La storia

sabato 22 Novembre, 2025

«Era notte, si infilò nel letto e abusò di me: fui cacciato dal seminario»: la testimonianza di una vittima

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Abusi nella Chiesa, nella cattedrale del Duomo le storie delle vittime. A distanza di 60 anni la vicenda letta davanti ai fedeli

«Era una mattina della primavera 1965, mi sentivo molto triste. Avevo 17 anni. E dall’età di 12 anni studiavo in un istituto religioso». Inizia così la testimonianza di un uomo che 60 anni fa, sentita la vocazione, entrò in seminario e poi ne uscì «solo», anzi «fui cacciato». È la storia di una delle quattro vittime di abusi sessuali nella Chiesa, che nell’ultimo anno hanno chiesto aiuto al Centro di ascolto della Diocesi di Trento. La sua testimonianza, ieri sera, è stata letta da don Alessandro Aste, referente del Servizio tutela Minori, nel corso della Veglia in Duomo per la quinta Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi nella Chiesa (18 novembre).

L’uomo, che allora aveva 17 anni appunto, ha voluto esprimere anzitutto riconoscenza all’arcivescovo Lauro Tisi per esser stato ascoltato e per aver avuto la possibilità di riportare il suo vissuto, affinché «la Chiesa prenda sempre più consapevolezza». «La fine di un sogno», questo il titolo che il settantasettenne ha voluto dare alla sua testimonianza. «La mia famiglia era povera — ha raccontato per il tramite di don Aste — All’interno dell’istituto avevo frequentato le scuole medie e il ginnasio. E avevo iniziato il liceo presso il seminario diocesano. Qualche giorno prima, su sollecitazione del professore, avevo informato il padre superiore che un sacerdote, nel pieno di una notte, si era infilato nel mio letto».

In realtà, già nelle settimane precedenti, il sacerdote si era approcciato a lui «con ammiccamenti, baci, carezze e affetto. Nella mia ingenuità — ha proseguito — non avevo mai considerato peccato questi comportamenti, in quanto li avevo sempre scambiati per manifestazioni di tenerezza. Ero solo, lontano dalla famiglia, avevo bisogno di affetto. Lui me lo dava, e io me lo prendevo. Per questo non avevo mai sentito il bisogno di confrontarmi con qualcuno. L’ultimo gesto, però…».

Quella notte fu terribile. Lui prese coraggio e decise di denunciare il tutto al padre superiore, ma «capii presto che avrei pagato tristemente e immediatamente le conseguenze. Il padre superiore, infatti, mi convocò e mi disse che dovevo lasciare l’istituto e andare subito a casa».

Sono passati sessant’anni, ma il ricordo è ancora vivido. «Il giorno dopo, solo nei miei pensieri, indossai un paio di pantaloni grigi, una maglia che mi avevano procurato il giorno prima, presi la borsa con le mie cose e abbandonai la mia stanza — ha aggiunto il settantasettenne — Scesi le scale, non c’era più nessuno ad aspettarmi, nessuno a salutarmi, nessuno ad accompagnarmi, ero solo. Anziché provare vergogna e chiedermi scusa, mi avevano isolato. A distanza di anni, il dolore brucia ancora — ha concluso così la sua testimonianza — Anche se sono riuscito a ricostruirmi una vita, con fatica…».