l'editoriale

martedì 4 Novembre, 2025

Tre anni di T: il senso di una sfida

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In un periodare storico in cui i leader politici preferiscono la comunicazione autogestita al confronto con i media, il quotidiano rimane un irrinunciabile strumento di pensiero e di democrazia, di verifica delle notizie e di rappresentazione della società

Qualche settimana fa, in occasione della tappa del Tour dell’Autonomia di Lavis, una studentessa dell’istituto Martino Martini ha formulato una domanda apparentemente ingenua: «L’Autonomia speciale ci protegge dalle guerre?». Apparentemente ingenua perché in sei parole ha centrato due aspetti: la paura per il tempo storico in cui viviamo che emerge dal subconscio dei giovani, mentre gli adulti guardano agli scenari bellici ormai moltiplicati con uno stato d’animo che oscilla tra l’impotenza e l’indifferenza; la centralità della pace nella costruzione dell’Autonomia che è prima di tutto uno strumento di convivenza, fondato sul principio del pluralismo delle identità. E dunque sul rispetto reciproco e la negoziazione quotidiana di un equilibrio instabile.

Esattamente quello che è saltato a livello internazionale dove la misura della potenza è tornata ad essere la condizione di relazioni asimmetriche o di violenza. Il tempo che ci accompagna, dunque, richiede alla nostra forma di autogoverno un surplus di responsabilità e progettualità per confermare la pace come architrave dell’Autonomia e le prerogative acquisite nel tempo come terreno di nuova sperimentazione, politica e sociale. Non è una fase storica che avvantaggia l’espressione di idealità perché appare più piegata alle ragioni di identità statiche e di nuovi nazionalismi che inevitabilmente comprimono lo spazio di azione di chi gioca sul concetto di differenza.

Se osserviamo lo scenario globale il Trentino-Alto Adige/Südtirol rimane uno dei pochi territori in cui una dinamica di conflitto tra appartenenze nazionali e linguistiche si è trasformata in un’opportunità. Favorita dalla comune affiliazione alle Alpi e alla sua storia secolare di autogoverno – quando gli Stati nazione non esistevano – e anche dal senso di responsabilità di classi dirigenti e popoli. Se stringiamo l’obiettivo, e ci approssimiamo alle sue forme, cogliamo anche le smagliature di questo progetto. Due Autonomie che sono vicine e lontane nello stesso tempo e un territorio (Alto Adige/Südtirol) in cui l’interazione tra componenti linguistiche avviene spesso per binari separati e senza contaminazioni.
In un quadro che può diventare progressivamente critico e affetto dalla patologia del «mal di democrazia» il T Quotidiano ha cercato da tre anni a questa parte (è uscito in edicola e nella Digital edition il 3 novembre 2022 e due settimane prima con il sito web) di alimentare il dibattito pubblico con le nuove urgenze e le necessarie contromisure, di sperimentare nuove forme narrative, di allacciare alleanze (con il mondo della scuola e l’università su tutti) facendosi anche attore culturale all’interno della comunità con una serie di iniziative pubbliche tra cui i dibattiti elettorali, il Tour dell’Autonomia e l’alternanza scuola lavoro che ha coinvolto più di mille studentesse/studenti. Ristabilendo, in principio, il pluralismo informativo che era venuto meno negli anni precedenti – primo target delle Associazione di categoria (Confindustria, Cooperazione, Artigiani, Confesercenti, Asat e Ance) che hanno voluto e promosso questa sfida – e quindi i presupposti per rendere trasparenti i processi di governo del territorio. Il T è diventato anche uno spazio di libero confronto tra posizioni antitetiche che si misurano con un’unica avvertenza: il rispetto dei principi costituzionali.

Dalle direttrici economiche e di sviluppo alla crisi demografica, dall’emergenza casa ai cambiamenti climatici e alla sostenibilità, dall’incubatore della società (la scuola) ai divari di genere e la conciliazione lavoro-famiglia, dalla sanità alle nuove coordinate globali (ospitate soprattutto nei Campi liberi) per arrivare ai forum tematici il T è diventato punto di riferimento per una serie di dossier e sensibilità, osservatorio sulle nuove tendenze, cercando di aprire il confronto sugli scenari futuri.

L’eredità della Grande crisi del 2008, cioè la crescita delle disuguaglianze, ha invece evidenziato la sensibilità sociale del quotidiano a difesa di chi è scivolato nei fondali della società o chi lì si è ritrovato da sempre o di chi è discriminato, magari per essere nato nel posto sbagliato. Chi ha un privilegio, come descrivere le comunità in cui vive, può vestirlo di senso solo ponendolo al servizio degli altri.
In un periodare storico in cui crescono gli attacchi alla libertà di stampa e in cui i leader politici (soprattutto nazionali) preferiscono la comunicazione autogestita al confronto con i media, in un tempo in cui il discorso antidemocratico e violento è stato ammesso nel consesso delle opinioni libere, anche ma non solo grazie ai social, il quotidiano rimane un irrinunciabile strumento di pensiero e di democrazia, di verifica delle notizie e di rappresentazione della società in cui muoviamo le nostre parole. Rappresentazione significa disegnare finestre infinite per includere le storie del mondo e non solo quelle affini.
Il lavoro non è concluso ma solo cominciato. Nei prossimi anni l’arcipelago T cercherà di estendere il suo raggio di analisi e di proposte – sia dentro che fuori il perimetro del quotidiano fisico – salvaguardando la sua ragione politico-culturale: essere lievito di democrazia e per una nuova stagione dell’Autonomia. Due concetti, nati sulle macerie della Seconda guerra mondiale, che non possono concepirsi separati.