L'intervista
mercoledì 19 Novembre, 2025
L’ex ministro Giovannini: «Economia sommersa in aumento, l’Italia non può alzare il limite al contante a 10mila euro»
di Tommaso Di Giannantonio
L'economista avverte: l’economia sommersa è risalita al 9,2% del Pil e l’evasione da sotto-dichiarazione ha toccato 101,5 miliardi. «Con un tax gap così alto, parlare di soglia del contante a 10mila euro è prematuro»
L’ex ministro Enrico Giovannini (governi Letta e Draghi) invita a non sottovalutare l’aumento, seppur lieve, dell’economia sommersa, che in Italia è arrivata a 198 miliardi di euro nel 2023, di cui oltre 1,8 miliardi in Trentino (il T di ieri). E anche alla luce di ciò, esorta ad abbandonare l’ipotesi di estendere l’uso del contante fino a 10mila euro. «Prima miglioriamo il nostro tax gap», dice Giovannini, professore di Statistica economica all’Università di Roma Tor Vergata e già presidente della Commissione per la redazione della Relazione sull’economia non osservata del ministero dell’Economia e delle Finanze.
Il peso sul Pil dell’economia sommersa (evasione fiscale, contributiva e altro) è aumentato dal 9% nel 2021 al 9,2% nel 2023. Come interpreta questo lieve incremento?
«Ricordiamo che il 2021 e il 2022 sono stati anni di fortissima crescita economica. Purtroppo, in questo rimbalzo, sono tornati alla luce alcuni fenomeni che speravamo di non rivedere più. Il dato più preoccupante è l’incremento dell’evasione fiscale (sotto-dichiarazione): è salita dal 50,7% del totale dell’economia sommersa nel 2019 al 55,6% nel 2022, passando da 89 a 101,5 miliardi».
A cosa è dovuto?
«Se analizziamo i settori che hanno registrato un aumento dell’economia sommersa rispetto al 2020, vediamo, ad esempio, le attività immobiliari (l’incidenza è salita dal 3,9% al 4,3% sul valore aggiunto totale del settore). La buona notizia è che le costruzioni sono diminuite (dal 20,9% nel 2019 al 17,6% nel 2022). La sotto-dichiarazione non aiuta il nostro Paese a essere efficiente: se abbiamo tante imprese che fanno concorrenza evadendo, si penalizzano le imprese che si comportano correttamente».
In che modo l’evasione blocca la crescita del Paese?
«Da un lato l’evasione contributiva porta ad avere tanti lavoratori in una condizione di irregolarità: abbiamo quasi 3 milioni di lavoratori irregolari nel 2022. Sono persone che non hanno un lavoro stabile e per cui non vengono versati i contributi: in queste condizioni è difficile programmare una vita. Dall’altro lato ci sono tante imprese che, invece di puntare sull’innovazione, tendono a evadere. Non a caso, anni fa, è stata trovata una relazione chiara tra il tasso di crescita della produttività e la quota di evasione: laddove c’è maggiore evasione, c’è una crescita minore di produttività».
Negli ultimi dieci anni non si è registrata una riduzione marcata dell’evasione legata all’Irpef per il reddito di lavoro autonomo e d’impresa. Come mai?
«C’è una congiunzione di interesse tra il consumatore e il professionista o l’artigiano. È interessante notare che, a fronte di un calo dell’evasione Iva (da 32,1 miliardi nel 2018 a 29 nel 2022, grazie anche alla digitalizzazione), l’evasione del lavoro autonomo è aumentata: è passata da 35,9 a 36,9 miliardi. I dati sono eloquenti: il 59,8% del reddito da lavoro autonomo è evaso, a fronte di valori più bassi negli altri settori».
C’è un tema di pressione fiscale?
«Certamente la pressione fiscale è alta, ma sfatiamo un dato. Del 17% complessivo della propensione al tax gap (cioè la perdita di gettito fiscale, ndr), solo il 2,8% è dovuto ai mancati versamenti, mentre il 14,2% è dovuto all’omessa dichiarazione. Questo significa che non stiamo parlando dell’evasione di necessità, che può essere affrontata con rimodulazioni dei pagamenti. Gran parte del gap deriva dall’omessa dichiarazione, e questo ci dice che è un’evasione intenzionale, voluta e persistente».
In questi anni è stata intrapresa una seria lotta all’evasione?
«Sono stati fatti passi enormi. Interventi come la fatturazione elettronica obbligatoria, l’uso delle banche dati e i sistemi che segnalano al contribuente che è sotto controllo, sono evidenti. Questa è la strada giusta».
Cosa ne pensa dell’ipotesi di innalzamento del limite di pagamento in contante proposta da Fratelli d’Italia in manovra? Da 5 a 10mila euro, a fronte di un’imposta speciale di bollo di 500 euro.
«Il nuovo regolamento europeo fissa a 10mila euro il limite per le transazioni in contanti. Rispetto alla media europea, l’Italia non è messa particolarmente bene sul fronte del tax gap sull’Iva. Quindi, prima dovremmo arrivare a migliorare il nostro gap e poi possiamo discutere sull’eventuale aumento del contante. Personalmente, sin dal 2012, quando ero presidente dell’Istat, sono sempre stato favorevole a limiti bassi».
Se si riuscisse a recuperare solo un quinto dell’evasione, su cosa lo investirebbe?
«Per metà nella riduzione delle imposte e per l’altra metà per maggiori investimenti in interventi che migliorano la qualità della vita delle famiglie, come la sanità e gli asili nido, soprattutto nei confronti delle persone meno abbienti bloccate nella trappola della povertà, che non accenna a diminuire».
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