la ricerca

domenica 28 Settembre, 2025

Malessere psicologico: studenti universitari in lotta con ansia da voto e solitudine. Le ragazze sono più esposte

di

Tra i principali fattori di rischio emergono: autonomia, autoefficacia e relazioni; insieme al nervosismo da prestazione, alla sensibilità agli stimoli ambientali e alla percezione di squilibrio tra impegno e risultati

Ansia, solitudine e malessere psicologico non riguardano solo la vita universitaria. Per molti studenti la vita accademica non è solo studio e nuove opportunità, ma anche fatica e fragilità psicologica. Difficoltà che non nascono improvvisamente con l’università ma che affondano le radici già durante le scuole superiori, se non prima, accompagnando i ragazzi nel passaggio all’età adulta. Un tema sempre più urgente, su cui gli esperti sottolineano l’importanza di intervenire fin dalla più tenera età. Al centro di tutto c’è infatti il benessere, che si costruisce sin dall’infanzia. Se n’è discusso sabato mattina nell’aula magna del Dipartimento di Scienze Cognitive di Rovereto, durante la seconda giornata del convegno “Oltre lo studio: parole, sport, benessere”, organizzato dal Servizio di Consulenza Psicologica dell’Università di Trento.

La mattinata è iniziata con la presentazione del progetto “Pro-Bene-Comune”, condotto tra gli studenti dell’Università di Trento, con relatori Micol Gemignani e Giulio Bertamini (Università Sorbona di Parigi). Uno studio, ancora in corso e sostenuto dal Ministero dell’Università e della Ricerca, che ha coinvolto 329 studenti italiani tra corsi triennali, magistrali, a ciclo unico e dottorandi, con l’obiettivo di analizzare come i giovani vivono il proprio benessere psicologico e quali fattori rappresentano rischio o protezione.

I dati preliminari mostrano differenze significative tra ragazzi e ragazze. Le studentesse risultano più esposte all’ansia, soprattutto tra chi frequenta corsi triennali o a ciclo unico e tra chi ottiene voti mediamente alti. E ancora, lo stesso accade per la depressione, colpisce con maggiore frequenza sempre le ragazze, ma in particolare chi registra una media voti più bassa. A incidere non sono solo i risultati accademici. Tra i principali fattori di rischio emergono bassa soddisfazione dei bisogni psicologici fondamentali: autonomia, autoefficacia e relazioni; insieme al nervosismo da prestazione, alla sensibilità agli stimoli ambientali e alla percezione di squilibrio tra impegno e risultati.

D’altra parte, fattori protettivi come sentirsi autonomi, percepire una buona autoefficacia, avere relazioni significative e accettare positivamente il proprio corpo aiutano a ridurre ansia e depressione. Per supportare concretamente gli studenti, l’Università propone un servizio di counseling che, attraverso interventi brevi e mirati, si dimostra efficace nel ridurre questi disagi, adattandosi alle diverse esigenze di chi vi accede.

Le vulnerabilità dei giovani non nascono solo nel contesto universitario. A sottolinearlo è stata Laura Ferrari, Dirigente Medico e responsabile della struttura di promozione della salute dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari (Apss), durante l’intervento “Salute mentale, benessere psichico e stili di vita nei giovani trentini”, basato sui dati dell’Osservatorio Epidemiologico Apss. Tra gli adolescenti trentini dai 11 ai 17 anni, il 62 per cento è soddisfatto della propria vita quotidiana, ma il dato diminuisce con l’età. Le ragazze risultano più vulnerabili dei ragazzi: il 25 per cento delle studentesse delle scuole superiori si sente spesso sola, contro l’8 per cento dei coetanei maschi. I sintomi depressivi riguardano 1 ragazza su 2 a partire dai 15 anni, mentre tra i ragazzi la percentuale resta più contenuta. Anche la percezione della salute segue la stessa tendenza: eccellente per il 40 per cento dei ragazzi, contro il 27 per cento delle ragazze. Stress, ansia e malessere aumentano progressivamente anche tra il primo e il quarto anno delle scuole superiori, evidenziando la necessità di interventi precoci e mirati. Ecco, quindi, come il sentirsi sostenuti, soprattutto dagli insegnanti, ha un impatto più significativo sul benessere psicologico dei giovani. Intervenire precocemente potrebbe essere la chiave per ridurre in futuro il numero di chi soffre.