Il tema
martedì 17 Giugno, 2025
Maturità, la prima prova di Sara Piffer: «Lo sport è un antidoto contro le guerre. Gareggiare per me è una forma di benessere»
di Sara Piffer
La giovane ciclista trentina, travolta e uccisa da un’auto lo scorso gennaio, al talento sulle due ruote aveva sempre accompagnato quello sui libri. Quello che segue, su concessione della famiglia, è il testo della sua prima prova

Non solo atleta eccezionale, ma anche grande studentessa. Questo era Sara Piffer. La giovane ciclista trentina, travolta e uccisa da un’auto lo scorso gennaio, al talento sulle due ruote aveva sempre accompagnato quello sui libri, fedele al detto latino «mens sana in corpore sano». La sua maturità, un anno fa, era stato come un attacco vincente durante una gara. Presentatasi con un ottimo punteggio agli esami, negli ultimi chilometri prima dell’arrivo era scattata con tutte le sue capacità portando a casa il risultato massimo: 100 e lode. Quello che segue, su concessione della famiglia, è il testo della sua prima prova. Sara aveva scelto l’analisi di testo, relativa alla poesia «Pellegrinaggio» di Giuseppe Ungaretti. L’analisi del testo, nel lavoro di Sara, è diventato un inno della giovane contro tutte le guerre, quantomai attuale nel contesto di oggi.
Pellegrinaggio è una poesia che fa parte della raccolta l’Allegria scritta da Giuseppe Ungaretti durante la Prima Guerra Mondiale.
Il poeta si trova a combattere come soldato volontario italiano sul fronte meridionale, più precisamente sui Balcani, contro l’esercito Austro-Ungarico. Come nelle altre poesie, che scrive in questa raccolta, l’autore cerca di raccontare le proprie esperienze vissute nelle trincee tra i morti, i feriti, i bombardamenti e di trasmettere il suo dolore e la sua sofferenza, comune a tutti gli altri soldati che si trovano sul fronte con lui. Ungaretti scrive le sue poesie come un diario indicando sempre il luogo e la data. Anche in questa lirica infatti è presente in alto il luogo: «Valloncello dell’Albero Isolato» e la data «16 agosto 1916». L’autore sceglie di trasmettere le proprie emozioni attraversi termini ricchi di significato. Ungaretti è infatti il precursore della corrente letteraria chiamata Ermetismo, dove i poeti cercano di esternare le proprie esperienze attraverso una poesia più chiusa e difficile da comprendere, senza punteggiatura, spesso con versi brevi formati da una sola parola, chiamata parola «illuminata» che racchiude un significato più profondo. La poesia «Pellegrinaggio» è formata da tre strofe, dove sono presenti molti enjambement.
Nella prima strofa Ungaretti ci mostra le giornate che ha trascorso nella trincea in agguato per paura dei bombardamenti nemici, ma anche di una possibile esplosione per un difetto delle armi nella sua stessa linea di battaglia, tra le macerie di case distrutte, ma anche di corpi dei soldati morti durante i combattimenti (metafora verso 2-3 «budella di macerie»). In questo verso utilizza diversi termini «forti» come «carcassa» e «budella», parole che ci fanno un senso di ribrezzo, ma che ci aiutano a capire l’orrore della guerra e la sofferenza dei soldati. Attraverso due similitudini (verso 7-8-9) Ungaretti cerca di trasmettere i lunghi (sottolineando in ore e ore) momenti di agonia dove ha strisciato nel fango della trincea, cercando di salvarsi dagli attacchi nemici, come una suola di una scarpa, rovinata e sporca per il continuo strisciare tra i detriti o come un seme di biancospino sepolto sotto la terra e sotto le macerie. In questi versi possiamo cogliere l’intensità biografica e realistica dell’autore che ci trasmette attraverso due semplici immagini che apparentemente non hanno nulla a che vedere con la guerra (suola e biancospino).
Nella seconda strofa, l’autore inserisce il suo nome definendosi come «uomo in pena», uomo di sofferenza, in agonia e che patisce in quel luogo segnato dalla violenza, dall’orrore e dalla brutalità verso i soldati, ma anche verso l’intera umanità. Come cita Eugenio Montale il poeta stesso nella poesia «Fratelli», tutti di un unico destino, tutti nella stessa «condizione universale» determinata da una forza superiore a noi irraggiungibile. Nella poesia Ungaretti non si lascia però «sotterrare» da quel dolore ma gli basta un’illusione per farsi coraggio, per vedere uno spiraglio di luce in fondo all’oscura via, una speranza che dà spazio a sentimenti opposti rispetto a quelli provati in precedenza, una luce che libera la mente offuscata dal male del mondo, per far posto ad un mare infinito che dona vitalità e altra speranza. L’autore riesce a superare i momenti di agonia grazie alla speranza di rivedere i suoi cari e le esperienze positive che aveva vissuto ed esprime la sua volontà di sopravvivenza per l’amore che ha verso la vita. Sono i momenti di gioia che donano ad Ungaretti la forza di lottare per rimanere vivo. Anche in altre poesie, come «mi illumino di immenso», si fa riferimento a questa luce. Questa energia che ci dona la speranza è comune a tutti noi e ci basta soltanto una piccola illusione per alimentarla.
