La scoperta

domenica 17 Settembre, 2023

Lago di Garda, «ritrovata» la barca di Garibaldi

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La baleniera con cui l’eroe dei due mondi solcò il Benaco prima delle battaglia di Bezzecca è custodita in una tenuta di Peschiera

Che ne direste dell’esistenza attuale di una barca che ha trasportato Garibaldi? Sarebbe una di quelle scoperte che ti lascerebbe a bocca aperta e che ti farebbe tuffare nelle pieghe della storia alla ricerca di misteri. Il nostro punto di partenza è stata la lettura di un articolo di Camillo Poli pubblicato nella rivista «Il Garda» del 1940, dove siamo venuti a sapere una notizia che ha dell’incredibile, e cioè che «Vittorio Michetti e Danilo Pozza sono partiti da Peschiera per fare il periplo del lago con la storica baleniera che trasportò nel 1866 l’Eroe dei due Mondi da Peschiera a Salò, prima della battaglia di Bezzecca. La bellissima imbarcazione, a tre vele e otto remi, misura quasi dieci metri di lunghezza e uno e mezzo di larghezza ed è motivo di ammirazione e di orgoglio per i cittadini».

Da Salò a Desenzano

In pratica con questa barca Garibaldi raggiunse Salò da Desenzano il 18 giugno 1866 per fare un sopralluogo per rendersi conto dello stato precario e di inferiorità in cui si trovava la flotta del Garda composta da 6 cannoniere ad elica dotate ciascuna di un pezzo di artiglieria liscio da 40, mentre la flottiglia austriaca era composta da 6 cannoniere e due vapori e dotata complessivamente di ben 30 cannoni. L’articolo del 1940 prosegue ricordando che dopo la liberazione del Veneto del 1866 «l’arsenale di Venezia istituì un distaccamento a Peschiera, composto da una settantina di marinai comandati da un capitano nel luogo medesimo ove era prima il cantiere austriaco ed aveva in dotazione cinque cannoniere austriache e numerose barche di diversa grandezza, fra le quali la storica baleniera», probabilmente acquistata dai dirigenti dell’arsenale, per il suo valore sentimentale, «tanto che I capitani la tenevano con cura religiosa, e in occasioni di solennità la facevano pavesare a festa con vele candide e cordoni dai fiocchi scarlatti. Le borchie d’ottone venivano lucidate e spiccavano sul candore del legno. Quando nel tardo autunno le intemperie avrebbero arrecato danni all’imbarcazione se fosse stata tenuta all’aperto, veniva fatta portare in magazzino per essere appesa alle travi del soffitto per mezzo di due anelli di ferro infissi nell’interno della chiglia». Nel 1878 l’arsenale fu chiuso, le cinque cannoniere demolite e il materiale mandato a Venezia.

La barca venduta

Le barche furono vendute, compresa la baleniera, al commerciante di Peschiera Angelo Danieli, il quale la tenne con molta cura. Più tardi venne portata in secca nell’isoletta del Mincio che sorge dietro i «Voltoni», e coperta di canne con l’intenzione di preservarla dalle intemperie. Purtroppo però non era in un luogo adatto, e la barca, orgoglio dei peschierani, si guastava sempre più. Allora Eugenio Avanzini, che era un geloso custode delle glorie di Peschiera, l’acquistò e diede l’incarico delle necessarie riparazioni al falegname Oreste Bergamini. Questi, oltre all’aver cambiato quasi tutto il fondo, aggiunse nella parte poppiera altri due remi. Da un’inchiesta di Michele Gragnato apparsa sul quotidiano l’Arena nel 1986, risultava che la baleniera, seppure rattoppata sopravvisse alla guerra e al dopoguerra e negli anni ’50 era ancorata nel porto di Peschiera dove faceva bella mostra di sé e veniva utilizzata per usi sportivi. Poi nel 1966, in occasione del centenario della cessione del veneto all’Italia, della baleniera non c’era più traccia, salvo poi venire a sapere che «riposava» in un capannone di San Benedetto di Lugana nella tenuta Avanzini, che risultavano gli ultimi acquirenti del cimelio «per motivi sentimental risorgimentali».

