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martedì 11 Novembre, 2025

L’importanza del consenso, Lazzeri: «Deve essere autentico. Se si temono conseguenze non c’è libertà»

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La psicopedagogista: «Educhiamo ragazzi e ragazze alla scelta e al rispetto della scelta degli altri»

Care ragazze, cari ragazzi, novembre è il mese dedicato alla prevenzione della violenza contro le donne, un tempo per riflettere insieme su come nascono il rispetto, l’ascolto e la libertà nelle relazioni. Ne abbiamo parlato con Loredana Lazzeri, psicopedagogista, che ci aiuta a capire cosa significa davvero «consenso» e perché imparare a riconoscerlo, a chiederlo e a rispettarlo è un passo essenziale per crescere in modo consapevole.

Loredana, cos’è davvero il consenso? Spesso se ne parla, ma non sempre si capisce fino in fondo…
«Ultimamente il dibattito sul consenso nelle relazioni è molto acceso: diverse nazioni europee, tra cui la Francia, stanno modificando la propria legislazione per introdurre una definizione di stupro fondata sul consenso. Ma è importante parlarne in senso più ampio, non solo legato al rapporto sessuale. Il consenso riguarda la possibilità di una persona di fare una scelta e il rispetto di quella scelta da parte degli altri. Perché sia autentico, deve essere dato liberamente, con più opzioni reali a disposizione e la consapevolezza delle loro implicazioni. Se un ragazzo o una ragazza temono che un rifiuto possa avere conseguenze, allora non possiamo parlare di consenso, perché manca la libertà che ne è il fondamento. È bene ricordare anche che il consenso non è mai definitivo: essendo un atto di comunicazione, può essere rinnovato o revocato in ogni momento. Un “sì” espresso in una certa circostanza non resta valido per sempre».
C’è un modo per educare al consenso e al rispetto già tra coetanei, senza sentirsi giudicati o moralisti?
«Educare al consenso è educare bambini e bambine, ragazzi e ragazze alla scelta e al rispetto della scelta degli altri, mi pare che in questo non ci sia niente di moralistico. Per imparare a esprimere il consenso con consapevolezza le persone devono avere la possibilità di “allenare” le competenze necessarie e metterle in gioco nelle relazioni. Si può partire dall’accompagnare le persone a riflettere su ciò che vogliono e su quello che si aspettano che succeda prendendo una decisione. Allo stesso tempo è importante abituare all’ascolto e all’empatia per riuscire a sviluppare la sensibilità e l’attenzione per la volontà dell’altro. Infine è necessario imparare a gestire la frustrazione che deriva dal ricevere una risposta diversa da quella che si vorrebbe o dall’accettare un rifiuto. Un ruolo importante in questo lo hanno gli adulti: genitori, insegnanti, ma anche le persone con molta visibilità pubblica hanno la responsabilità di essere un modello positivo per i più piccoli e di far loro sperimentare relazioni nelle quali le loro scelte vengono ascoltate e rispettate».
Che ruolo hanno la scuola e gli insegnanti nel creare spazi di ascolto e di parola per affrontare questi temi?
«Se è vero che la funzione educativa appartiene alla famiglia, non tutte dispongono degli strumenti per accompagnare figli e figlie nell’educazione relazionale e affettiva. La scuola, come autentico ambiente di vita, ha quindi il compito di sostenere bambini, bambine, ragazzi e ragazze nell’imparare a costruire relazioni rispettose e consapevoli. Attraverso il dialogo, l’ascolto e la condivisione, può diventare uno spazio in cui ciascuno e ciascuna si senta accolto e libero di esprimersi. Gli insegnanti, con il loro modo di stare in classe, mostrano quotidianamente cosa significhi ascoltare, rispettare le differenze e trasformare le divergenze in occasioni di crescita. È fondamentale che la scuola offra, anche grazie a esperti ed esperte, informazioni corrette sulla sessualità e sull’intimità: solo conoscendo il proprio corpo, le emozioni e i diritti si possono compiere scelte davvero libere e responsabili».