Interpretazione
La società si evolve, cambia, si sviluppa e muta in molti aspetti, ma la vita, i sentimenti che l’uomo prova sono sempre gli stessi: non si può cambiare l’emozione del dolore, non è possibile eliminarlo; come l’uomo in passato soffriva per la perdita dei propri cari, anche adesso soffre. Come il dolore, anche l’odio e il senso di vendetta non è mai sparito dalla società ed è per questo che ci sono state e continuano ad esserci guerre, conflitti religiosi, etnici, politici, economici e di più varia natura. Alcuni, prima della Prima Guerra Mondiale, consideravano la guerra come igiene del mondo, un qualcosa che avrebbe cambiato la società. Essa invece ha portato solo morte, dolore, sofferenza, miseria e povertà. I soldati, che si erano arruolati volontari, hanno provato sulla loro pelle il dolore, hanno vissuto, come Ungaretti, in prima persona l’orrore della guerra, della sua brutalità e violenza.
La guerra gli ha tolto tutto: la casa, la propria famiglia, i loro cari, l’autostima, la loro energia e voglia di vivere; arti del corpo come gambe e braccia, ma soprattutto gli ha tolto la loro dignità. Tutto questo viene rappresentato in diverse opere d’arte di Otto Dix; in un’opera in particolare, l’artista ci mostra un soldato, ormai inutile alla società, perché cieco e senza gambe, che chiede l’elemosina. Nessuno dei passanti si interessa a lui, viene calpestato da tutti e persino un cane gli fa i propri bisogni addosso. In precedenza quel soldato era partito per difendere la propria patria, lottava per la propria nazione ed era convinto di vincere. Come lui milioni di soldati e di persone di ogni nazione si sono trovati, senza alcuna esperienza, ad affrontare il peso della guerra; alcuni si sono dati per vinti, altri invece hanno cercato di lottare esternando il proprio dolore e i propri sentimenti in diverse forme. Molti hanno decisi di scrivere diari raccontando le loro esperienze e il loro disagio in quel luogo infernale come nel libro «Niente di nuovo sul fronte occidentale», scritto in prima persona da un soldato volontario tedesco che combatteva in trincea lungo il fronte tra Germania e Francia.
In questo romanzo sono descritti i momenti di agonia in prima linea di combattimento e i momenti di «pace» dietro al fronte, dove molti dei soldati approfittavano per scrivere lettere ai propri cari, diari e poesie; come ci racconta Ungaretti nella poesia «Veglia»: «scrivo lettere d’amore»; infatti molti cercavano di superare gli orrori che avevano vissuto scrivendo, pensando alla vita precedente, ai momenti felici, questo li faceva restare vivi e dava a loro uno spiraglio di luce e di speranza per continuare quel periodo di agonia. È in questo momento di dolore e sofferenza che molte persone capiscono l’importanza della vita, dei veri valori e di quanto essa sia fragile, come spiega Ungaretti nel termine caducità, fragile come una foglia, come i soldati che da un momento all’altro potrebbero morire. È un aspetto che abbraccia l’intera umanità, tutti siamo sulla «stessa barca» indirizzati ad un unico destino, nominata da Eugenio Montale come «condizione universale», una sofferenza che tocca l’intera società e che, secondo il poeta, è possibile affrontare solo grazie all’indifferenza che ci aiuta a distrarci e a non preoccuparci del male e del dolore che la guerra lascia e ha lasciato.
Altri invece preferiscono esternarla attraverso la voce, parlando, cantando e raccontando come fanno i nonni ai propri nipoti. Esistono molte canzoni che parlano della guerra, della sofferenza e del dolore come «Generale». Ci sono altre forme d’arte come musica, cinema e pittura che affrontano la drammaticità di questa tematica, molte opere, come il dipinto di Picasso del bombardamento di «Guernica», cercano di rappresentare la sofferenza umana, il pittore in questo caso ha deciso di disegnare delle forme poco delineate per mostrare la crudeltà, l’orrore e la distruzione delle bombe. Nel murales sono presenti pezzi di mani, di gambe, di braccia, ma anche teste di animali, per far capire che la guerra distrugge tutto e tutti. Fotografie e musei sono la forma d’arte che più può rappresentare cos’è la guerra, attraverso le quali possiamo guardare e capire realmente cosa provavano i soldati. Ci sono diversi film che ci mostrano la crudeltà e la miseria che porta la guerra, ma non è necessario tutto questo per provare un sentimento di pietà, può bastare anche solamente guardare una scarpa rotta, rovinata e consumata per capire l’angoscia e la paura di chi la indossava.
Anche lo sport può essere un modo per affrontare questo dramma, molti atleti degli Stati in conflitto partecipano a competizioni e alle Olimpiadi per rappresentare la propria nazionale e per portare il proprio Paese sul gradino più alto del podio. Lo sport è una forma di benessere che ti aiuta a stare bene con te stesso. Anche se, fortunatamente, non ho mai affrontato il dramma della guerra posso dire che praticare sport mi aiuta a rilassarmi, a scaricare le tensioni, i dolori e la sofferenza. Spesso quando partecipo alle gare di ciclismo mi trovo a contatto con atlete provenienti da Stati che attualmente sono in conflitto. Queste ragazze scappano dai loro Paesi ed è grazie allo sport che amano che riescono a superare questi traumi e il dolore che provano ogni giorno pensando al loro Paese d’origine. La guerra porta agonia e sofferenza ai popoli, ma riescono a superarla e ad affrontarla grazie alla speranza di un futuro migliore all’amore per la vita, per le proprie passioni come l’arte, la poesia, la musica e lo sport che donano loro la forza e la volontà di sopravvivenza».