La sentenza

sabato 6 Aprile, 2024

Morte di Antonio Megalizzi, condanna a 30 anni per il complice dell’attentatore di Strasburgo

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L’ivoriano Audrey Mondjehi avrebbe aiutato l’assassino a procurarsi l’arma. La sorella di Megalizzi: «È importante che queste persone siano ritenute responsabili delle azioni compiute e della sofferenza che hanno generato»

Audrey Mondjehi, il principale imputato nel processo per l’attentato al mercatino di Natale di Strasburgo del 2018, dove era stato colpito a morte lo studente e giornalista trentino Antonio Megalizzi, è stato condannato dalla Corte d’Assise di Parigi a trent’anni di reclusione — due terzi della pena da scontare in regime di massima sicurezza — per aver aiutato Chérif Chekatt a procurarsi un’arma. Chérif Chekatt che è il terrorista radicalizzato che sparò, a distanza ravvicinata, al trentino di 29 anni, che morì tre giorni dopo in ospedale. Nel processo davanti ai giudici francesi si era costituita parte civile la famiglia di Megalizzi.
Giovedì sera Mondjehi, 42 anni, è stato riconosciuto colpevole di associazione a delinquere terroristica, a causa della sua «stretta vicinanza» all’aggressore, e perché «era a conoscenza della (sua) radicalizzazione violenta», ha dichiarato il presidente della Corte d’assise di Parigi. Erano state cinque le vittime dell’attentato dell’11 dicembre di sei anni fa, fra cui appunto Megalizzi, giovane brillante che era andato a Strasburgo in Flixbus per seguire la seduta del Parlamento europeo.
Mondjehi è stato invece dichiarato non colpevole di “complicità” in omicidi e tentati omicidi terroristici, in quanto sebbene «sapesse che il progetto criminale di Chérif Chekatt fosse in corso di realizzazione, non ne conosceva però le modalità precise», ha sostenuto il tribunale. L’ivoriano è stato condannato a una interdizione permanente nel territorio francese.
La sorella di Antonio Megalizzi, Federica, ieri ne ha ricordato il grande spirito e l’entusiasmo per l’Europa e la conoscenza: «E’ importante che queste persone siano ritenute responsabili delle azioni che hanno compiuto e della sofferenza che hanno generato. Per noi l’auspicio è che questo serva anche ad evitare che eventi simili si ripetano».
Per ricordare il giovane giornalista trentino che credeva nell’Europa e nella Pace, per ricordarlo ora c’è una fondazione, «con la voglia di fare di condividere, di conoscere, di accogliere anche la diversità che aveva Antonio in generale con quello che è Antonio, che è stato Antonio e che continua ad essere anche grazie al lavoro della fondazione», spiega Federica.
Antonio Megalizzi, giovane reporter italiano, appassionato dell’Europa con il sogno del giornalismo era morto dopo tre giorni da quella drammatica sera in cui, passeggiando con due amiche al mercatino di Natale di Strasburgo, ha incrociato lo sguardo e la pistola di Chérif Chekatt, un ragazzo più o meno della sua stessa età, ma con l’odio dentro.
Per Antonio, colpito alla testa, da subito ci sono state poche speranze: Condizioni irreversibili e inoperabili, era stata la sentenza pronunciata dai medici alla famiglia che è rimasta accanto a lui fino alle fine, con la mamma disperata che, dall’inizio, ha capito: «Me l’hanno portato via».
Fa impressione ascoltare l’entusiasmo con cui Antonio sognava di fare il giornalista, a tempo pieno, e parlava della sua esperienza a Strasburgo.
Il sogno di Antonio era scrivere di Unione europea, come aveva confidato a un’amica il suo sogno era quello «di riuscire un giorno a farcela: di continuare a fare quello che faccio a Strasburgo ma in maniera continuativa, perché ancora non esiste un media service giovane che si occupi di Ue».
Antonio è stato descritto dagli amici come un europeista convinto, una persona brillante, determinata, ma anche rispettosa delle differenze. Per ricordarlo Mauro Biani del Manifesto aveva disegnato una splenida vignetta che lo vede con lo zaino in spalla mentre viaggia a piedi e un commento che lo avrebbe riempito d’orgoglio: «Antonio l’europeo». Una vignetta che è stata donata alla città e nei giorni successivi all’attentato venne proiettata in piazza Duomo. Per il funerale di Antonio a Trento vennero anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premier di allora Giuseppe Conte e il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani.