L'editoriale

martedì 19 Agosto, 2025

Scuola e carenze, la terza via

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Un anno fa sembrava che la questione delle carenze nel sistema di valutazione della scuola trentina fosse un’emergenza indifferibile. Oggi, è sparita dai radar

Un precoce rientro dalle vacanze, dopo ferragosto, impegna nelle scuole superiori di tutto il Paese insegnanti e studenti alle prese con gli esami di ripetizione, e prima i relativi corsi di recupero, da concludere entro fine agosto. Salvo che in Trentino, dove il recupero delle carenze sarà verificato a partire da settembre ma non alzerà il tasso dei bocciati. Un anno fa sembrava che la questione delle carenze nel sistema di valutazione della scuola trentina fosse un’emergenza indifferibile. Da un anno non se ne parla più, oscurata dai più recenti casi del minacciato prolungamento estivo della scuola primaria e dai problemi del liceo Prati.

 

Resta il fatto che la discussione che sembrava esiziale per la scuola trentina è sparita dai radar. L’assessorato istituì un anno e mezzo fa una commissione di dirigenti, a cui ebbi l’onore di partecipare, che lavorò intensamente e produsse ben due documenti conclusivi, a distanza di un anno ancora non resi pubblici, e sulle cui conclusioni quindi, per dovere di riserbo, non mi pronuncerò, fino a che non sarà l’assessorato a ufficializzare i due documenti. Varrebbe la pena, proprio grazie alla tregua delle polemiche di principio contro il sistema delle carenze, dedicare un po’ di attenzione a raccogliere e comparare i dati recenti e meno recenti relativi agli insuccessi formativi e alle fragilità, magari auspicando che chi ha strumenti di indagine scientificamente attendibili nell’università o negli enti di ricerca, faccia oggetto di qualche ricerca sistematica gli esiti del sistema trentino.

 

Abbiamo appena letto i dati delle prove Invalsi del 2025, e i relativi commenti di osservatori ed esperti che sostanzialmente concordano nel rilevare in tutta Italia un andamento di lieve peggioramento dei risultati nelle scuole superiori. Eppure sulle scuole italiane sono arrivati negli ultimi tre anni eccezionali risorse Pnrr dedicate al recupero degli studenti più fragili, al rafforzamento delle competenze Stem e linguistiche. Di queste risorse ben 1250 milioni sono stati dedicati nelle medie e superiori a interventi diretti sugli studenti per la lotta contro fragilità, apprendimenti carenti e dispersione. Come è possibile che di fronte al dispiego di queste enormi energie sia finanziarie sia gestionali e organizzative non si sia notato un significativo beneficio?

 

In Trentino 18 scuole sono state interessate alla prima fase per una assegnazione totale di 4.470.540 euro. Nella seconda fase tutte le scuole superiori e medie sono state finanziate. Nel microcosmo della mia scuola sono stati prodotti più di 600 attestati di conclusione dei percorsi, fra medie e superiori. Di questi percorsi più di 300 sono consistiti in una serie di incontri a tu per tu fra lo studente e un esperto, focalizzati su motivazione, metodo di studio, orientamento. Quali gli esiti di questo imponente sforzo? In effetti quest’anno la diminuzione delle carenze, nel caso della nostra scuola, è importante, e si aggira su una riduzione del 45% rispetto all’anno precedente. Però il campione è troppo ristretto perché questi dati abbiano una valenza statistica: basti dire che l’anno scorso più di un terzo delle carenze alle nostre superiori era stato assegnato da due professori su 50. Sui piccoli numeri a produrre un picco o una caduta dei valori basta il trasferimento di qualche docente (magari questo dato dovrebbe aprire una questione ulteriore, su quale responsabilità abbiano sui risultati degli alunni l’efficacia e la preparazione degli insegnanti…).

 

Però il dato di una scuola marginale e di piccole dimensioni come la nostra, pur non predittivo dell’andamento generale, può suscitare la curiosità di indagare sul fenomeno a livello provinciale. A livello nazionale i risultati Invalsi usciti a luglio 2025 sono stati decisamente deludenti soprattutto per l’incremento dei numeri sotto il livello ritenuto accettabile, che è proprio quello delle fragilità su cui doveva operare il progetto sulla riduzione dei divari e contrasto alla dispersione. Sarebbe interessante, prima di riaccendere le bocche da fuoco retoriche delle contrapposizioni di principio sulle carenze, avere informazioni sugli esiti dei progetti Pnrr sulle scuole trentine, non semplicemente riferite ai numeri dei partecipanti, ma a eventuali cambiamenti rafforzativi negli apprendimenti. Accompagnare gli studenti in difficoltà con azioni di presa in carico uno a uno funziona? I piccoli gruppi impegnati in percorsi laboratoriali, il lavoro di condivisione con le famiglie, le didattiche più operative e divertenti hanno dato frutto in questa esperienza molto limitata nel tempo che le risorse europee hanno permesso? Se ci fosse qualche riscontro varrebbe la pena concentrare risorse sulla prosecuzione, finanziata dalla Provincia, di quel tipo di presa in carico fortemente personalizzata, magari depurando le azioni dal carico della pesantissima sovrastruttura burocratica tipica del Pnrr e lasciando alle scuole la decisione sui tempi e sulle modalità di attuazione. Se non fosse per lo scopo di far maturare il nostro approccio e le nostre metodologie un investimento che dura due anni e poi finisce nel nulla non avrebbe senso. La sensazione di una macchina provinciale che continuava a proporre progetti alle scuole come se il Pnrr navigasse su un binario parallelo a carico esclusivo dei singoli istituti a volte si è affacciata. Invece sarebbe stato utilissimo come traino per le politiche scolastiche e come stimolo alla messa a sistema di troppi interventi sparsi e scorrelati. Se invece la piena di risorse e l’ingente fatica realizzativa non hanno lasciato tracce bisogna assolutamente chiedersi quali siano i problemi strutturali che condizionano il costante peggioramento dei nostri studenti.

 

La polemica abbastanza stantia sulle carenze versus esami di riparazione, modello trentino versus modello resto d’Italia non è il confronto fra due soluzioni, ma fra due mali minori: bisogna trovare una terza via che articoli i percorsi in modo diversificato e personalizzato, che non consideri la classe come un plotone che deve marciare compatto. Rispettare i tempi, gli interessi e la motivazione degli studenti articolando percorsi base e percorsi potenziati, integrando discipline opzionali e obbligatorie, includendo i bisogni educativi speciali e valorizzando le eccellenze richiede una revisione profonda degli assetti dell’istruzione.

 

Il fatto che sulle carenze sia caduto un velo di distrazione non significa che non sia urgente aprire una discussione concreta e costruttiva, andando alla radice dei problemi. I problemi non scompaiono quando ci si stufa delle polemiche, ma quando vengono risolti.

 

*Dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo del Primiero