La celebrazione
lunedì 25 Dicembre, 2023
Natale, monsignor Tisi: «Sognare di essere invulnerabili è il male dei mali, non consegniamo la vita all’influencer»
di Redazione
L'omelia in Cattedrale: «Finché non percepiamo la tragicità di quest'illusione non si può costruire un mondo che possa fregiarsi del titolo di umano. Accogliere l’altro nella vita è liberazione dall’ossessione di sé»
«Natale racconta non solo un Dio che ama, ma un Dio che si lascia amare. E chi non si lascia amare, in realtà non ama nessuno». È un passaggio dell’omelia dell’arcivescovo di Trento Lauro Tisi nel solenne pontificale di Natale in cattedrale. La celebrazione, iniziata alle 10 di oggi, 25 dicembre, è stata animata dalla Cappella musicale del Duomo, ed è andata in onda in streaming sul canale YouTube della Diocesi, su Telepace Trento e Trentino Tv.
Monsignor Tisi ha esordito citando le parole di speranza di Etty Hillesum, vittima dell’Olocausto, capace di «vedere – ha detto – anche nel posto più indicibile come un campo di concentramento, uno spiraglio di luce».
«Il volto di Dio che si fa Bambino, piccolo, fragile, vulnerabile – ancora le parole di don Lauro – è lo spicchio di cielo che può squarciare le tenebre di quest’ora drammatica».
«La sua vulnerabilità, la sua fragilità, incredibilmente è forza, è vita» ha argomentato l’Arcivescovo riprendendo il «fotogramma evangelico» con le parole dell’angelo ai pastori: “Questo per voi il segno: troverete un bambino, avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”.
Il fatto di «non accettare la vulnerabilità, sognare di essere invulnerabili è il male dei mali. Finché non percepiamo la tragicità di questa illusione non è possibile costruire un mondo che possa fregiarsi del titolo di umano. Frequentare l’altro, lasciarsi incontrare, impedisce al morso della solitudine, dell’aggressività e talora della violenza di diventare il nostro habitat – ha sottolineato monsignor Tisi, annunciando che – Egli ci salva dalla paura che il far posto all’altro, accreditarlo, porti alla rovina di noi stessi. Grazie al Dio di Betlemme abbiamo la possibilità di fare esperienza che lasciare entrare ed accogliere l’altro nella vita è beatitudine, antidoto alla morte, liberazione dall’ossessione di sé». E ha proseguito: «Non consegniamo la vita all’influencer: viviamo il sogno della performance che però chiude gli occhi e ti impedisce di vedere gli altri e la diversità».
«Da dove, allora, fiorisce la speranza?», si è interrogato infine don Lauro. «Dalla disponibilità – è la risposta alla luce del Vangelo – a lasciarsi avvolgere in fasce. Dal riconoscere il bisogno viscerale di essere amati».
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