la storia

domenica 21 Settembre, 2025

Pergine, la famiglia Fedrizzi e la passione per la caccia: «Per noi è una tradizione di famiglia. Cresciuti con il fucile, abbiamo la licenza in cinque»

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Il racconto: «Alle fiere molte persone ci criticano e insultano. Alcune si sono messe a sputare ai miei figli»

Vive nella frazione di Roncogno una delle poche famiglie trentine ad essere composta per intero da cacciatori. Si tratta della famiglia Fedrizzi che ad oggi ne conta ben cinque e che nel tempo è riuscita a trasformare la caccia in una vera e propria tradizione. Una storia che nasce grazie alla grande passione di papà Mariano, trasmessa negli anni alla sua compagna Maria Rosa e ai suoi tre figli Paola, Manuela e Claudio, i quali hanno deciso di portare avanti la tradizione anche per mantenere viva la memoria del padre, deceduto nel 2004 dopo una malattia. Così, uno dopo l’altro, tutti i membri della famiglia hanno ottenuto la licenza, influenzando anche i rispettivi compagni una volta diventati adulti. L’ultima dei tre figli ad aver superato l’esame è Paola Fedrizzi, oggi 45 enne, che in estate ha portato a termine i corsi necessari per conseguire la licenza, mantenendo così la promessa che aveva fatto a suo padre poco prima che venisse a mancare. Ora, a voler seguire lo stesso percorso, ci anche i figli di Paola, che porterebbero a otto il numero di cacciatori in famiglia.

Fedrizzi, la sua famiglia conta ben cinque cacciatori.
«È una tradizione di famiglia. Siamo cresciuti a pane e caccia: è un qualcosa che abbiamo sempre vissuto nella nostra quotidianità. Ricordo che da piccola aspettavamo con ansia il ritorno di papà dal bosco. Prima sentivamo lo sparo dalla distanza, poi quando arrivava era sempre una festa. La caccia non comprende solo lo sparo, ma tutta una serie di attività in cui l’animale viene trattato come una divinità».
Una passione che quindi ha una lunga storia…
«Papà ci portava spesso con lui. Il momento più bello era la preparazione del fucile, dello zaino e dei panini. Ho un ricordo bellissimo. Ora portiamo avanti la sua memoria. A inizio anni duemila nostro padre si è ammalato ed è morto nel 2004. Nel frattempo mio fratello era diventato maggiorenne, ha fatto l’esame e ha ereditato i suoi fucili. Poi, poco prima che papà morisse, io e mia mamma gli abbiamo promesso che avremmo fatto anche noi l’esame e che avremmo portato avanti questa tradizione».
Così è diventata cacciatrice pure lei.
«In realtà il primo esame non era andato bene. Lo feci con mia mamma: lei è stata promossa mentre io, che in quel periodo ero in attesa del mio secondo figlio, sono stata bocciata. L’ho presa malissimo, ho pianto per un mese. Per oltre 20 anni non ho voluto più saperne nulla».
E poi cos’è cambiato?
«Quest’anno, grazie al mio compagno che mi ha dato coraggio, ho sostenuto l’esame con lui ed è stata una passeggiata. Ho studiato di giorno e di notte e inaspettatamente è andato tutto per il meglio. È stato il mio riscatto a vent’anni di distanza. Ora ho tanto da imparare».
Quindi ora siete tutti cacciatori.
«Sì, anche mia sorella che senza dire niente a nessuno durante il Covid si è iscritta ai corsi e ha ottenuto la licenza. Anche per lei è una grande passione. Ora in famiglia siamo io, il mio compagno Carlo, mia sorella Manuela, mio fratello Claudio, mia madre Maria Rosa e il suo compagno Lauro».
E i suoi figli cosa ne pensano?
«Anche loro vorrebbero diventare cacciatori, soprattutto il secondo, Patrick. Ora ha 20 anni, fa il boscaiolo e ha espresso la volontà di sostenere l’esame quest’anno. Anche mia figlia vorrebbe, nel frattempo è diventata mamma e ha messo in pausa la questione. Per il più piccolo vederemo (ride; ndr)».
Ha già iniziato?
«Al momento ho visto tanti animali ma non ho portato a casa ancora nulla. Quest’anno voglio imparare, poi ci sarà tempo per raccogliere i frutti. Abbiamo costruito il nostro nuovo appostamento ed è stato abbastanza faticoso. Al momento ho assegnata una femmina di capriolo che ho anche già visto. Era però con un suo piccolo, ma per una questione etica quest’ultimo non deve vedere morire sua mamma. Così ho aspettato e aspetterò fino a quando non sarà il momento giusto e il piccolo sarà autonomo».
Una passione, però, che non mette tutti d’accordo. Cosa risponde a coloro che criticano la caccia?
«Quando anche il mio compagno si è iscritto all’esame gli dissi: “Ricordati che quando andremo alle fiere o ci vedranno in certi posti subiremo diversi attacchi”. Ad alcune mostre, ad esempio, certe persone si sono messe a sputare ai miei figli e a darci appellativi allucinanti. Cose davvero terribili. Devo però rispettare le loro idee se voglio che loro rispettino le mie. Per me è una tradizione e la porto avanti a spada tratta. Ognuno è libero di credere ciò che vuole, è solo una questione di rispetto. Certi commenti non li ascolto nemmeno più. La caccia è normata da tante leggi ed è in funzione del benessere della flora e della fauna. Rispettando le regole, tramite la caccia l’animale viene trattato come una divinità».