domenica 5 Ottobre, 2025
Lupi, la protesta degli allevatori della Valsugana in piazza Dante: «Più potere alla Provincia»
di Massimiliano Moser
In decine con striscioni, campanelli e immagini di pecore, capre e asini predati. Chiesti interventi di contenimento: «Porteremo le nostre ragioni a Roma, deve diventare un caso nazionale»

«Vogliamo preservare le nostre montagne difendendo il diritto di portare gli animali al pascolo senza correre il rischio di trovarli sbranati».
Decine di allevatori della Valsugana e non si sono ritrovati ieri mattina davanti al Palazzo della Regione di Trento, per chiedere alla Provincia e a Roma misure più severe contro i grandi carnivori, e quindi garantire la sicurezza per gli animali di allevamento in Valsugana. L’organizzatore Danilo Perin aveva detto, alla passata protesta di Ospedaletto, che se non si fosse mosso nulla sul tema, la protesta sarebbe arrivata fino a Trento. La presenza dei grandi carnivori è in aumento in Valsugana, e il clima sta diventando sempre più teso in alcune valli.
Maurizio Fugatti due giorni fa è stato molto netto durante l’incontro a Castel Ivano assieme alla Giunta e al sindaco Alberto Vesco: «La questione lupi in Valsugana è un problema di pubblica sicurezza, non si può aspettare un attacco all’uomo per agire »(Il T di ieri).
L’evento in Piazza Dante fa seguito a precedenti manifestazioni e mira a sensibilizzare sulla percezione di insicurezza e sui danni economici causati dai grandi carnivori: l’obiettivo è chiedere abbattimenti immediati di orsi (non presenti però in Valsugana) e lupi problematici, proteggendo le tradizioni e i pascoli minacciati dai grandi carnivori.
Una recente predazione mortale è avvenuta a Scurelle, con un’asina di nome Maia sbranata dai lupi. Maia, spiega Perin, era un’asina spesso cavalcata dai bambini, dolce e buona. Terribile la scena presentatasi al momento del suo ritrovamento dopo l’attacco subito dai lupi. Un altro asino è stato vittima di un attacco a Samone, sempre in Valsugana, con l’animale gravemente ferito alla parte posteriore e a una gamba.
La protesta si inserisce in un dibattito più ampio sulla gestione della fauna selvatica e la coesistenza tra residenti e animali.
«Deve finire questo schifo – tuona Perin – altrimenti il popolo si arrangia. Però vi chiedo di essere compatti, io da solo non posso fare nulla, non sono nessuno. Aiutiamoci per favore, stiamo perdendo il nostro Trentino».
Striscioni, campanelli, proteste, e decine di allevatori che sventolavano immagini di pecore, capre, e asini sventrati dai lupi, esperienze che o hanno vissuto in prima persona, o hanno vissuto indirettamente da qualche altro allevatore.
«Il governo dia piena autonomia al nostro Presidente e alla Provincia per l’abbattimento – aggiunge Perin – qualche giorno fa quattro capre in mezzo alle case di Castel Ivano sono state sbranate, la soluzione può essere soltanto contenere il numero di lupi. Dobbiamo raggiungere un equilibrio come per cervi, caprioli e cinghiali, se il lupo lo tieni sotto controllo non dà problemi; se è libero il lupo fa il lupo. Avevamo in programma di andare a Roma, ci muoveremo per farlo per ampliare la nostra protesta anche a livello nazionale».
Nel 2025 il Parlamento e il Consiglio dell’Ue hanno approvato una modifica della Direttiva Habitat che riduce lo status di protezione del lupo da «rigorosamente protetto» a «protetto». Questa decisione è motivata dalla crescente presenza del lupo in Europa e dai conseguenti conflitti con attività umane. Gli Stati membri ora hanno maggiore flessibilità per attuare piani di gestione locale.
«A livello regionale la nostra Provincia deve compiere misure mirate – continua Perin – siamo una Provincia autonoma quindi facciamoci valere, anche perché qui il problema dei grandi carnivori è più sentito rispetto ad altre zone di Italia, servono quindi misure maggiori rispetto ai piani nazionali ed europei».
Claudio Pedron, allevatore di Mezzocorona, fa eco alle parole di Perin. «La Provincia potrebbe nominare cacciatori o gente del posto per numerare i lupi -aggiunge Pedron – finché è in mano a Ispra la conta non è reale, non sono sul posto e non hanno la percezione del pericolo. Servirebbe un conteggio anno per anno per capire il pericolo. Fino al 2007 erano i cacciatori che avevano la conta, poi è stato tolto ai cacciatori e dato a Ispra. Coinvolgere i rappresentanti delle vallate è fondamentale. Importante è quindi il controllo sul numero, e per farlo bisogna nominare persone del posto, non crediamo a Ispra e alle autorità. Ho contatti di allevatori anche in Olanda, Romania, e Slovenia, anche loro nella stessa situazione».