giugno, 2025
Il trentino Alessandro Belleli: «Io, console in Norvegia, fotografo e professore di antropologia»
di Giacomo Polli
Originario di Tuenno, da 12 anni vive in Scandinavia immerso nella natura, dove gira i suoi documentari: «Prima o poi tornerò in Trentino ma per ora qui ho più opportunità»

Dopo essere cresciuto a Tuenno, una volta compiuti 18 anni Alessandro Belleli ha iniziato a girare il mondo con la fotocamera in mano: dalla California, passando per Olanda, Brasile e Danimarca, fino a stabilizzarsi definitivamente in Norvegia a Troms, dove vive da ormai 12 anni. Una vita guidata dalla passione per le storie e i documentari, ma anche dal senso di responsabilità che lo ha portato a diventare console onorario italiano nelle regioni norvegesi di Troms, Finnmark e Svalbard. Oggi, oltre a lavorare come documentarista, Alessandro Belleli è anche professore di antropologia.
Belleli, la sua storia parte da Tuenno e fa il giro del mondo…
«Ho cominciato a viaggiare quando avevo 18 anni andando a vivere per tre mesi in California. Da quel momento ho scoperto una passione verso culture e stili di vita diversi rispetto a quelli a cui ero abituato in Val di Non. Poi il confine imposto dalle montagne mi ha sempre spinto a cercare di andare oltre. Resto comunque molto legato al Trentino. Ho vissuto anche in Olanda, in Danimarca, Brasile e tanti altri posti. Ora sono in Norvegia dal 2013».
E come mai ha scelto di stabilizzarsi in Norvegia?
«Ero venuto qui per curiosità. Dopo le superiori ho fatto un viaggio per scoprire il Nord Europa perché pensavo fosse l’unico posto in cui era ancora presente un equilibrio tra esseri umani e natura. Questi posti mi attiravano tantissimo e più andavo verso nord più restavo sorpreso: è stato un viaggio fantastico. Così anni dopo ho deciso di tornare e stabilizzarmi a Troms. Ad oggi è forse la capitale mondiale dell’aurora boreale, poi ci sono due mesi all’anno in cui c’è pochissima luce. Fino a poco fa avevo le balene che arrivavano sotto casa. Parliamo di una città in mezzo al nulla e che assomiglia un po’ al Trentino ma con la presenza umana meno impattante. È come se vivessi “alla fine del mondo”».
E nello specifico di cosa si occupa?
«Prima di tutto sono un documentarista: faccio film e documentari sociali. Al momento sto lavorando a due progetti. Il primo è “In love with the journey of man” (Innamorato del viaggio dell’uomo; ndr) che si sviluppa tra Norvegia e Italia e tratta del rapporto con la natura, del petrolio e della pesca. Il secondo, invece, è ambientato tra la California e il Messico e tratta del tema dell’immigrazione. Tra poco, inoltre, inizierò a insegnare all’università antropologia visuale e multimodale. Al momento insegno alle superiori come fare documentari e film. In passato sono stato responsabile della comunicazione a Tvibit, hub creativa per artisti di Tromso».
Nei documentari e visto il luogo in cui si trova le capita di approfondire anche il tema del cambiamento climatico?
«In love with the journey of man si basa proprio sul cambiamento climatico e di come la generazione dei neo genitori si relaziona a questo problema e al futuro dei nostri figli. Quando sono arrivato qui c’era un sacco neve e gli inverni erano più lunghi, ora invece piove molto di più e ci sono quasi inondazioni. Le renne non riescono a raggiungere i licheni e l’erba perché dopo le piogge si ghiaccia tutto e non riescono a scavare. Ci sono anche dei rischi grossi legati al possibile sviluppo petrolifico nell’Artico. La gente ora fa il bagno dove prima non lo avrebbe mai potuto fare, posti in cui prima c’erano massimo 15 gradi e ora ce ne sono quasi il doppio in estate. È una situazione complessa ed è molto strano vedere come qui le cose cambino così velocemente. Nel progetto poi affronto anche il tema della mascolinità: ad oggi i maschi hanno bisogno di trovare modelli positivi invece di seguire modelli come Elon Musk o Trump».
Nel frattempo è stato anche nominato console onorario di Troms, Finnmark e Svalbard….
«Conoscevo bene l’ambasciatore Colella e il comitato degli italiani in Norvegia. Sono molto integrato a Troms, le persone all’interno di questa comunità si fidano di me e quindi è stato fatto il mio nome. Tutto è partito da loro, non ci si può proporre come console onorario e credo mi abbiano scelto proprio perché sono completamente immerso in questo posto. È un riconoscimento che mi ha fatto molto piacere e mi ha reso molto orgoglioso».
Pensa mai a un ritorno in Trentino?
«Mi piacerebbe molto e credo che prima poi accadrà anche se non in questo momento. Attualmente le cose stanno andando molto bene, ho tante cose da sviluppare e credo che in Italia sarebbe difficile avere le stese opportunità che ho qui. Ho talmente investito in questa cultura che dovrebbe esserci un’offerta molto buona per ipotizzare un possibile ritorno. Ho ancora un sacco di amici in Val di Non. Tornando, però, vorrei fare un passo avanti e non uno indietro a livello professionale. Mi piacerebbe».
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