Il report
domenica 26 Ottobre, 2025
L’agonia dei ghiacciai trentini: nell’estate 2025 persi fino a due metri, Careser simbolo della crisi climatica
di Redazione
La fusione dei ghiacciai colpisce Careser, Adamello-Mandrone e La Mare: il ritiro costante del ghiaccio ridisegna paesaggi, ecosistemi e flussi idrici, confermando l’emergenza climatica alpina.
L’estate 2025 lascia dietro di sé un bilancio amaro per i ghiacciai del Trentino. Le prime valutazioni del bilancio di massa annuale, condotte da Provincia, Sat, Muse, Servizio Glaciologico Lombardo e Università di Padova, mostrano perdite comprese tra 65 centimetri e 2,10 metri di acqua equivalente: un segnale di una stagione ancora una volta sfavorevole alla conservazione del ghiaccio.
Nemmeno le nevicate estive, cadute a tratti anche abbondanti, sono riuscite a invertire la tendenza. Solo le superfici più alte, oltre i tremila metri, hanno beneficiato di un temporaneo rallentamento della fusione. A quote inferiori, invece, l’anticiclone e le ondate di calore di giugno e agosto hanno scoperto il ghiaccio vivo già a metà stagione.
Il caso Careser
Il ghiacciaio del Careser, nel gruppo dell’Ortles-Cevedale, resta il sorvegliato speciale. Le scarse precipitazioni nevose invernali e le temperature elevate hanno provocato l’affioramento del ghiaccio già a luglio. Le successive nevicate non sono bastate a compensare: la perdita media stimata è di 2,10 metri d’acqua equivalente, una delle più elevate dell’ultimo decennio.
Il Careser è il simbolo della fragilità dei ghiacciai del Trentino. Negli anni Sessanta copriva oltre due chilometri quadrati, oggi ne resta poco più di un terzo.
La Mare e Madrone
Più in alto, il ghiacciaio della Mare ha beneficiato di una protezione parziale: a 3.250 metri il ghiaccio è rimasto scoperto solo per 25 giorni, ma il calore estivo ha comunque inciso. Sopra i 3.300 metri persiste un residuo di neve invernale, segno di un equilibrio sempre più fragile. La perdita media è di 0,65 metri d’acqua equivalente, la più contenuta ma pur sempre negativa.
Sul ghiacciaio Adamello-Mandrone, invece, la situazione è più pesante: a 2.600 metri si sono misurati fino a quattro metri di ghiaccio fuso. Solo le zone più alte hanno conservato parte della neve invernale, su un’area troppo ridotta per bilanciare le perdite. Su una superficie di 13 chilometri quadrati, la perdita media è di 1,10 metri d’acqua equivalente.
Il bilancio
I dati raccolti confermano un trend ormai costante: anche i ghiacciai trentini, come l’intero arco alpino, stanno perdendo massa a un ritmo che sorprende gli stessi ricercatori. Dagli anni Cinquanta la superficie glaciale provinciale si è ridotta di oltre la metà, e molti ghiacciai minori sono ormai scomparsi. Il ritiro del ghiaccio non è solo un fenomeno paesaggistico: modifica i flussi idrici, incide sugli ecosistemi, aumenta l’instabilità dei versanti e ridisegna la morfologia dell’alta quota. Il ghiacciaio è un archivio naturale e la sua perdita racconta quanto velocemente stiamo cambiando il nostro ambiente.
Nei prossimi mesi sarà completata l’elaborazione definitiva del bilancio di massa secondo i protocolli internazionali.
Ma le tendenze sono già chiare: la linea del fronte si ritira sempre più in alto e la neve dell’inverno non basta più a ricostruire ciò che il caldo porta via.
Il Careser, la Mare, l’Adamello-Mandrone: tre storie diverse che parlano di un’unica montagna, quella che si trasforma sotto i nostri occhi. Un Trentino che, anno dopo anno, perde non solo ghiaccio, ma anche una parte della propria memoria.