il caso

domenica 5 Maggio, 2024

Sospesa dal lavoro, maxi risarcimento per una medica non vaccinata. Condannata l’azienda sanitaria

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Bolzano, la sentenza è arrivata venerdì, firmata dalla giudice del lavoro Eliana Marchesini. Ecco i motivi

Una condanna pesante, che potrebbe fare giurisprudenza in una serie di controversie in tutta Italia: quelle tra aziende sanitarie e personale medico e infermieristico che, per una ragione o per l’altra, non si è sottoposto al vaccino Covid. La «botta» è arrivata per l’azienda sanitaria di Bolzano, la Südtiroler Sanitätsbetrieb, condannata a risarcire quasi 200 mila euro, contando anche gli interessi, a una dirigente apicale, una dottoressa specializzata in farmacia chemioterapica.
La sentenza è arrivata venerdì, firmata dalla giudice del lavoro Eliana Marchesini, su una vicenda che risale all’autunno del 2021. La medica, infatti, era stata sospesa il 4 settembre di quell’anno, per non esserci vaccinata contro il coronavirus. Una posizione, la sua, non dettata tanto da convinzioni «novax», quanto dal fatto di aver già contratto la malattia pochi mesi prima. Una precisazione che, comunque, non ha pesato sulla decisione della giudice. Il punto, piuttosto, è un altro e riguarda il susseguirsi di decreti che hanno riguardato la gestione della pandemia. A fare la differenza, in particolare, è il numero 172 del 2021, approvato dal governo Draghi il 27 novembre dello stesso anno. Prevede che solo gli ordini professionali abbiano il potere di accertare l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e di sospendere gli iscritti. La procedura è più lenta (e garantista) rispetto all’attivismo che ha caratterizzato molte aziende sanitarie. E, in questo caso specifico, l’ordine altoatesino ha avviato la procedura ma non ha emesso la sospensione: è bastato un certificato di esenzione del medico di medicina generale che l’azienda sanitaria aveva respinto. Risultato: alla dirigente, difesa dagli avvocati trentini Mauro Sandri e Olav Gianmaria Taraldsen, vanno restituite tutte le mensilità per quasi un anno: dal primo gennaio 2022 al primo novembre dello stesso anno, per un totale di 123.172,30 euro, più gli interessi. Non è tutto, perché ci sono altri 11 mila euro di spese e 33.633 euro di detrazioni fiscali che la specialista — committente di alcuni lavori di ristrutturazione — non aveva potuto scaricare, a causa del mancato pagamento dello stipendio.
Tra le tante «Cause Covid», questa è quella che ha visto la condanna più onerosa a carico di un’azienda sanitaria. La giudice ha comunque stabilito che per pochi mesi (quelli dell’autunno del 2021) la sospensione dell’azienda sarebbe stata da considerare valida. I legali della dirigente, però, annunciano già ricorso su questo punto. Il nodo, in questo caso, riguarda il trasferimento ad altre mansioni, previsto durante la pandemia e che consentiva al personale non vaccinato di continuare a lavorare, seppur non a contatto con i pazienti. Nel caso specifico, un’offerta era stata fatta ma poi — sostiene la difesa — è stata inspiegabilmente revocata. Così la dirigente si è trovata senza soldi e i pazienti senza una specialista che trattava in prima persona molti malati oncologici.