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sabato 5 Luglio, 2025

Dai blackout alla guerra idrica: gli eventi estremi mettono a rischio una piccola impresa su tre

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Ondate di calore, siccità e fenomeni meteorologici incidono sui livelli di produttività: ecco l’impatto del riscaldamento globale sulle aziende

«In Italia, una piccola impresa su tre è potenzialmente esposta a eventi climatici estremi». È scritto nero su bianco nel Rapporto sullo stato del clima in Trentino, elaborato dall’Agenzia provinciale per la protezione ambientale. Un dato che assume un peso rilevante se applicato alla nostra provincia, dove nel 2023 erano attive 46.539 imprese distribuite tra agricoltura, costruzioni, manifattura, commercio e turismo. Il rischio per la produttività è concreto: ondate di calore, siccità e fenomeni meteorologici sempre più intensi colpiscono direttamente impianti, infrastrutture, lavoratori e sistemi logistici, causando danni materiali, interruzioni operative e un aumento dei costi di gestione. Basti pensare alla frana del luglio scorso a Mattarello, che ha messo in difficoltà una decina di attività presenti nell’area industriale a sud di Trento. I cambiamenti climatici stanno diventando una variabile sempre più difficile da ignorare per il mondo del lavoro e della produzione. Se settori come agricoltura, foreste, allevamento e acquacoltura sono già da tempo tra i più esposti, oggi anche industrie, infrastrutture e piccole imprese iniziano a subirne gli effetti, con il rischio di un calo generale della produttività e di una maggiore fragilità del sistema economico locale.
Impianti e produttività
Alluvioni, grandinate e tempeste di vento possono mettere fuori uso interi impianti industriali, macchinari, sistemi informatici e infrastrutture strategiche come strade, linee elettriche o reti di telecomunicazione. Tutto questo si traduce in un doppio colpo per le aziende: da un lato, l’interruzione improvvisa delle attività; dall’altro, l’aumento dei costi per i lavori di ripristino. In Trentino la vulnerabilità è trasversale: il 63,4% delle imprese industriali opera nell’edilizia e impiantistica, seguite dalle manifatturiere (31,6%), energia e rifiuti (4,4%) ed estrattive (0,6%): nessun settore può dirsi davvero al sicuro dagli effetti del clima estremo.
La guerra dell’acqua
Le imprese che utilizzano acqua per i processi produttivi, il raffreddamento o il lavaggio dall’agroalimentare alla chimica, dovranno affrontare una risorsa sempre più contesa. La scarsità idrica diventerà una fonte di conflitto tra vari usi: agricolo, idroelettrico, civile e industriale. E nei mesi estivi, quando la domanda è più alta, la competizione per l’uso dell’acqua potrebbe rallentare o bloccare intere filiere produttive.
Blackout e crisi energetica
Al problema idrico si somma quello energetico. Con le estati sempre più calde, aumenterà la domanda di energia per rinfrescare capannoni, uffici e negozi. Ma proprio nei periodi più caldi, la produzione di energia idroelettrica potrebbe calare per scarsità d’acqua aumentando il rischio di blackout più frequenti e nuove interruzioni alla catena produttiva.
Manodopera in pericolo
Il caldo non colpisce solo strutture e impianti, ma anche le persone. Le temperature elevate riducono la produttività e aumentano il rischio di incidenti, soprattutto nei cantieri, nei campi e nelle fabbriche non climatizzate. In certi casi sarà necessario sospendere le attività nelle ore più calde o aumentare la manodopera per mantenere la produttività. Un problema che riguarda da vicino i settori più occupati: la manifattura, che impiega il 58,9% dei lavoratori industriali, seguita da edilizia e impiantistica (34,2%), energia (6,1%) ed estrattivo (0,8%). Il benessere di questi lavoratori sarà uno dei primi termometri della fragilità climatica del sistema produttivo.
Occupazione in calo
In Italia, una piccola impresa su tre è potenzialmente esposta a eventi climatici estremi. E in Trentino, dove il tessuto produttivo è formato in gran parte da piccole e medie imprese, il rischio è ancora più sentito. Ogni chiusura si riflette direttamente sul territorio: meno occupazione, perdita di identità economica e sociale, impoverimento delle comunità locali.
Il turismo invernale
Anche le imprese del turismo invernale sono sulla linea del fronte. Con meno neve naturale e una durata più breve al suolo, aumenteranno i costi per l’innevamento artificiale, in termini di energia e acqua. E non tutte le località potranno permetterselo. Una riduzione della stagione sciistica significherà minori entrate, perdita di posti di lavoro e impatti sull’economia di interi territori montani.