dopo covid

lunedì 31 Ottobre, 2022

Mascherine in ospedale, Ferro contro le nuove regole: «Un azzardo non indossarle»

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Il direttore dell'Azienda sanitaria scettico: «Nei reparti oncologici è rischioso». E sul reintegro dei sanitari no vax: c'è preoccupazione e timore

Ha gestito la pandemia in Trentino, prima come direttore del servizio igiene e prevenzione, poi come direttore dell’Azienda sanitaria. Difficilmente si abbandona alle polemiche, scegliendo piuttosto un profilo operativo, tecnico, lontano dalle faccende politiche. Ma oggi, in qualità di presidente della Siti, la Società italiana di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica, Antonio Ferro si fa portavoce delle perplessità del personale sanitario. Le prime mosse del governo, ossia rivedere l’obbligo, per operatori sanitari e visitatori, di indossare le mascherine in ospedale, segnano una presa di posizione netta affidata alle colonne del Corriere della Sera. «Non siamo d’accordo», dice il direttore generale dell’Azienda sanitaria.
«La mascherina è fondamentale per proteggere i pazienti – dice Ferro – Un conto è farne a meno nei luoghi dove affluiscono persone sane. Penso agli ambulatori per il rinnovo della patente o ai servizi vaccinali». Ancora più critico l’impatto del provvedimento nei reparti con pazienti immunodepressi. «Non indossarla nei reparti di malattie infettive e in oncologia sarebbe un azzardo – prosegue Ferro – O ancora nelle residenze per anziani e nei pronto soccorso. Siamo in una fase in cui il virus circola anche se la curva dell’epidemia dovrebbe aver toccato il picco. Ma stimiamo il ministro che è medico e non ha bisogno di consigli. Dovrà essere una decisione basata sull’evidenza scientifica e non politica. Gli operatori preferiscono non essere lasciati nell’incertezza e avere una norma ugualmente applicata in modo che non ci siano diversità regionali o addirittura tra presidi ospedalieri».
C’è poi il tema dei sanitari che si sono sottratti all’obbligo vaccinale. In Consiglio dei ministri sarà esaminata la proposta dell’Economia di anticipare la fine dell’imposizione, dunque decretare il reintegro. E anche qui Ferro mostra perplessità. «Prudenza e timori. I rapporti tra i sospesi e quelli che hanno continuato a lavorare, sobbarcandosi di molte ore di straordinario a vantaggio di colleghi rimasti a casa, sono tesi. In genere i no vax si concentrano a gruppi di due-tre nello stesso servizio perché l’uno tira l’altro e quindi è successo che in alcuni reparti si siano avuti grossi buchi di organico».