Campi Liberi

lunedì 22 Settembre, 2025

Giorgia Proietti: «L’Alzheimer si argina con un’alleanza tra scienza e discipline umanistiche: serve anche la musica»

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L'Università di Trento dedica una giornata per combattere la «memoria fragile» : incontri scientifici e performance artistiche aperti al pubblico

La memoria non è solo un archivio di ricordi, ma orienta i nostri gesti, dà senso al linguaggio e ci tiene ancorati al mondo. Quando si incrina, si incrina anche il nostro rapporto con la realtà. Quando scienza e arte si incontrano, nascono occasioni per dare nuovo spessore alla riflessione e cercare risposte a temi tanto complessi. «Lims 4 Alzheimer» sarà una giornata che l’Università di Trento dedica a esplorare la memoria e le sue fragilità, per mostrarne l’impatto sulla nostra vita quotidiana e aprire un dialogo tra ricerca scientifica e studi umanistici.
L’iniziativa è promossa dal Lims – Laboratorio Interdipartimentale Memoria e Società del Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Ateneo trentino, in collaborazione con il Comune di Trento e l’Apsp Casa Civica – Centro Diurno Alzheimer.

L’evento è in programma martedì 23 a Palazzo Prodi (via Tommaso Gar 14) e si articola in due momenti. Si inizia alle 10 con il workshop scientifico «Memorie difettose. Prospettive multidisciplinari» in aula Piscopia, che esplorerà disordini e disfunzioni della memoria in una prospettiva diacronica ampia, dall’antichità al presente. La chiusura è in programma alle 18 con il concerto-spettacolo «Attraverso i tuoi occhi» di e con Giovanni Dallapé, nell’auditorium di Palazzo Prodi. La performance sarà preceduta dai saluti istituzionali del rettore Flavio Deflorian e del direttore del Dipartimento Massimiliano Bampi. Interverranno anche Maria Micaela Coppola (Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive), Giorgia Caldini, coordinatrice del Centro Alzheimer, e Mariaserena Zendri, referente del servizio welfare e coesione sociale del Comune di Trento. Organizzatrice e responsabile scientifica dell’iniziativa è Giorgia Proietti (Unitn), con la collaborazione di Thomas van de Putte (King’s College London).

Professoressa Proietti, settembre è il mese mondiale dell’Alzheimer e il 21 è la Giornata Mondiale. Quanto è importante legare questo evento universitario a un momento internazionale di sensibilizzazione?
«L’idea è nata dopo l’incontro con Giovanni Dallapé, cantautore e musicoterapista che lavora al Centro Alzheimer. Mi ha raccontato alcune sue esperienze con le persone affette da demenza, in cui molti pazienti, pur non riconoscendo più i familiari, reagiscono emotivamente alle canzoni dell’infanzia. La musica per loro non è solo un oggetto di memoria – ricordano i brani – ma diventa un input che innesca altri ricordi autobiografici».

Che cosa le ha fatto capire quell’esperienza sul valore della memoria e sul ruolo che può avere nella vita delle persone, anche quando è fragile?
«Per me è stata la prova che la memoria culturale può restare viva anche quando quella organica è compromessa dalla malattia. Da qui la volontà di unire la ricerca scientifica e umanistica con un’azione di sensibilizzazione pubblica, perché la memoria governa moltissime facoltà che ci permettono di stare al mondo. Penso all’orientamento nello spazio e nel tempo, e poi linguaggio, capacità di esprimere emozioni e disagio. Quando viene meno, non perdiamo solo il ricordo, ma anche il legame con il mondo».

Nel workshop «Memorie difettose. Prospettive multidisciplinari» affronterete la memoria e le sue disfunzioni da prospettive diverse, dalla medicina alla letteratura. Che cosa si aspetta da questo dialogo interdisciplinare?
«Mi aspetto che il tema diventi oggetto di scambio autentico tra discipline diverse. Per me è questo il senso degli studi umanistici: provare a comprendere meglio come funzionano le facoltà che ci permettono di stare al mondo. Il workshop sarà un momento partecipativo, non una lezione frontale, organizzato attorno a un grande tavolo, i materiali saranno diffusi in anticipo, offrendo così la possibilità a studenti e docenti di confrontarsi liberamente. Ho voluto evitare l’impostazione di un convegno classico, per stimolare un confronto senza gerarchie e la partecipazione attiva. Per me è importante che i giovani trovino un senso concreto ai loro studi e possano comprendere quanto il tema della memoria li riguardi da vicino».

La giornata sarà strutturata in due sessioni complementari e sarà il tempo a dettare il ritmo.
«Per me, studiosa di memoria, il tempo c’entra sempre. Così abbiamo pensato di proporre un excursus temporale, partendo dalla Grecia antica per proseguire con la tradizione ebraica e il medioevo. La seconda sezione esplorerà invece la modernità e il contemporaneo, dalla cultura vittoriana inglese alla psichiatria fenomenologica del Novecento, fino alla memoria traumatica di civili e veterani della Prima guerra mondiale, alle rappresentazioni narrative e culturali della demenza. Concluderemo con gli studi contemporanei sulla correlazione tra memoria ed empatia. È una prospettiva diacronica che accosta antico e moderno per mostrare come la memoria sia sempre stata al centro dell’esperienza umana».

Lo spettacolo di Giovanni Dallapé è parte integrante dell’iniziativa. Che cosa vedrà il pubblico?
«“Attraverso i tuoi occhi” è stato pensato come un’esperienza immersiva. L’auditorium sarà completamente buio, sul palco ci saranno soltanto il pianoforte e la voce recitante, illuminati da due fasci di luce. Il pubblico vivrà la prospettiva di Marco, il protagonista, che fatica a riconoscere la moglie e a esprimerle il suo affetto. Con scenografie ridotte all’essenziale, solo suoni e parole, lo spettacolo fa immedesimare lo spettatore nella percezione disorientata di chi vive con l’Alzheimer. Non racconta solo la malattia, ma anche la relazione affettiva e la quotidianità, e invita a costruire comunità più accoglienti per chi convive con la demenza. È un’esperienza che lascia il segno, chi lo ha già visto mi ha raccontato che si esce con la pelle d’oca, perché non ci sono distrazioni e si è completamente immersi in quella visione del mondo».

Secondo l’ultimo rapporto Aima-Censis, i malati e i caregiver restano i «grandi dimenticati» della salute pubblica. Crede che la divulgazione culturale, come quella che fate con il Lims, possa contribuire a cambiare questa percezione?
«Sì, parlarne è fondamentale per spingere la sanità pubblica a prendersi davvero carico di questo problema. Oggi i percorsi di accesso ai servizi sono lunghi e complessi e spesso si riesce ad avere un posto in un centro diurno solo per i casi più gravi. Nel frattempo l’assistenza resta a carico delle famiglie, che vivono un peso enorme. È un tema che riguarda tutta la società, visto che le diagnosi precoci sono sempre più frequenti e coinvolgono anche persone non anziane. Serve un cambiamento culturale e credo che la divulgazione – unita a esperienze come questo workshop e lo spettacolo – sia il primo passo per abbattere lo stigma e restituire dignità a chi vive con la malattia».