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venerdì 21 Novembre, 2025

Orsi in Trentino: numeri in crescita ma sono a rischio estinzione. Oltre metà delle morti sono causate dall’uomo

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Una ricerca firmata da Provincia, Muse, Ispra, Fem e Parco dello Stelvio ha analizzato 20 anni di campioni: «Oggi 1,6 plantigradi ogni 100 chilometri quadrati»

La popolazione di orsi del Trentino è in «buona salute», in crescita e, con essa, cresce anche l’areale seppur lentamente (e sempre limitato al territorio ad ovest dell’Adige). Allo stesso tempo, però, è in pericolo: non si può escludere nemmeno, sul lungo periodo, il rischio di estinzione. Tuttavia, il loro pericolo più imminente è rappresentato dall’uomo, dato che oltre la metà delle cause di morte conosciute sono da ascrivere «a fattori antropogenici».
Il rapporto tra aumento della popolazione e il rischio di scomparire per sempre è un paradosso solo apparente, perché gli orsi bruni reintrodotti nel territorio dell’Adamello-Brenta tra fine anni ‘90 e inizio anni 2000 sono tutti «parenti stretti», con una bassissima variabilità genetica, che, unita a una popolazione limitata, potrebbe portare a una vulnerabilità nel medio e lungo periodo. Sono ipotesi di lunga data, ma che ora trovano conferma in uno studio congiunto effettuato, tra gli altri, da ricercatori del Muse, del Servizio faunistico della Provincia, della Fondazione Mach, del Parco dello Stelvio e dell’Ispra, pubblicato sulla rivista scientifica di riferimento del settore: «Biological Conservation». Si tratta di uno degli studi più approfonditi mai effettuati sugli orsi in Trentino: vi sono confluiti i dati di ben 222 esemplari. Si tratta dei campioni genetici raccolti sul campo e di tutti gli esami condotti sulle carcasse ritrovate nell’arco di vent’anni, dal 2003 al 2023.
Lo studio, innanzitutto, azzarda una stima degli orsi presenti: un quesito le cui risposte, in passato, avevano sollevato diverse polemiche. Le stime fornite dalla Provincia parlavano di cento esemplari. Troppo pochi, secondo i residenti delle valli del Noce, l’area più interessata dalla presenza dei plantigradi, un dato esagerato secondo alcune associazioni ambientaliste. I ricercatori confermano più o meno quanto detto: nel 2023, anno a cui si riferisce la stima, in Trentino erano presenti da un minimo di 92 a un massimo di 122 orsi, intervallo che ha a sua volta un margine di errore stimato del 5%.

La ricostruzione della popolazione nel corso degli anni (secondo lo studio ci sarebbe stato un calo tra il 2012 e il 2013 e poi una crescita costante) permette anche di stimare il tasso di crescita: il 7,7% all’anno. Un numero che ridimensiona quello fornito precedentemente dalla Provincia, risalente al 2021, che vedeva una crescita di circa il 10%. Lentamente, è cresciuta anche la densità: nell’areale occupato dalla specie ora si stima che ci sia 1,61 orsi ogni 100 chilometri quadrati (il dato si riferisce sempre al 2023): quest’ultimo è perfettamente in linea con le altre popolazioni note in Europa, dalla Spagna alla Svezia passando per la Slovenia.
E veniamo a uno degli argomenti più spinosi: le cause dei decessi. I ricercatori affrontano il tema nel paragrafo dedicato all’analisi sulla sopravvivenza (il tasso è più basso per i cuccioli e, tra gli adulti, per i maschi): «Tra le cause di morte note — scrivono i ricercatori — il 52,6% è di tipo antropogenico (incidenti, per lo più collisioni con auto, bracconaggio, rimozioni o imprevisti durante la cattura)». Ci potrebbe essere, a dire il vero, un piccolo bias: tutti gli orsi morti in modo sospetto sono stati analizzati, mentre quelli morti per cause naturali non necessariamente noti. Tuttavia, si parla di una mole di dati molto importanti.

La conclusione resta positiva: «I nostri risultati — scrivono — indicano una tendenza positiva sostenuta sia nella densità della popolazione sia nell’espansione spaziale nei 21 anni considerati, evidenziando il successo del programma di reintroduzione nel ristabilire una popolazione di orso bruno nelle Alpi centrali. Tuttavia, questi risultati devono essere interpretati con cautela riguardo alla sopravvivenza a lungo termine della popolazione: sebbene la densità sia aumentata, la piccola dimensione della popolazione implica ancora un alto rischio». Quello di entrare, si legge sempre nello studio, «in un “vortice di estinzione”, in cui fattori demografici, genetici e ambientali interagiscono generando un feedback negativo».