l'intervista

venerdì 6 Giugno, 2025

Oggi la festa del sacrificio per 34mila musulmani in Trentino, Wissal: «Vi racconto il mio Eid tra studio, lavoro e famiglia»

di

Wissal Bandak, 26 anni, è nata in Marocco e ora studia a Bologna. Rientrerà in Regione per festeggiare con i genitori: «L'Italia non è obbligata a riconoscere queste ricorrenze»

Ricorre oggi Eid al-Adha, una delle due festività principali dell’islam che ricorda il momento in cui Abramo fu disposto a sacrificare il figlio Ismaele come prova di devozione a Dio. Tra i 34mila musulmani in Provincia di Trento che festeggeranno c’è anche Wissal Bandak, 26 anni, nata in Marocco ma cresciuta a Borgo Valsugana. Oggi vive a Bologna dove lavora per mantenersi e studia per diventare Assistente di Studio Odontoiatrico presso il centro di formazione Irecoop. La giovane studentessa rientrerà in Trentino per festeggiare la ricorrenza assieme ai genitori.
Wissal, cosa è Eid al-Adha?
«È una delle due principali festività islamiche assieme a Eid al Fiter (la fine del Ramadan ndr) conosciuta anche come festa del sacrificio che viene celebrata il decimo giorno del mese di Duhijja, ovvero, l’ultimo mese del calendario islamico. È la festa che ricorda la prova di fede davanti alla quale fu messo il profeta Abramo che fu disposto a sacrificare suo figlio Ismaele per Dio. Quando Abramo mise il coltello sulla sua gola, Dio lo fermò e gli fece sacrificare un montone al suo posto».
E per lei che cose significa?
«Per me sia Eid el-Fitr che Eid el-Adha hanno un grandissimo valore religioso e spirituale e sono momenti importantissimi per ogni musulmano perché aiutano a rafforzare la propria fede, a sentirsi più vicini ad Allah. Ci insegnano ad essere generosi aiutando i poveri, a pregare Dio e ringraziarlo per tutto ciò che abbiamo. Inoltre, sono occasioni di grande socialità che ci permettono di riunirci con i parenti e gli amici che non vediamo da tanto tempo».
Che sapore hanno queste ricorrenze religiose in un paese che non è musulmano?
«Credo che la differenza si senta di più quando arriva la festa del sacrificio, perché rispetto a quella di fine Ramadan in quest’ultima si deve comprare il montone e lo si sacrifica davanti a casa. Ovviamente in Italia che non è possibile farlo, quindi si ordina la carne in una delle macellerie halal. In Marocco la festa di Eid al-Adha è una festa nazionale, di conseguenza scuole, negozi, uffici sono chiusi e tutti festeggiano questa giornata. In Italia se la festa non cade nel weekend siamo a scuola oppure a lavorare. In generale, l’atmosfera nei paesi islamici è magica: si sente il profumo del cibo e della carne cucinata per le strade, la gioia che pervade tutte le case».
Sono state molte le polemiche che hanno riguardato le festività musulmane. Crede che l’Italia o il Trentino potrebbe fare di più per venire incontro alle esigenze della popolazione musulmana?
«Credo che riconoscere queste festività, magari permettendo a studenti e lavoratori di rimanere a casa durante queste giornate, sarebbe un grande atto di rispetto e un passo verso una vera integrazione. D’altronde si tratta di due giorni all’anno. Però è anche vero che non essendo un paese islamico, l’Italia non è obbligata a riconoscere queste ricorrenze».
Quest’anno Eid cadrà di venerdì, un giorno lavorativo. Lei cosa farà?
«Gran parte dei musulmani sarà al lavoro o a lezione; quindi, penso che tanti si riuniranno il sabato o la domenica per festeggiarlo. Io personalmente, vivendo da sola a Bologna, ho già festeggiato Eid al- Fitr lontana dai miei cari ed è stato brutto. Così ho deciso di saltare le lezioni ed ho chiesto un permesso da lavoro per passare il weekend insieme ai miei genitori a Trento. Sarò ripetitiva, ma sono solo due festività all’anno ed è un peccato perdere questi momenti da condividere in famiglia».
Crede che le seconde generazioni stiano perdendo contatto con la fede?
«È una domanda soggettiva che varia da persona a persona e dal contesto famigliare in cui vive. Credo che la religione sia una parte molto importante nella fase dell’educazione. I genitori possono trasmetterla ai propri figli insegnando loro le festività e il loro significato. Ma anche cercando di coinvolgerli nei preparativi della festa, nelle donazioni ai poveri, nelle preghiere a casa e in moschea. In generale, noto che molti giovani mantengono la propria fede e le proprie usanze religiose nonostante le difficoltà che si riscontrano per praticarle. Altri, invece, non danno nemmeno valore a queste festività».