L’assemblea regionale del CNCA, il coordinamento nazionale delle comunità d’accoglienza, riunitasi martedì 18 novembre, ha esaminato il recente accordo tra la Giunta provinciale di Trento e il Ministero dell’Interno. L’intesa prevede la riduzione dei posti nei centri di accoglienza straordinaria da 700 a 350 e la realizzazione di un Centro per il rimpatrio da 25 posti, un terzo dei quali destinati a persone provenienti da fuori provincia. Secondo il CNCA, questa scelta non inciderà sugli arrivi – circa mille nel 2025 – ma prolungherà ulteriormente i tempi d’ingresso nel sistema di accoglienza, già oggi superiori all’anno. «Si rischia di aumentare il numero di persone costrette a vivere in strada, in condizioni di marginalità che diventano terreno fertile per tensioni sociali», denuncia l’assemblea.
Sicurezza non garantita
La creazione del CPR viene definita dal CNCA una misura «propagandistica», presentata come risposta alla microcriminalità e come deterrente all’immigrazione. L’assemblea ricorda però che il trattenimento nei CPR non è legato alla commissione di reati, ma all’assenza di permesso di soggiorno. Inoltre, l’efficacia è giudicata minima: «Nel 2023 solo il 10% delle persone destinatarie di espulsione è stato rimpatriato dai CPR». A ciò si aggiungono i costi: tra 1,5 e 2 milioni di euro per costruire la struttura trentina e 39 milioni spesi a livello nazionale nel biennio 2022-2023. «Risorse che potrebbero finanziare percorsi reali di accoglienza, integrazione e sicurezza».
«Misura disumana»
Il CNCA sottolinea anche le condizioni difficilissime presenti nei CPR, luoghi segnati da sofferenza, violazioni dei diritti fondamentali e oltre trenta decessi dalla loro istituzione. «Una soluzione disumana», commenta l’assemblea, ricordando anche la recente sentenza n. 96/2025 della Consulta, che ha definito il trattenimento amministrativo dei cittadini stranieri non conforme alle garanzie costituzionali.
Alla luce di queste valutazioni, la Federazione regionale del CNCA:
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«Esprime la propria netta opposizione alla realizzazione di un CPR a Trento» e chiede un cambio di rotta nelle politiche territoriali e nazionali.
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Sollecita «politiche di accoglienza rispettose dei diritti fondamentali», con accesso tempestivo ai progetti, formazione linguistica e professionale, e percorsi che favoriscano autonomia e inclusione, «con particolare attenzione ai minori stranieri».