Il diario

lunedì 1 Aprile, 2024

In campo con poca energia, le rimprovero. «Coach, mangiamo poco». E avevano ragione. Ma la Federazione mi ascolterà: verdura, yogurt e giuste porzioni

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Il cibo del campus e l'invito a cena della presidente della Empower Sport Academy: un pasto insieme nel rispetto del Ramadan. La nuova puntata del diario da Islamabad di Alessandra Campedelli, allenatrice della nazionale del Pakistan

La presidente della Empower Sport Academy è venuta a trovarci dagli USA, dove vive.
Ha offerto alla squadra una cena.

Dopo ormai tre settimane di Ramadan, in cui ci stiamo allenando anche di notte visto che fino alle 18.20 le ragazze non possono toccare cibo e acqua, le ragazze scelgono un fast food.
Qui nel campus non viene dato loro del «cibo salutare». E ne viene dato poco, in termini di quantità. Le ragazze si lamentano spesso di questo.
Me lo hanno confidato anche l’altro ieri quando le ho riprese durante l’allenamento notturno perché ai mie occhi si stavano allenando con poca energia.

«Coach, vieni a vedere cosa ci danno da mangiare durante l’Aftar. Vieni a vedere con i tuoi occhi!».
Hanno ragione. Io non ho mai mangiato con loro. Non ho mai visto cosa propongono loro.

Il primo giorno che sono arrivata mi sono resa conto che, per questioni di igiene e per non rischiare qualche infezione, non avrei potuto mangiare nella mensa del campus.
Ecco perché ho allestito una «piccola cucina da campo» nella mia camera…e cucino in camera per me stessa. Rinuncio chiaramente, purtroppo, a tutti gli alimenti che non si possono sbucciare o che, nel lavandino del bagno, non possono essere lavati accuratamente e in sicurezza.

Io, da donna occidentale devo prestare molta attenzione ad acqua e cibo se non mi voglio ammalare. I miei anticorpi sono evidentemente diversi dai loro e così anche le mie risposte immunitarie.
Le ragazze avevano ragione.
È stato un errore non andare prima a vedere: ho dato per scontato senza conoscere!
Per me era ovvio che a delle atlete dovesse essere proposto del cibo salutare in quantità adeguate. Ero preparata a declinare quel cibo salutare secondo le loro usanze e le loro tradizioni. Ma…non avevo capito che le mie atlete non mangiassero a sufficienza.

Le porzioni sono talmente piccole da non consentire loro di avere la benzina per potersi allenare secondo le mie richieste in termini di intensità. Poche cose..da dividere fra tutte.

Mi sono posta molte domande…a cui, come spesso accade, non ho ancora trovato una risposta.
Ho solo pensato di spiegare, senza giudizio alcuno, alla Federazione ciò che secondo me era necessario e di chiedere loro di integrare, anche con l’aiuto degli sponsor che spero di trovare in Italia grazie alla raccolta fondi partita qualche giorno fa, del cibo di qualità per le ragazze: frutta fresca di stagione e frutta secca che qui è molto diffusa ‘se si hanno i soldi per comprarla’ e che rispetto all’Italia costa davvero molto meno, yogurt e qualche integratore alimentare contenente magnesio, potassio e vitamine. Il minimo per poter pensare di avere un corpo e una mente pronti a lavorare con le indispensabili intensità, durata e attenzione al compito durante gli allenamenti. Ho presentato loro, in modo semplice, delle evidenze scientifiche che potessero aiutarmi a portare avanti la mia tesi.

La Federazione è stata subito, anche in questo caso, disponibile a considerare questa mia richiesta in tempi brevi…e ad agire con prontezza.
Hanno davvero bisogno di una guida anche per quanto riguarda le cose che noi diamo per scontate, ma, con umiltà, sono pronti ad imparare. E così anche io.
La mia speranza, è evidente, incutesti pochi mesi, è anche quella di poter riuscire a creare le condizioni necessarie per iniziare a ‘fare pallavolo vera’.
con l’aiuto anche di chi mi/ci segue da casa, .

