L'editoriale
sabato 6 Settembre, 2025
Un’agenda delle priorità per l‘autunno
di Marika Damaggio
Il confine è oggi labile, labilissimo. I bilanci familiari procedono in sottrazione e persino il ritorno a scuola, nel tempo delle pubblicità battenti di zaini e astucci all’ultima moda, sono fonte di preoccupazione per chi non può permettersi centinaia di euro extra budget

Il ritorno in classe segna idealmente un passaggio. Non solo tra studentesse e studenti che con la pelle più ambrata riprendono la routine dei risvegli interrotta a giugno, ma anche per chi riaffiora dalla ripresa estiva. In azienda, nei palazzi istituzionali, in famiglia. L’eco della vendemmia, il profumo della cancelleria, i quaderni intonsi sono simbolo di un’agenda da riscrivere, di pratiche accantonate che ci attendono sulle scrivanie, di problemi posticipati che si ripresentano. Ed è in questo spazio, di riorganizzazione logistica e concettuale, che con un moto di speranza si definisce un elenco di priorità.
La sospensione balneare, che pone ammollo anche le intenzioni, se ne va con la brezza di un autunno che soffia alle finestre, ricordandoci che i nodi da dipanare sono rimasti lì. Vale allora la pena di rimettersi seduti, provando a definire un programma d’interventi che il Trentino attende.
Definire l’agenda implica una premessa onesta, cruda. Il ceto medio – l’ossatura della nostra società, il serbatoio fiscale più stabile, la platea di cittadine e cittadine, di famiglie e lavoratori – oggi si scopre vulnerabile. Non tanto per la mancanza assoluta di risorse, ma per l’erosione continua del potere d’acquisto, per la difficoltà a pianificare, per l’ansia che una spesa imprevista, una malattia o un mutuo troppo pesante possano farlo scivolare verso la povertà. Il confine è oggi labile, labilissimo. I bilanci familiari procedono in sottrazione e persino il ritorno a scuola, nel tempo delle pubblicità battenti di zaini e astucci all’ultima moda, sono fonte di preoccupazione per chi non può permettersi centinaia di euro extra budget.
Il Trentino, laboratorio speciale di amministrazione efficiente e di welfare generoso, non è alieno rispetto alle statistiche nazionali. Secondo i dati dell’Istituto provinciale di statistica (Ispat), sono 37mila le persone a rischio povertà nel nostro territorio. Se si aggiungono gli indici di esclusione sociale e bassa intensità lavorativa, il numero sale a 60mila individui. Tradotto: circa 26mila famiglie. Non stiamo parlando di marginalità estrema: molte di queste famiglie hanno un reddito, talvolta anche un lavoro a tempo pieno. Ma non basta. Ed è stato ampiamente raccontato nel corso della Conferenza d’informazione sulla povertà in Trentino promossa lo scorso 26 maggio dal consiglio provinciale.
L’inflazione, i salari fermi, i costi della casa e delle bollette hanno inciso in modo deciso a stressare la capacità di spesa. E se accade in Trentino, con indici di welfare tra i migliori d’Italia, cosa succede nel resto del Paese, dove la spesa sociale è più fragile e le reti di protezione meno robuste?
La povertà, dunque, non è più solo un fenomeno ai margini, ma un rischio cogente che affatica il ceto medio. Quello che riprende la routine settembrina dopo una pausa estiva domestica, perché le iconiche ferie agostane sono ormai proibitive (specie se i costi si moltiplicano per uno o due figli). Ripartiamo, allora, da qui. Ma facciamolo superando le battaglie identitarie, i titoli a effetto, le riforme epidermiche. Una classe sociale – sì, possiamo tornare a parlare di classe – che oggi si sente trascurata ha bisogno di risposte e pochi slogan.
Il programma di lavoro ideale può partire dunque da lavoro e salari. Non basta dire che l’occupazione cresce se i contratti sono precari e i salari rimangono ai livelli di vent’anni fa. Una politica per il lavoro non può prescindere da una riflessione seria sul salario minimo o da incentivi per la contrattazione collettiva. Poi le politiche familiari. Servono servizi di conciliazione (la scuola a luglio è per ora una suggestione che vedremo come si tradurrà), asili nido con costi meno elevati. Servizi universalmente accessibili che tutelino i diritti di bambine e bambini, che meritano equo accesso alla cura. E strumenti strutturali, non sussidi occasionali o bonus distribuiti a pioggia. Un ceto medio che non può permettersi di avere figli è un ceto medio che non ha futuro.
Ancora: il capitolo casa e affitti. Il caro-affitti non è solo un problema metropolitano. I canoni residenziali sono ormai proibitivi anche in Trentino, il mercato immobiliare segue gli appetiti del turismo mordi e fuggi, remunerativo, quello che non costruisce comunità stanziali ma spinge giovani famiglie a traslocare in cerca di una casa a costi sostenibili. E, così, il diritto all’abitare si sgretola.
Ancora: l’agenda settembrina non può scordare di costruire una sanità accessibile. Le liste d’attesa sempre più lunghe spingono il ceto medio verso il privato, con spese insostenibili. E chi non riesce a permetterselo si trova escluso. La sanità pubblica è stata il grande ascensore sociale italiano: se si inceppa, la forbice delle diseguaglianze si allarga.
Non possiamo infine dimenticare un tema che da qualche anno attanaglia anche il Trentino: il benessere dei giovani. La salute mentale di ragazze e ragazzi è prioritaria e la risposta della presa in carico si è fatta più celere. Gli adulti devono però anche capire cosa attanaglia le giovani generazioni. Ascoltiamole, con l’umiltà di chi è forse meno sintonizzato con un tempo ammalorato. L’urgenza di costruire pratiche sostenibili quotidiane e immaginare politiche per velocizzare processi di mitigazione dei cambiamenti climatici, solo per fare un esempio prioritario per ragazze e ragazzi, non è più demandabile.
Il ritorno dalle ferie, ogni anno, porta con sé promesse di riforme.
Meno frequentemente produce una visione di lungo periodo, sistemica. È qui che settembre diventa il mese dell’onestà, della franchezza: quando i nodi tornano al pettine, quando le famiglie riprendono a misurarsi con bollette, tasse, rate scolastiche.
Con la stessa franchezza auguriamoci allora un autunno segnato da politiche attive per tenere insieme una comunità che rischia di dividersi, di ridursi a spazio in cui coesistono serbatoi. Di privilegi e di diritti sottratti.
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