La rubrica

martedì 21 Ottobre, 2025

Filtri, diete miracolose, modelli irraggiungibili: così i social minacciano il nostro corpo. «Ma il nostro valore non dipende da come appariamo»

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La nuova puntata di PsicoT con Chiara Pedrotti, psicologa e psicoterapeuta, per capire come imparare a guardarsi con più gentilezza

Care ragazze, cari ragazzi, durante l’adolescenza il corpo cambia, cresce, si trasforma. Guardarsi allo specchio può diventare difficile: vediamo un corpo che non riconosciamo, che non è più quello dell’infanzia ma non è ancora quello adulto. In un’epoca in cui i social mostrano solo immagini perfette può essere facile sentirsi «sbagliati» o «inadeguati». Ne abbiamo parlato con Chiara Pedrotti, psicologa e psicoterapeuta, per capire come imparare a guardarsi con più gentilezza e chiedere aiuto quando serve.

Chiara, il corpo cambia in fretta durante l’adolescenza e a volte può diventare difficile accettarlo. Come possiamo imparare a guardarlo con gentilezza, anche quando non ci piace tutto quello che vediamo allo specchio?
«Durante l’adolescenza il corpo cambia in continuazione: le forme cambiano, si cresce in altezza, gli ormoni lavorano senza sosta. È un periodo di passaggio in cui dobbiamo dire addio al corpo dell’infanzia e imparare ad abitare uno nuovo, più vicino a quello adulto. È normale sentirsi disorientati, soprattutto se ciò che vediamo allo specchio non somiglia alle immagini “perfette” dei social o ai corpi dei nostri coetanei. La verità è che nessuno vive questa trasformazione senza momenti di fatica anche se spesso non se ne parla. Un primo passo è smettere di confrontarsi: ogni corpo ha il suo ritmo e la sua bellezza. Ricordiamo anche che molte immagini online sono ritoccate o filtrate. Accettarsi non significa piacersi sempre, ma trattarsi con la stessa gentilezza che useremmo con un amico. Se non diremmo mai a qualcun altro le frasi dure che rivolgiamo a noi stessi, perché farlo con noi? Il nostro valore non dipende da come appariamo: non siamo corpi da giudicare, ma persone da conoscere, dentro e fuori».

Sui social vediamo spesso corpi «perfetti» e diete «miracolose». Come possiamo riconoscere quando un’attenzione all’alimentazione diventa invece qualcosa di pericoloso per la nostra salute mentale e fisica?
«I social ci bombardano ogni giorno con messaggi fuorvianti: piani alimentari senza basi scientifiche, modelli irraggiungibili. Tutto questo può minare l’autostima e distorcere la percezione del nostro corpo. Prendersi cura della propria alimentazione è importante e sano, ma quando il pensiero del cibo o del peso diventa fisso e pieno di ansia, allora è il momento di fermarsi. Saltare i pasti, seguire diete troppo restrittive, controllarsi continuamente allo specchio o evitare uscite con gli amici per paura del giudizio: sono tutti segnali che qualcosa non va. A volte si cerca di compensare con un eccesso di studio, sport o isolamento, per “tenere tutto sotto controllo”. Ma questo non è prendersi cura di sé: è lasciarsi intrappolare da un’illusione di controllo che fa stare sempre peggio. Fermarsi, riconoscere questi segnali e parlarne è il primo passo per stare meglio».

Quando ci sentiamo in difficoltà con il cibo o con il nostro corpo, parlarne può sembrare impossibile. Da dove si può cominciare per chiedere aiuto?
«Parlare del proprio disagio può sembrare un’impresa enorme: la vergogna, la paura di essere giudicati o di non essere capiti spesso bloccano le parole. Eppure chiedere aiuto è un atto di coraggio, non di debolezza. È una scelta che dice: “Mi rispetto, voglio stare meglio”. Si può iniziare confidandosi con un adulto di fiducia: un genitore, un insegnante, un allenatore, lo psicologo scolastico o il pediatra. Sono figure che possono ascoltare senza giudicare e, se serve, indirizzare verso professionisti come psicoterapeuti o nutrizionisti. Nessuno deve affrontare tutto da solo. Anche i genitori possono aver bisogno di essere ascoltati, per capire come sostenere al meglio i propri figli. Chiedere aiuto è un gesto d’amore verso se stessi e verso chi ci vuole bene».