in aula
venerdì 21 Novembre, 2025
Caso Shalabayeva, appello bis: condannati tutti gli imputati. C’è anche l’ex questore di Trento Maurizio Improta
di Redazione
I fatti risalgono al 2013 quando Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua (moglie e figlia di Mukhtar Ablyazov, dissidente kazako ricercato dalle autorità del suo paese) vennero espulse dall'Italia
Condannati i cinque poliziotti imputati al processo d’appello bis nell’ambito dell’inchiesta sull’espulsione dall’Italia, avvenuta nel 2013, di Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua, rispettivamente moglie e figlia di Mukhtar Ablyazov, dissidente kazako ricercato dalle autorità del suo paese.
È la decisione dei giudici della corte d’Appello di Firenze. Per tutti l’accusa era di sequestro di persona. Gli ex capi della squadra mobile e dell’ufficio immigrazione della questura di Roma, Renato Cortese e Maurizio Improta e gli ex funzionari di polizia Luca Armeni, Francesco Stampacchia sono stati condannati a cinque anni di reclusione, mentre Vincenzo Tramma a quattro anni.
La procura generale e le difese dei cinque poliziotti avevano chiesto l’assoluzione perché “il fatto non sussiste”. La vicenda risale alla notte tra il 28 e 29 maggio 2013, quando Alma Shalabayeva e la figlia vennero prelevate dalla polizia nella loro abitazione di Roma: le forze dell’ordine cercavano il marito, ma alla donna fu contestata l’accusa di possesso di passaporto falso. Due giorni dopo, firmata l’espulsione, madre e figlia vennero rimpatriate. La donna e la figlia sono poi tornate in Italia e a Shalabayeva nell’aprile 2014 è stato riconosciuto l’asilo politico. Il nuovo processo si era reso necessario dopo che il 19 ottobre del 2023 il collegio di giudici della quinta sezione della Corte di Cassazione avevano annullato le assoluzioni dei cinque poliziotti rinviando gli atti a Firenze. Nella vicenda erano coinvolti anche un altro funzionario di polizia e l’ex giudice di pace Stefania Lavore, che erano già stati assolti in via definitiva perché la procura generale di Perugia per loro non aveva presentato ricorso in Cassazione. In primo grado i cinque poliziotti erano stati condannati a Perugia per sequestro di persona a pene comprese tra i quattro e i cinque anni.
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