PsicoT

martedì 28 Ottobre, 2025

Si insinua in ogni relazione e ci fa sentire in colpa: come riconoscere la manipolazione psicologica. «Anche il corpo ci parla, ascoltate i segnali»

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La nuova puntata della rubrica PsicoT con la psicologa Maria Rostagno. «Un segnale d'allarme? Giustifichiamo quella persona ma quando la vediamo ci sentiamo sempre peggio»

Care ragazze, cari ragazzi, a volte la violenza non urla, non lascia segni sulla pelle, ma scava piano dentro di noi. È fatta di parole che confondono, gesti che fanno sentire in colpa, attenzioni che sembrano affetto ma tolgono libertà. Si chiama manipolazione psicologica e può insinuarsi in qualsiasi relazione: un’amicizia, una storia d’amore, perfino in famiglia. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Maria Rostagno, psicologa, per capire come riconoscerla.

Maria, come si riconosce una relazione manipolatoria?
«Ci sono segnali molto chiari, se impariamo ad ascoltarli. Il primo è come ci sentiamo dopo aver passato del tempo con quella persona: se ci sentiamo sempre peggio — più insicuri, confusi o sbagliati — è un segnale d’allarme. Poi c’è il dubbio continuo: cominciamo a pensare “forse ho capito male”, “sarà colpa mia”, “sto esagerando”. Quando iniziamo a mettere in discussione cose che sappiamo vere è perché qualcuno sta riscrivendo la nostra realtà. Un altro segno è il controllo preventivo: ci censuriamo, evitiamo certi argomenti per paura di una reazione. È come camminare sulle uova. Anche il corpo parla: mal di testa, nausea, insonnia quando il contatto aumenta. Il corpo sente prima della mente. Infine c’è l’isolamento — ci allontaniamo dagli altri per vergogna o per evitare conflitti — e la violazione dei confini, giustificata come “preoccupazione” o “amore”. Il segnale più importante è semplice: se vi trovate a giustificare comportamenti che ferirebbero un vostro amico o un’amica, probabilmente siete in una relazione che vi sta facendo male».

Perché chi subisce manipolazione tende a sentirsi in colpa?
«Perché nella manipolazione agiscono meccanismi profondi, sia psicologici che biologici. Il più potente è il ciclo di crudeltà e gentilezza: momenti duri seguiti da gesti affettuosi creano una sorta di dipendenza. Il cervello inizia ad aspettare la “ricompensa”. Poi c’è la dissonanza interna: pensiamo “sono una persona intelligente, quindi non potrei stare con qualcuno che mi fa del male”. Per ridurre il conflitto finiamo per negare la realtà. Con il tempo interiorizziamo la voce del manipolatore: dopo mesi di frasi come “sei troppo sensibile”, cominciamo a ripetercele da soli. Non serve più che ci svaluti: lo facciamo noi. Un altro ostacolo è la fatica di ammettere che qualcosa in cui abbiamo investito tanto non era sano. Infine, quando dipendiamo emotivamente o economicamente da chi ci ferisce, il cervello non riesce a vedere il tradimento: sarebbe troppo doloroso. Così ci convinciamo che la colpa è nostra. Eppure, se un’amica ci raccontasse la stessa storia, le diremmo subito: “Non è colpa tua”. Questo dimostra che la colpa è una trappola, non un dato di realtà».

Si può davvero uscire da una relazione manipolatoria e tornare a fidarsi?
«Sì. Le persone guariscono, e spesso diventano più consapevoli e forti di prima. Il primo passo è dare un nome a ciò che si sta vivendo: dire “questa è manipolazione” non significa esagerare, ma riconoscere la verità. Poi arriva la ricostruzione dei confini: imparare che dire “no” è un atto di rispetto verso se stessi, che non serve giustificare tutto, che il disagio dell’altro non è sempre nostra responsabilità. Molti pensano che dopo un’esperienza del genere si diventi freddi o chiusi. In realtà nasce un nuovo tipo di sensibilità che si chiama “discernimento post-traumatico”. Chi ha sofferto impara a riconoscere i segnali di pericolo e a pretendere coerenza, rispetto, reciprocità. La fiducia non torna di colpo, ma cresce come una luce che si accende piano piano, osservando i comportamenti dell’altro nel tempo. Guarire da una relazione manipolatoria non significa dimenticare, ma integrare l’esperienza: continuare ad amare, ma con occhi più saggi. Perché l’amore vero non confonde, non ferisce, non controlla. Ti fa sentire libero e al sicuro».