Crisi climatica
domenica 11 Maggio, 2025
Energia, più la casa è efficiente e più si consuma. Lo studio su 28 edifici del Trentino
di Marco Ranocchiari
Il professore Prada (Università di Trento): «Impianti di raffrescamento in crescita. Soluzione? Una gara a premi tra vicini per ridurre i consumi»

Crisi climatica e consumo energetico degli edifici sono avviluppati in un circolo vizioso. Con le temperature cresce il fabbisogno di aria condizionata, ma sono proprio i sistemi di raffrescamento – con emissioni di gas serra e massicce dosi di aria calda riversate direttamente nelle strade – a peggiorare ulteriormente la situazione. Per cambiare rotta occorre ripensare i criteri di efficienza energetica, pensati ancora quasi solo per il riscaldamento, favorendo la transizione alle fonti rinnovabili. Ma soprattutto riducendo i consumi. Ne è convinto Alessandro Prada, docente di Fisica tecnica ambientale al Dicam (Dipartimento di ingegneria civile, ambientale e meccanica) dell’Università di Trento, intervenuto nei giorni scorsi all’incontro «Sfide e opportunità per edifici e distretti resilienti ai cambiamenti climatici», nell’ambito del ciclo «Cambiamenti climatici e implicazioni per il sistema energetico in Trentino».
Transizione lenta
Il cambiamento climatico è strettamente legato all’uso dell’energia, e in Europa gli edifici da soli ne utilizzano oltre un quarto del totale. Gran parte (il 77%) va al riscaldamento, seguito dall’acqua calda sanitaria (15%), mentre il raffrescamento per ora rappresenta una percentuale molto inferiore, ma in crescita esponenziale.
Anche se il ricorso alle rinnovabili per la produzione di calore è aumentato, la transizione procede più a rilento rispetto ad altri settori e la parte del leone è ancora svolta dalle fonti fossili, soprattutto gas naturale (31,5%). «Gli impianti di riscaldamento — spiega Prada – emettono CO2, ossidi di azoto, metano. Quelli di climatizzazione usano refrigeranti come gli idrofluorocarburi».
Dal 2000 al 2019, comunque, nel settore le rinnovabili sono passate da poco più del 10% a oltre il 25%. Ma l’impiego invernale delle rinnovabili per il riscaldamento ha dei limiti: per esempio, le pompe di calore funzionano peggio con temperature esterne molto basse, mentre la massima richiesta è concentrata in inverno, quando il fotovoltaico è ai minimi. Urgente, perciò, puntare sull’efficienza. «Non possiamo pensare semplicemente di sostituire tutte le caldaie, serve una riduzione del consumo di energia, solo a questo punto possiamo andare avanti con una elettrificazione», aggiunge. I consumi totali nel settore, negli ultimi vent’anni, sono rimasti sostanzialmente stabili però.
Più aria condizionata
L’entità dei cambiamenti climatici è fotografata dall’evoluzione dei gradi giorno, che indicano la differenza tra la temperatura ottimale di una casa (18 gradi) e quella esterna, sommata per tutti i giorni dell’anno, e che sono alla base della suddivisione in «zone climatiche» con le relative regole per il riscaldamento. Più sono elevati i gradi giorno di una località, più rigido è il suo clima e maggiore è la necessità di riscaldare gli edifici. In Europa i gradi giorno diminuiscono in media di 20 l’anno. In Trentino – spiega Prada – «siamo passati da quasi 4000 nel 1979 a 2900 oggi». In compenso, però, aumentano i «gradi giorno» necessari per il raffrescamento quando la temperatura media giornaliera supera i 26 gradi. «Quarant’anni fa questo valore era praticamente nullo, è un bisogno che non esisteva. Oggi aumenta di circa 2 gradi giorno l’anno», a un ritmo sempre più serrato.
L’ascesa dell’aria condizionata
L’aria condizionata contava, pochi anni fa, solo per l’1% in Europa (3% in Italia), ma il suo uso è cresciuto è cresciuto di 7 volte dal 2000 al 2019. Non ci sono dati più recenti, ma – spiega Prada – «presumiamo che da allora, solo in Italia, il ricorso al raffrescamento sia raddoppiato. Oggi in Europa solo il 19% degli edifici ha impianti di climatizzazione, ma entro il 2050 questo numero quadruplicherà. Per allora il fabbisogno per il raffrescamento, potrebbe equivalere a quello per il calore».
La richiesta di climatizzatori non è solo questione di comfort: «Secondo alcuni studi, nelle case con aria condizionata il rischio di morte dovute alla calura eccessiva cala del 75%. D’altro canto – aggiunge – se in una città come Parigi tutte le case avessero un condizionatore, questi durante un’ondata di calore farebbero crescere la temperatura di altri due gradi».
Ripensare l’efficienza
Nonostante queste evidenze, però, i criteri con cui si valuta l’efficienza energetica sono ancora pensati quasi soltanto per il riscaldamento. «Non è detto che gli edifici oggi efficienti lo siano anche in futuro». Almeno, spiega Prada, il bisogno di raffrescamento si concentra nei periodi più adatti al fotovoltaico: «Bisogna però stare attenti al modo in cui sono progettati i nuovi impianti: le pompe di calore non sono altrettanto efficienti in inverno».
A minare il risparmio energetica pesa anche un fattore umano e psicologico: «Uno studio effettuato con Aprie (l’agenzia provinciale per le risorse idriche e l’energia) su 28 edifici in Trentino ha dimostrato che più questi sono efficienti più cresce la differenza tra il consumo teorico e quello attuale — conclude — Se so che il mio edificio consuma molto, starò attento a adottare pratiche di efficienza energetica. Se l’edificio è invece molto efficiente, penso che l’edificio consumi poco e mi sento autorizzato ad adottare comportamenti scorretti». La soluzione? «Negli Stati Uniti ci sono sperimentazioni interessanti: mostrando i consumi in tempo reale con dei “termostati intelligenti” si è visto che gli utenti stanno molto più attenti. In un altro caso sono stati pensati persino punteggi e una sorta di competizione con le performance dei vicini: funziona ancora meglio».
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