Il libro di Faraoni

Con enorme sorpresa questa vicenda è ritornata a galla recentemente quando Marco Faraoni, autore di «La Flotta di Garibaldi. Scontri tra austriaci e italiani sul lago di Garda e a Bezzecca nel 1866» un libro uscito un paio di anni fa per i tipi di Araba fenice di Arco in collaborazione con il Comune di Ledro, parlando della sua pubblicazione in occasione di un ritrovo con ex compagni di classe, era presente anche il suo professore di storia di allora, don Umberto Benini all’istituto don Bosco di Verona, il quale gli ha detto, in mezzo alla sorpresa generale, che una piccola parte della flotta, e cioè la baleniera che aveva ospitato Garibaldi, era ancora esistente ed era ricoverata in un capannone agricolo di Peschiera ad un chilometro dal lago in linea d’aria. A quel punto è scattata irrefrenabile la curiosità per vedere un cimelio del genere, di cui ne esiste solo un altro a Terni, un beccaccino utilizzato da Garibaldi per fuggire da Caprera nel 1867. Insomma si sono presi i dovuti contatti e ci si è recati nella splendida tenuta di Alberto Avanzini in mezzo ad un vigneto lugana a perdita d’occhio, dove in effetti riposa, appesa al soffitto, la baleniera con la vista all’orizzonte della torre di san Martino della Battaglia nel comune di Desenzano. Insomma una visione emozionante piena di storia e che sa trasmettere un racconto potente: sicuramente avrebbe bisogno di un restauro e poi sarebbe auspicabile che questo reperto storico fosse possibile visitarlo. Ma intanto sappiamo che esiste veramente e già questo è importante.

La guerra sul Garda

Delle tante cose che si sanno di Garibaldi forse questa è passata inosservata fino ad oggi: al suo seguito non c’erano solo le mitiche «giubbe rosse» ma addirittura una flotta sul lago di Garda di stanza tra Salò e Gargnano che si è scontrata con la potente flotta austriaca, che nel 1866 dominava il lago sulla rotta tra Peschiera e Riva del Garda. Nelle acque del nostro lago e del mare Adriatico presso Lissa, si combatté sull’acqua per tutta la durata di questa breve guerra estiva del 1866. Si sente spesso dire che le azioni navali sul lago non hanno avuto un’influenza determinante al corso della guerra: se ciò è vero sotto il profilo tattico, una riflessione in senso contrario va fatta in senso strategico, e il nuovo materiale emerso dai vari archivi ne dà la conferma. Partendo da una breve analisi di inediti documenti relativi alla difesa del Garda tra il 1860 e il 1866, Faraoni ha cercato di contestualizzare gli avvenimenti nel quadro più ampio della guerra, mantenendo una visione che abbraccia i due punti di vista delle opposte parti combattenti, proponendo i fatti visti prima da parte italiana e poi da parte austriaca, ricostruendo per quanto possibile, gli scontri navali giorno per giorno se non ora per ora.

Le fonti storiche

Le fonti che sono state rintracciate vanno dalla memorialistica ai cifrari segreti della flottiglia italiana agli ulteriori inediti documenti rintracciati presso gli archivi storici di Riva del Garda, Peschiera e della Camera dei Deputati a Roma sino ad altri recentemente pubblicati, come l’elenco dei marinai italiani che hanno servito sulle singole navi ad opera del team di ricercatori della Rete Museale Ledro che ha realizzato il progetto «La Mappa Ritrovata dei Garibaldini 1866», una ricerca che ha permesso di individuare a catalogare tutti i nomi delle «camicie rosse» che parteciparono a questi importanti eventi. Nell’appendice del libro si riportano i risultati della ricerca. I dati completi dei 43.543 garibaldini possono essere consultati sul sito dell’associazione www.arabafenice.tn.it e sono stati inseriti all’interno di un “contenitore digitale” più grande, realizzato dall’Archivio di Stato di Torino.