La storia

sabato 31 Dicembre, 2022

«Io, la sclerosi e la rinascita»

di

Walter Angelini, di Arco, un passato da alpinista di razza, da 14 anni lotta con la malattia. Dopo una cura sperimentale è tornato in vetta

Questa storia parte e arriva sullo Stivo. È la storia di un’impresa unica e incredibile di Walter Angelini, classe 1958 e «stranforin» doc cioè del centralissimo rione arcense di Stranfora, con un passato escursionistico e alpinistico importante e molto conosciuto in quel di Arco.
La montagna
Dalla vetta del monte Stivo, con i suoi 2054 metri, si gode un panorama a 360° che ci regala la vista su molti gruppi dolomitici del Trentino e a sud il lago di Garda in tutta la sua lunghezza sembra un fiordo norvegese. Insomma un paradiso. Lo Stivo è la montagna di riferimento degli arcensi, dove iniziano le avventure e ci si abitua a salire sulla montagna. «È una sagoma che vedi dalla finestra da quando ti alzi a quando vai a dormire. Ci salivo spesso prima di andare in giro per il mondo. Una salita tosta di 800 metri, vicino a casa; un buon percorso per allenarsi», ci ricorda Walter. «A Natale del 2008, prima del tradizionale pranzo con la famiglia, una sgambata sullo Stivo me l’ero regalata». Quello che allora non poteva sapere è che fu l’ultima escursione della sua vita sullo Stivo. Questo almeno fino a qualche mese fa. Ma andiamo con calma.
«Nella mia attività alpinistica ho salito molte montagne sulle Alpi, in Himalaja, nelle Ande ed anche sul Ruwenzori in Africa, dove nel 2006 ho voluto omaggiare il centenario dell’ascesa da parte del Duca degli Abruzzi salendo sui 5.109 e affiancando il suo nome con il mio soprannome di famiglia “Snoncio da Stranfor”!».
La malattia
Ma la vita riserva spesso delle sorprese e ci sono date che non si dimenticano: per Walter mercoledì 11 marzo 2009 è una di quelle date: «da un occhio vedo appannato come fossi sott’acqua. Mi reco al pronto soccorso di Rovereto e vengo ricoverato e mi riscontrano una neurite ottica. Faccio tutta una serie di visite, ma tutto sommato gli esiti sono tranquillizzanti.»
Ma la malattia progredisce velocemente e ben presto sente sintomi di stanchezza che non lasciano presagire nulla di buono. A luglio il responso della risonanza magnetica è di quelli che nessuno vorrebbe sentire: sclerosi multipla. Piomba nell’incubo: nell’apice di felicità, deve mollare l’avviata impresa edile familiare e non sa che futuro dare alla piccola figlia, anche se è sicuro di avere sempre al suo fianco sua moglie e i fidati amici. Stordito incomincia una potente cura a base di cortisone e di immunosoppressori per placare il proprio sistema immunitario, ma questo ti espone a numerosi effetti collaterali. «Mi ritrovo con la febbre 2 giorni su 7 e mi sembra che qualcosa al mio interno mi stia mangiando. E mi dico: “Basta! Non prendo più nulla. Se deve essere così è inutile opporsi e magari scelgo io il momento in cui staccare la presa! E dalla finestra continuavo a guardare lo Stivo, il mio Stivo. Non potrò mai più salire su quella vetta, mi ero detto».
La speranza
Ma la vita gli riserva l’ennesima sorpresa. Walter da edile e camminatore diventa uno smanettone al computer e si imbatte in un protocollo di un medico brasiliano che si basa sull’assunzione ad alte dosi giornaliere di vitamina D. Trova anche che due italiani sono andati in Brasile ad imparare e portare questa cosa in Italia: uno è un cardiologo dell’ospedale di Torino ed anche lui ha una malattia autoimmune e quindi testa il trattamento prima su sé stesso. Non perde nemmeno un secondo e si fionda a Torino a novembre 2014 e farà parte della pattuglia italiana di una trentina di pazienti che iniziano questo protocollo. Per i primi 7-8 mesi i miglioramenti sono stati impercettibili, ma poi la stanchezza è incominciata a diminuire fino a sparire ed è aumentata la capacità di coordinare i movimenti e, importantissimo, cammina molto più sciolto.
«Io non giudico assolutamente gli altri e non voglio alimentare illusioni, ma la mia intenzione è lasciare aperta la speranza alla quale tutti hanno diritto. Sono otto anni che seguo il Protocollo, sono otto anni che mese dopo mese sento che mi sto riappropriando del mio corpo, che ho voglia di fare progetti, sono otto anni che guardo le montagne con un sentimento diverso dalla speranza: è rinata la voglia della sfida».
La promessa
E così aveva fatto una promessa apparentemente impossibile a sua moglie Erica e cioè che al compimento del 65° compleanno sarebbe risalito sullo Stivo, ma il giugno del 2022, mese del suo compleanno, era troppo caldo per tentare questa avventura. «Abbiamo aspettato settembre quando è iniziata la Stivo trophy adeventures, dopo quattordici anni che non salivo sullo Stivo, con l’acquisto di scarponcini da trekking».
Venerdì 14 ottobre inizia l’avvicinamento alla cima con i suoi 800 metri circa di ascensione e partendo dal Campo Base di Santa Barbara e come primo obiettivo era di arrivare alle Prese per poi ritornare: «Il mio terrore era di dover chiamare l’elicottero e quindi stavo assolutamente attento a percepire le mie sensazioni di come reagiva il corpo e le gambe in particolare. Arrivati alle Prese, mi sentivo bene ed allora abbiamo fatto una capatina ai faggi e al fontanone. Io ed Erica eravamo commossi: 400 metri di dislivello in 1 ora compresa di fermata per esercizi di stretching! Siamo tornati euforici e felici».
La vetta ritrovata
Venerdì 21 ottobre l’obiettivo era più ambizioso perché voleva arrivare fino alle Malghe: «Ci siamo arrivati agevolmente e già che c’eravamo abbiamo fatto altri 100 metri e si vedevano i mughi. Non vi dico la soddisfazione quando siamo tornati». Ma l’impossibile era riservato per il venerdì successivo, il 28 ottobre: obiettivo i mughi sopra le Malghe. «Abbiamo iniziato con un bel passo ed eravamo molto carichi, tanto che ogni tanto Erica mi diceva di rallentare, anche se aveva una bella sensazione e allo stesso tempo paura di proseguire. Ma poi pian piano siamo arrivati ai mughi e poi al Rifugio, ma non era ancora la cima che è un po’ sopra. In breve ci siamo arrivati e a quel punto l’emozione ha avuto il sopravvento con pianti, abbracci fra noi e alla croce, risa e ancora pianti… e poi lo sguardo rilassato seduti sul prato verso l’orizzonte. Una pace e una gioia immensa».
800 metri di dislivello in 2 ore di camminata e 35 minuti di stretching: un’impresa alpinistica che ha dell’incredibile e che dovrebbe essere scritta su qualche libro dei record. «A proposito di cima dello Stivo: in vetta è stato costruito un osservatorio circolare dove sono fissati dei puntatori in metallo che indicano le montagne all’orizzonte. Il mirino puntato sul Cevedale manca». Avete capito cari alpinisti? Walter Angelini è tornato. Se lo cercate o sta lavorando in campagna o lo troverete su qualche montagna a fare le pulci alle indicazioni.