Queste ragazze lo meritano.
E la cena? Non siete curiosi?
Ogni ragazza ha a disposizione circa 4,5 euro: una cena da nababbe per queste ragazze!
Tutta la squadra attorno ad un tavolo. Sono le 17.55 quando ci sediamo. Alle 18 hanno già raccolto tutti gli ordini, ma…fino alle 18.20 nessuno può toccare ne acqua ne cibo.
I camerieri però dopo poco iniziano a mettere sul tavolo le bevande e il cibo ordinati e ‘i soliti datteri’ accompagnati da un bicchiere di ‘acqua di rose’ che loro mangiano e bevono come prima cosa all’inizio dell’Aftar. Dopo questo piccolo ‘spuntino’ pregano. Tutte le ragazze sembrano ‘entrare ognuna nella loro bolla’. Tutto il cibo è sul tavolo (pizze, carne, hamburger…). Il tavolo è pieno, loro non mangiano dalle 4 di mattina, ma…nessuna perde nemmeno per un istante la concentrazione sulla sua preghiera. Nessuna rivolge al cibo nemmeno uno sguardo. Nonostante la fame e nonostante non mangino ‘cibo buono’ da almeno tre settimane.

La loro determinazione, la loro caparbietà, la loro pazienza…mi mette quasi a disagio. Anch’io ho fame e ho davanti a me la mia pizza margherita…ad esplicita richiesta non piccante. E faccio fatica ad aspettarle. Faccio fatica a non prenderne un pezzo e a non addentalo. Devo lavorare su me stessa per riuscirci. Per 20 interminabili minuti.
Mi chiedo: «Ma perché non hanno aspettato a mettere tutto sul tavolo?». Sentenzio tra me e me: «Potevano aspettare…sarebbe stato meno crudele!».

Ma anche questa volta sono io a sbagliare…a non capire.
Per le ragazze sembra non rappresentare un problema. Loro ora, senza che nessuno glielo ricordi o glielo imponga (almeno ai miei occhi!) hanno un’altra priorità: pregare. Qualcuna avvicina le mani al viso in segno di raccoglimento. Qualcun’altra chiude solo gli occhi e bisbiglia.
Io…osservo con ammirazione la loro tenacia.
Finite le preghiere…la cena ha inizio.

Con molta delicatezza si dividono il cibo, senza ingordigia alcuna, ma con molto rispetto l’una per l’altra.
Ripenso alle gite scolastiche o alle pizze di squadra dopo le partite…dove ogni ragazza sembra non aver mangiato da giorni…in cui tutti si buttano sul cibo appena ne hanno l’occasione…in cui talvolta c’è addirittura qualcuno che, non pensando agli altri, si appropria anche delle parti non destinate a lui/lei. E rifletto.

E mentre mangio gustando ogni boccone di questa pizza poco italiana, le guardo. Il mio sguardo si posa su Rabia. Ricordate? …la ragazza con la maschera e l’hijab… Sono curiosa di capire… Lei ad ogni boccone si piega verso il tavolo, quasi a volersi nascondere mentre, velocemente, per il tempo necessario a mettere in bocca il cibo, si abbassa la maschera. Ma mangia con gusto e partecipa attivamente alle chiacchiere tra compagne di squadra.
Non rimane nulla sul tavolo. Nulla. E prima di andare una ragazza mi porge la mia bottiglietta d’acqua: ne era avanzata poca e io la avevo lasciata sul tavolo, ma…nulla va sprecato. I suoi occhi me lo hanno insegnato con delicatezza e comprensione.

Questa è la mia squadra: se riuscirò a trasferire in campo la tenacia, la determinazione e la fortissima forza di volontà che dimostrano di possedere e manifestano nella vita di tutti i giorni…credo potremo avere delle belle soddisfazioni. Insieme.

 

Leggi tutte le puntate

La prima puntata del diario di Alessandra Campedelli

Il visto, la partenza e la prima sfida: allenamenti di notte durante il Ramadan (osservato per scelta). La coach in arrivo

Il mio arrivo a Islamabad, l’accoglienza calorosa e i primi allenamenti. Qui il volley è riscatto sociale

Nessuna divisa per lo staff, solo 15 palloni (e due non omologati): gli allenamenti tra fatiche e gratitudine delle atlete

Rabia, 19 anni e quella scelta che destabilizza: hijab e maschera in campo. «Se la tolgo torno a casa e mi sposo. Invece voglio studiare»