L'intervista
mercoledì 29 Ottobre, 2025
Rovereto, l’appello del neopresidente Trainotti: «Tutti i roveretani dovrebbero iscriversi alla Sat»
di Anna Maria Eccli
La sezione cittadina cura 150 chilometri di sentieri. «Facciamo tutto per amore del territorio»
Da qualche tempo la sezione roveretana della Sat ha un nuovo presidente, Valentino Trainotti. Roveretano, classe 1962, 40 anni trascorsi nel campo della finanza, innata capacità di guardare oltre i numeri. Figlio d’una cultura oratoriale improntata a senso di responsabilità e di impegno (ricorda con piacere gli anni trascorsi a calciare palloni nell’oratorio di San Rocco), oggi ha trovato nel volontariato la dimensione giusta in cui ritrovarsi. Il ruolo di capofila della sezione Sat cittadina, in fondo, continua a dare ossigeno allo stesso senso di comunità che lo ha sorretto prima nel lavoro di responsabile dell’area affari della Cassa Rurale, poi in quello di direttore generale nella Banca di credito cooperativo di Verona. Dimessosi dal mondo della finanza, fatte laureare due figlie e tornato a Rovereto al fianco della moglie Paola Pallaver, per tanti anni medico del pronto soccorso, è vicepresidente dell’associazione romana Seniores Bcc, che aiuta a crescere start up, piccole cooperative e imprese sociali. È volontario di Trentino solidale, del Cedas della Caritas e mentore in supporto di scolari delle elementari e medie per l’associazione ConCura di Trento. In Sat è determinato a proteggere e valorizzazione le potenzialità d’un territorio che ama profondamente, tanto da farsi assumere dai propri affittuari e andare a vendemmiare nella campagna ereditata dagli avi, ai piedi del santuario di San Valentino, zona Marani d’Ala: «I nostri nonni per comprarla hanno fatto tanta fatica, non potrò mai venir meno alla promessa di non venderla».
Trainotti, perché ha scelto un lavoro in banca?
«Non è stata una vera scelta; al tempo le banche nazionali selezionavano neo assunti contattando gli istituti superiori. Mi iscrissi all’Università rinviando il militare e iniziai a lavorare per il Credito italiano. Non sapevo nemmeno cosa fosse. Fu una grande scuola. Non mi assunsero come sportellista, mi spedirono subito a Lesmo, vicino a Monza, per un corso di formazione di quattro mesi. Acquisii una grande professionalità, che poi spesi passando all’area affari della Cassa Rurale di Rovereto, ma…».
Ma?
«Mi sono sempre considerato un artigiano del credito, non desideravo essere un ingranaggio; alla fine degli anni ’90 colsi l’opportunità di fare il direttore commerciale della Banca di Credito cooperativo di Verona. A 41 anni diventai direttore generale, ruolo che mi permetteva di vedere la banca a 360 gradi. Sentivo la responsabilità di far crescere il territorio attraverso la mia attività e questo era ciò che mi piaceva fare. Nel 2016, però, avvenne una sorta di cortocircuito: la legge Renzi riformò il credito cooperativo costringendo banche nate senza finalità di lucro a fusioni, mettendo una spa per capogruppo. A quel punto il direttore artigiano non era più adeguato. Nuove logiche del gruppo, nuove regole del gioco e io decisi di rimettermi in gioco non più come bancario: c’è un detto che recita: “molla quanto sei in testa”».
Quindi, cosa fa oggi?
«Mi dedico ad attività no profit e come coloro che operano nel volontariato sento la necessità di essere utile in modo disinteressato».
E della Sat, cosa pensa?
«Che sia la quintessenza dell’amore per la montagna, presidia stabilmente il territorio con i propri volontari. La nostra sezione cura una rete di 150 chilometri di sentieri, gli accessi a Finonchio, Zugna, Pasubio, Stivo… Gestisce i rifugi Filzi e Lancia, veri presidi di sicurezza, educa, accompagna nelle escursioni, organizza eventi per sviluppare una cultura della montagna. Ha più di 1.200 soci, per il 40 per cento donne, quasi il 30 per cento giovani under 35. Penso che ogni cittadino dovrebbe farsi socio Sat, anche se non va in montagna, per amore del proprio territorio, per non affievolire l’identità alpina di Rovereto, città che è tutt’uno con le sue montagne. Sat, poi, significa scuola, corsi di arrampicata, sci alpinismo, gruppo speleologico Emilio Roner, uno dei più antichi d’Italia, che si occupa anche del catasto delle cavità provinciali e che compirà 100 anni nel 2027. La Sat organizza escursioni settimanali a vari livelli, trekking in Sardegna, in Namibia… tanti eventi culturali, film, mostre, presentazioni di libri, collaborazioni con altre associazioni».
Un sogno per questo suo triennio di presidenza?
«Mi piacerebbe che a supportare il lavoro della Società sia anche il volontariato d’impresa delle aziende; avrebbero un bel ritorno d’immagine. Le figure imprenditoriali che creano valore economico sono fondamentali per volontariato e associazionismo. Nella grande tradizione imprenditoriale roveretana abbiamo avuto soci Sat come Amedeo Costa, il padre del Festival della montagna, fondatore del Rifugio Lancia. Io sento la responsabilità di essere fedele alla tradizione, ma vorrei anche riuscire, con la squadra del Consiglio direttivo, a rispondere a quella che considero la minaccia principale per il patrimonio satino: il rischio di uno squilibrio generazionale. Vorrei coinvolgere attivamente e con costanza i giovani, dando loro responsabilità anche per preparare la futura governance».
Anche questo è fare impresa, in modo visionario.
«Fare impresa significa porre attenzione non solo al benessere personale, ma anche a quello sociale; è una prospettiva che affonda le radici nell’humus locale e questa è una questione oggi venuta meno: in zona industriale ci sono forse troppe aziende che appartengono a gruppi con “la testa” altrove».
Lei segue anche alcune startup, pensa che la scuola formi figure adeguate?
«Sicuramente il Trentino è privilegiato, con l’università da una parte e le scuole professionali dall’altra, esprime professionalità e figure di ricercatori e professori di livello. Ma in quanto a ricaduta economica sul territorio c’è ancora molto da migliorare».
Cosa manca?
«Una prospettiva diversa: bisogna capire che il traino economico è sempre più fornito da aziende di una certa dimensione, in grado di investire in innovazione e ricerca».
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