La sentenza
mercoledì 6 Agosto, 2025
Residenza Fersina, nove anni totali per il tentato omicidio
di Benedetta Centin
La lite era nata per un cappellino. Stessa pena per l'accoltellatore , che era fuggito in Veneto, e il suo complice

La mano che ha affondato il coltello alla gola del 29enne ospite della residenza Fersina, poco più di un anno fa, il 5 giugno 2024, è stata di un solo uomo. Eppure il giudice ha inflitto la stessa pena — nonostante la Procura abbia sollecitato l’assoluzione — anche al connazionale accusato di supporto morale, colui che tra l’altro aveva innescato la lite e la colluttazione per un cappellino da pochi euro e che nella fuga aveva scagliato sassi contro la vittima. Quattro anni e otto mesi la pena inflitta ieri dal giudice per l’udienza preliminare Gianmarco Giua a ciascuno dei due imputati, cittadini marocchini irregolari di 24 e 33 anni, entrambi con precedenti.
Dovevano rispondere di tentato omicidio aggravato (dai futili motivi) in concorso. Il primo, identificato come l’accoltellatore e ancora in carcere, assistito dall’avvocato Giampaolo Cazzola, aveva scelto la strada del patteggiamento. Ha chiesto e ottenuto invece di essere processato con rito abbreviato che gli ha concesso lo sconto di un terzo della pena il secondo, difeso dall’avvocata Katia Finotti. La legale in aula ha cercato di provare che da parte del suo cliente non c’era stato alcun tipo di istigazione all’atto di violenza, all’uso del coltello. Anche per la Procura era da assolvere, ma l’accusa è rimasta e la sentenza è stata di condanna.
Quella sera del 5 giugno di un anno fa nella residenza di via al Desert a Trento che accoglie richiedenti asilo la lite finita nel sangue era scattata per un cappellino. Da quanto ricostruito il 33enne aveva proposto alla vittima di comprarne uno per 15 euro ma il mancato accordo sul pagamento aveva fatto scattare uno scontro, verbale, fisico. Allora era stato il più giovane a scagliare il fendente che aveva sfregiato il viso del connazionale di 29 anni, arrivando alla base del collo. E lo aveva colpito anche all’altezza della spalla. Il 33enne aveva invece tirato dei sassi verso il ferito per poi andarsi a nascondere all’interno della Fersina di cui era ospite, seguito dal complice.
La vittima allora aveva rischiato seriamente di morire: ne sono convinti i medici. A salvarlo solo il tempestivo intervento degli operatori sanitari sul posto e l’operazione d’urgenza a cui era stato sottoposto una volta arrivato al Santa Chiara. Ospedale da cui il 29enne se n’era andato il giorno dopo, contro il volere dei medici, per presentarsi di nuovo nella struttura di via Desert di cui era ospite, accompagnato da un gruppo di connazionali per farsi giustizia da solo, contro il suo aggressore, che non aveva però più trovato. Mentre infatti il 33enne era stato arrestato — ma fu scarcerato a distanza di poche ore proprio in quanto non aggressore materiale — il 24enne era fuggito in Veneto, nel Veronese, dove era stato rintracciato due mesi dopo e portato in carcere. Ieri la chiusura del procedimento penale con 9 anni e mezzo totali di pene.