Cinema

mercoledì 2 Novembre, 2022

Francesca Neri, il grande cinema, la malattia, il divorzio e la rinascita trovata (anche) tornando in Trentino

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La nuova vita di Francesca Neri è appena cominciata. Al «suo» Trentino si è riavvicinata grazie a una pellicola del 2016, un lavoro che le ha fatto riscoprire l'amore per le montagne

Tornata alla ribalta della cronaca a causa del recente divorzio dall’attore romano Claudio Amendola, Francesca Neri è, oltre il gossip, un’attrice con una lunga e variegata carriera, una donna complessa, forte di successi e sofferenze, alla riscoperta di se stessa e, di conseguenza, come ha spesso affermato nelle sue ultime dichiarazioni pubbliche, anche delle sue origini trentine.

Il Trentino nel dna
Nata a Trento nel 1964, Francesca Neri è figlia di genitori trentini. O meglio, di madre trentina e padre istriano, uno dei molti profughi del comunismo di Tito, poi trapiantato in Liguria e, a seguire, nel nostro territorio. Lei, stando a quanto dichiara la stessa Neri pubblicamente in molteplici interviste, una madre tutta d’un pezzo, anafettiva, che trova i sentimentalismi degli inutili vezzi; lui, invece, più comprensivo, più tenero, al punto da diventare nei racconti dell’attrice adulta una dolce figura dai toni pastello, non più solo uno zootecnico, ma anche l’uomo che ha trasmesso alla figlia la conoscenza della natura, il genitore da accompagnare nelle passeggiate in malga e da cui imparare a mungere. Eppure, la vita di montagna e di provincia per la giovane Francesca Neri rappresentava un peso, una bolla asfittica dalla quale fuggire: a darle l’occasione, a 18 anni, l’iscrizione al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. La metropoli come contrasto alla provincia, l’arte e la recitazione come contrasto alla carriera di avvocato sognata dai genitori. Una fuga dalle proprie origini, poi, di fatto, sempre impossibile, al punto che oggi, più adulta e matura, la si è sentita affermare che per lei le montagne rappresentano una protezione e che le proprie radici (anche se talvolta dure) sono ciò che le ha permesso di sviluppare una tempra utile se non necessaria nel mondo del cinema e nella vita in generale.

La carriera, un cerchio
Curioso del resto che, sulla scia di questa nuova consapevolezza delle proprie origini, sia proprio in Trentino che si è conclusa (anche se forse non definitivamente) la carriera di attrice di Francesca Neri. Risale al 2016, «The Habit of Beauty» di Mirko Pincelli, girato appunto tra il Regno Unito e il territorio trentino, ultimo film dell’attrice prima del suo ritiro dovuto alla malattia ma, paradossalmente, anche primo lungometraggio che l’ha vista tornare nella sua terra natale per lavoro. Nella pellicola, Neri interpreta una donna che, dopo la morte del figlio in un incidente, decide di lasciare Londra col marito e fare ritorno nel natio Trentino. Dentro e fuori lo schermo, la storia in parte si lega.
Ma tornando all’inizio, da dove comincia e come si sviluppa la carriera di Francesca Neri? Il primo film, «Il grande Blek» di Giuseppe Piccioni, arriva da giovanissima, nell’87. Seguono una serie di pellicole che, prima di tutto, puntano sulla bellezza eterea di Neri, sui suoi occhi, sul suo corpo. Uno tra tutti, «Le età di Lulù» di Bigas Luna.
Tra gli anni ‘90 e i primi 2000, però, il suo ruolo cambia, la ricerca di un cinema più serio, più intenso, più autoriale si fa impellente. È così che arriva a lavorare con molti dei più importanti registi italiani e con qualche celebre nome internazionale: da Luigi Comencini («Buon Natale…buon anno»), a Massimo Troisi, Carlo Verdone («Al lupo al lupo»), Gabriele Salvatores («Sud»), Pupi Avati e Paolo Genovese, ad ancora Pedro Almodovar e Ridley Scott («Hannibal»). Colleziona in questi anni quattro Nastri d’Argento: per «Pensavo fosse amore…invece era un calesse», per «Carne tremula», per «Il papà di Giovanna» e per il più recente «Una famiglia perfetta».
Meno eccelsa la sua parallela carriera da produttrice (basti a fare da campione «Melissa P.», molto poco lusinghiero lancio alla fama di Luca Guadagnino).

Lo stop al cinema. La malattia
Di punto in bianco, la presenza di Francesca Neri nel mondo del cinema si arresta. Responsabile dello stop, una malattia di cui, dopo lunghe sofferenze, parlerà nel 2021 nel suo libro edito Rizzoli «Come carne viva». Una invalidante cistite interstiziale che, cronicamente, le ha causato dolori fisici e psicologici, trascinandola in una spirale discendente: dall’isolamento in casa durato tre anni, alle notti passate a giocare a burraco online, fino al desiderio di morte. Un lungo difficile percorso, raccontato con stile franco in un libro che non fa segreto di nulla, e che va dalla ricerca di una diagnosi saltando da un urologo all’altro, al dolore di non essere presa sul serio, fino a quel fondo (il pensiero del suicidio) necessario per una spinta a rinascere.

La rinascita
Oggi Francesca Neri si appresta al divorzio da Claudio Amendola. Un amore, quello tra i due attori, nato nel 1997 sul set di «Le mani forti», da cui è nato il figlio Rocco e un matrimonio di 12 anni. Lui si dice abbia scelto lo stesso avvocato di Francesco Totti, a sua volta impegnato in una separazione, eppure, comparando le due vicende, salta immediatamente agli occhi l’assenza di scandali che la coppia Neri-Amendola porta con sé. Forse, la separazione è in questo caso anche frutto di una rinascita personale, di felicità rinnovata, che Neri ha dimostrato di perseguire a fondo negli ultimi mesi: dalle dichiarazioni di ricerca di uno stile di vita sano e di una cura di sé che parta dall’interno, fino alla decisione di rimuovere il silicone dalle labbra rifatte in passato, in una maggiore accettazione della propria immagine naturale.