L'intervista
sabato 19 Novembre, 2022
di Francesco Morandini
Conosciuto da tutti come «Diga», Renato Baldessari, 56 anni, di cui 41 a fare il pastore, accompagnando greggi in tutto il Triveneto, ma di stanza a Bellamonte dove trascorre metà dell’anno e l’altra metà con il suo migliaio di ovini fra Veneto e Friuli, è un uomo schietto. Il «Diga», (soprannome attribuito a suo padre che all’inizio degli anni ’50 lavorava alla costruzione della diga di Fortebuso) e protagonista di un omonimo, premiato lungometraggio presentato l’anno scorso al Trento Filmfestival che racconta la sua vita di «transumante», è fra coloro che hanno recentemente risollevato la questione dei grandi carnivori, che qui si chiamano «lupo», e che tormentano le notti di pastori e allevatori. Tant’è che, dopo l’ennesima predazione di 17 capi «tra persi, morti e rovinati» di due greggi di pecore avvenuta un mese e mezzo fa a Bellamonte vicino all’hotel Margherita, è stato contattato dalla sindaca Maria Bosin. Il Consiglio dei sindaci ne è stato investito e il presidente Giovanni Zanon ha scritto subito una lettera a Fugatti, consiglieri provinciali fiemmesi, onorevoli e allevatori chiedendo di affrontare con forza la questione.
Questione delicata e scottante. Ne parlano studiosi, politici, animalisti. Il pastore che ne pensa?
«Ho chiesto che si muovano finalmente i sindaci. Non è un problema solo nostro, ci sono anche i bovini, dico per fortuna, perché se fosse solo per noi… i ne meteria t’en cantòn! Assieme agli allevatori abbiamo più forza e coraggio. “Scriviamo una lettera in Provincia?” Ha chiesto la sindaca. La leggono e poi… serve coinvolgere tutte le valli, almeno Fiemme, Fassa, Primiero e Valsugana, ma anche il Veneto».
Un grosso problema. Ma la questione è: che fare? Non bastano le reti, i cani, e gli indennizzi?
«I cani: non siamo in Toscana dove hanno 200 ettari e non passa nessuno, qui ci danno una montagna di 100 ettari piena di turisti. Una soluzione forse per la notte, ma di giorno? Se passa una persona con un cane non so cosa succede. C’è anche il rischio di una denuncia».
E le reti, non servono?
«Le reti? Ne metto anche due e i lupi le saltano. In val Canali la Forestale ha messo un recinto di 1,7 metri e la prima notte le hanno predate. Questo non lo dice nessuno. Sono entrati e usciti dallo stesso posto. Aiutano, certo, ma non sono sicure. La montagna non è un campo sportivo, non è facile far recinti».
Cos’altro fare per far fronte alle predazioni?
«La stalla, ma è impossibile»
E i risarcimenti?
«Prima pagavano anche quelle perse, adesso basta, pagano solo quelle che vedono davanti, rovinate o morte, quelle che si perdono no».
Quindi chiedete che ci sia il risarcimento anche di quelle perse?
«Basta una pecora morta e devi stare sul posto per verificare che sia stato effettivamente il lupo, che non si confondano le tracce se arriva qualche cane. Raccogliere le carcasse dobbiamo farlo noi, portarle in stalla, chiamare i veterinari… Già è un disagio fare recinti perché il lupo arriva a qualunque ora, col sole, con la nebbia, di notte».
Nel concreto quindi cosa chiedete?
«All’inizio ci dicevano che ci lasciavano solo due gruppi di lupi e ora ne abbiamo dappertutto».
Quindi chiedete degli abbattimenti?
«Se invece di dieci branchi ce ne sono quattro, mangiano meno e fanno meno danni. Invece, due gruppi in Fassa, due a Bellamonte, uno sul Cornon, un altro sul Lagorai. Da me sono arrivati sette volte. Hanno attaccato anche una puledra di due anni e qualche giorno fa sette pecore in Fassa».
Poi ci sono gli hobbisti con asini, cavalli o un gruppo di ovini che spesso sono quelli che curano il territorio dove non arrivano le falciatrici.
«Molti hobbisti stanno abbandonando. Se ne mangiassero una, invece ne rovinano tante: questa è la rabbia. Anche l’aquila, il più bel animale che abbiamo qui, si prende gli agnelli, ma se ne prende uno».
Quindi che facciamo?
«Riduciamo i branchi e se c’è un ibrido non basta castrarlo. Io ho chiesto un fucile a pallini, non per ucciderli, ma spaventarli, sennò prendono confidenza. L’altra notte era lì a 40 metri che ci guardava, entrano anche in stalla. Non dobbiamo occuparcene noi, ma l’ente pubblico».
Non resta che attendere la risposta di Fugatti alla lettera del Consiglio dei sindaci.
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