L'esperto
lunedì 9 Giugno, 2025
Il professore Melchionda boccia il decreto sicurezza: «Un guazzabuglio simbolico, non efficace»
di Ubaldo Cordellini
Il docente di diritto penale all’Università di Trento smonta il provvedimento punto per punto: «Aumenta il carico sui tribunali senza reali effetti sulla sicurezza»

«Un guazzabuglio con effetti più che altro simbolica per far vedere che si interviene sulla sicurezza, ma dalla dubbia efficacia». Il professor Alessandro Melchionda, docente di diritto penale all’Università di Trento e avvocato di fama nazionale con studio a Bologna e molto attivo anche nei principali procedimenti degli ultimi anni, non ci va per il sottile nel giudizio sul decreto sicurezza, così come viene chiamata la legge passata al Senato la settimana scorsa. Un insieme di norme dal contenuto più vario che introduce nel codice penale ben 14 nuovi reati e 9 aggravanti. Un insieme variegato di reati che vanno dalla resistenza passiva in occasione di manifestazioni di protesta con blocco di strade o collegamenti ferrovieri che d’ora in poi potrà essere punita penalmente, mentre prima era meritevole solo di una sanzione amministrativa, alla stretta sulla cannabis light il cui verrà limitato di molto, passando per un regime molto più severo per le madri carcerate e per un aumento di pena in caso di occupazione abusiva di case altrui, caso per cui è prevista anche una procedure molto più veloce per la restituzione dell’immobile a chi ci viveva. Un puzzle di norme e normette che incidono sul codice penale e sul codice di procedura penale, ma lasciando una certa sensazione di impotenza e inefficacia. Da qui la definizione di guazzabuglio che, come spiega il professor Melchionda non vuol essere un giudizio politico, ma eminentemente tecnico e giuridico.
Professor Melchionda, cosa pensa del cosiddetto decreto sicurezza che ora è diventato legge?
«Assistiamo all’introduzione di un numero alto di reati e altrettanto elevato di aggravanti che non fanno altro che aumentare la pena per reati già esistenti. Ma l’aspetto più rilevante è l’introduzione di nuove figure di reato aumentando di fatto la copertura delle norme penali e, quindi, il carico processuale sui tribunali italiani».
Detta così, sembra un giudizio nettamente negativo. Cosa non la convince?
«Il primo aspetto riguarda lo strumento che è stato scelto per introdurre nuovi reati. Si è sempre detto che per queste cose, cioè per scrivere norme che puniscono le persone e le possono anche mettere in carcere, servirebbe una legge e non un decreto legge. Una legge viene scritta direttamente dal Parlamento, mentre il decreto lo fa il governo e poi il Parlamento è chiamato in qualche modo ad approvarlo avendo meno possibilità di movimento. In questo caso hanno fatto ricorso alla decretazione d’urgenza e questo lascia comunque molti dubbi».
E nel merito cosa pensa?
«Questa legge è figlia della concezione che in qualche modo collega l’aspettativa di prevenzione a una maggiore punizione e alla previsione di nuovi reati. In generale si pensa che pene più severe o un’azione penale più pervasiva possano portare a maggiore sicurezza. ma quanto possa incidere una nuova figura di reato o l’inasprimento della pena per un reato già esistente francamente non lo so. L’aspetto della prevenzione lascia molti dubbi. Altri tipi di interventi potrebbero essere molto più efficaci sotto questo punto di vista e senza avere controindicazioni significative».
A cosa sta pensando?
«Ad esempio penso a un uso maggiore delle forze dell’ordine. Adesso ad esempio è prevista un’aggravante per i reati commessi in stazione. Ma penso che invece di prevedere pene più gravi si possano impiegare più forze dell’ordine. Sicuramente sarebbe una risposta più efficace rispetto all’inasprimento di pene che, a parte i tecnici del diritto, sicuramente non verrebbero a conoscenza dei cittadini comuni. È difficile pensare che una persona che occupa abusivamente una casa non lo faccia perché il decreto sicurezza prevede pene più pesanti. In primo luogo perché non lo sa e in secondo luogo perché non fa di questi calcoli».
Non ha l’impressione che in generale ci sia un inasprimento di reati per le persone comuni mentre lo stesso governo ha previsto l’eliminazione di un reato tipico dei colletti bianchi come l’abuso d’ufficio. Il procuratore di Napoli Nicola Gratteri è stato molto duro con il governo su questo punto. Lei che ne pensa?
«Vorrei restare su un piano tecnico e giuridico. Esprimersi su questo aspetto sarebbe come dare un giudizio politico. Io mi limito a osservare il complesso di norme introdotte dal punto punto vista della loro efficacia».
Cosa pensa della norma sui cosiddetti ladri di casa? Molta gente pensa che si tratti di una norma che permette l’intervento più tempestivo ed efficace anche nei confronti di chi non paga più l’affitto, ma leggendo la norma non mi pare proprio che sia così.
«Infatti. La norma punisce in maniera più severa e permette la restituzione rapida della casa occupata. In altre parole si prevede una punizione più pesante nei confronti di chi, commettendo violenza, anche sulle cose come ad esempio la porta d’ingresso, occupa un alloggio in cui un’altra persona ha il domicilio. Quindi è il reato tipico di chi occupa una casa popolare destinata ad altri oppure assegnata a una persona che, ad esempio, in quel momento è ricoverata in ospedale. È una fattispecie che nulla ha a che fare con il mancato pagamento dell’affitto. Quello resta un inadempimento civile e per quella fattispecie non cambia niente».
Ma molti non lo hanno capito.
«In questo come in molti altri casi. Il fatto è che questa è una normativa frastagliata e complessa, spesso di difficile comprensione».
Sì, ma ci sono norme veramente di facile comprensione come la previsione del reato di resistenza passiva, la cosiddetta norma antiGandhi. Cosa ne pensa?
«È vero che si allarga la punibilità e si prevede un nuovo reato. Così come in molti altri casi e sinceramente non so se oggi c’è veramente bisogno di prevedere più reati. La critica che viene fatta è che si cerca di andare incontro alla preoccupazione generale in tema di sicurezza facendo ricorso a un guazzabuglio di norme che hanno un valore più lo più simbolico e poca efficacia pratica. Si aumenta il carico processuale, si rischia di aumentare il lavoro dei tribunale e il peso sulla giustizia. Per non parlare del fatto che si rischia di mandare più gente in carcere quando le carceri sono già vicine al collasso. Abbiamo visto, anche con altri governi di altro colore, che in generale questa strategia non funziona. Aumentare le pene non funziona. Non ha una capacità significativa di deterrenza. E di certo non porterà a una maggiore sicurezza».
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