Cultura

sabato 22 Novembre, 2025

Con «Il potere delle macchine» riapre il palazzo delle Albere: l’ex residenza vescovile, ora spazio espositivo, era chiusa da un anno e mezzo

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La mostra indaga la tecnologia pre-industriale nel Trentino del '500

«Una cosa è certa: che più s’impone l’automatismo, più siamo obbligati a non essere noi automatici e a sviluppare la coscienza accanto alla conoscenza»: le parole di Remo Bodei chiudono il percorso espositivo de «Il potere delle macchine: umanità, ambiente, tecnologia nel Trentino del Cinquecento», inaugurata ieri a Palazzo delle Albere. Una riflessione che riassume lo spirito della mostra: la tecnologia non come destino, ma come responsabilità.
Trento ha festeggiato una doppia inaugurazione: la riapertura del cinquecentesco Palazzo delle Albere – rimasto chiuso per circa un anno e mezzo, dopo l’ultima mostra «Sciamani. Comunicare con l’invisibile», per manutenzioni, lavori sugli impianti e il rinnovo di alcuni spazi, come biglietteria, bookshop e area relax – e l’apertura della nuova esposizione del Muse, parte dell’Euregio Anno dei Musei 2025. «Ritorna alla città un luogo identitario», ha ricordato Patrizia Famà del Muse, mentre all’esterno sono in via di conclusione anche gli interventi sul muro del fossato, ceduto dopo le forti piogge.

La mostra indaga le origini del nostro rapporto con le tecnologie partendo dal Rinascimento, un’epoca in cui l’arrivo di nuovi strumenti meccanici trasformò produzione, mobilità, agricoltura, medicina e governo del territorio. Come ha osservato il direttore del Muse Massimo Bernardi, si tratta di «un gioco di specchi» che connette innovazioni cinquecentesche e tensioni contemporanee, invitando a superare il cronocentrismo che ci fa percepire le sfide tecnologiche come inedite.

Nelle sale del palazzo sono esposti circa 150 oggetti provenienti da una ventina di musei, archivi, associazioni e biblioteche: macchine antiche, strumenti scientifici, codici, volumi rari, reperti minerari, attrezzature di officina e tantissimo altro. Le sezioni tematiche mostrano come la tecnologia del Cinquecento fosse al tempo stesso promessa di progresso e fonte di tensioni ambientali, sociali e politiche, intrecciando miniere e laboratori medici, stamperie e armamenti.
Il cuore scientifico del progetto è di Luca Ciancio, che ha ricordato il ruolo del Principato vescovile nel «Rinascimento dei meccanici». Il principe-vescovo dell’epoca, ha spiegato, si rivelò «straordinariamente aperto e innovatore nei confronti di tutti gli strumenti che comprende possano trasformarsi in uno strumento di potere e di miglioramento per la vita della comunità». Una figura che testimonia quanto tecnologia e politica fossero già allora strettamente connesse.

Il percorso espositivo, come ha spiegato Marco Avanzini, curatore della mostra per il Muse insieme a Elisabetta Fior, Isabella Salvador e Luca Scoz, intende mostrare come l’introduzione delle macchine nel Cinquecento abbia generato sviluppo, tensioni e conflitti: la crescita della produzione, lo sfruttamento delle risorse, l’impatto sull’ambiente e sui lavoratori, l’evoluzione del potere civile e militare. L’allestimento mette in risalto non solo strumenti e invenzioni, ma anche trasformazioni più ampie: l’emergere di nuove figure professionali, la ridefinizione dei rapporti di forza nelle comunità rurali, il passaggio da economie locali a mercati più integrati.
Tra le sezioni più suggestive spiccano quella dedicata all’acqua come forza motrice – con modelli di ruote idrauliche e macchine da officina – e quella sulla rappresentazione del cosmo, con astrolabi e tavole astronomiche che raccontano l’evoluzione degli strumenti per osservare il cielo. Ampio spazio è dedicato anche alla prima farmacopea minerale e agli oggetti legati alla metallurgia, che mostrano come la ricerca di nuovi materiali fosse motore di sviluppo in molte zone alpine.
Il percorso evidenzia infine le trasformazioni belliche e amministrative dovute alla diffusione delle armi da fuoco e alle nuove strategie di controllo del territorio, segni tangibili di un’epoca in cui la tecnologia ridisegnava la struttura stessa dello Stato.

La mostra, aperta fino al 31 maggio 2026, è realizzata dal Muse – Museo delle Scienze di Trento con un progetto scientifico di Luca Ciancio (Università di Verona), in collaborazione con Castello del Buonconsiglio, Mets – Museo Etnografico Trentino San Michele e Mitag – Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto.
La mostra, come accennato precedentemente, rientra nel programma dell’Euregio Anno dei musei 2025 / Euregio Museum Jahr 2025 che prende spunto dalle storiche rivolte sociali cinquecentesche per invitare a una riflessione contemporanea su giustizia ed equità sociale, su gestione delle crisi e forme di resistenza.
Un invito a scoprire, tra storia e innovazione, che molte questioni del nostro presente hanno radici più profonde di quanto pensiamo.