TerraMadre

martedì 25 Novembre, 2025

La ricetta dell’ingegner Spinosa: «Il futuro del trasporto pubblico nelle valli? L’autobus a chiamata»

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L'esperto di pianificazione dei trasporti. «Prendere esempio dalla Svizzera. A Trento serve il tram»

Torna domani,  mercoledì 26 novembre, il forum sulla mobilità sostenibile del Comune di Trento, incentrato sul futuro del trasporto pubblico. Tra i vari ospiti ci sarà anche l’ingegnere Andrea Spinosa, esperto di infrastrutture e pianificazione dei trasporti, che approfondirà la possibile realizzazione di un tram treno nel capoluogo, oltre che le varie dinamiche che spingono le persone a utilizzare i mezzi privati a discapito di quelli pubblici.

Spinosa, in Trentino dal 2016 al 2024 per ogni nuovo abitante sono state immatricolate 6 auto (il T del 19 novembre). Perché l’utilizzo delle auto continua ad aumentare?
«Le motivazioni sono diverse. Il punto principale è che le persone percepiscono il trasporto pubblico come poco affidabile. In parte perché l’offerta non sempre risponde ai bisogni di mobilità, sia in termini di frequenze sia di qualità. Così il trasporto pubblico diventa una necessità solo per chi non ha altre disponibilità come per chi non ha l’auto oppure per chi considera il viaggio troppo costoso rispetto al proprio budget e quindi si regola sulle disponibilità dei pubblici. Questo genera segregazioni sociali. A questo si aggiungono difficoltà economiche generali: il Fondo trasporti, che copre i costi di gestione, non viene aggiornato dal 2016. Finché l’inflazione era bassa nessuno se ne accorgeva, ma con la fiammata del 2021, 2022 e 2023, dove abbiamo guadagnato un 10% di inflazione in tre anni, il peso è diventato evidente, anche perché c’è stato il caro dell’energia che ha comportato enormi difficoltà per i per i gestori. Molte amministrazioni, tra cui anche nel vostro territori, sono state costrette a tagliare servizi».

Per le amministrazioni, rafforzare il trasporto pubblico nelle valli meno abitate è poco conveniente?
«In parte è vero. Oggi però la tecnologia offre diverse soluzioni come minibus a frequenza programmata o servizi a chiamata, strumenti che però devono essere comunicati bene. Non basta mettere un orario su internet: molte fasce di popolazione non vi accedono o non sanno come farlo. Il trasporto a chiamata, per esempio, funziona bene per l’ultimo miglio ed è utile proprio nelle valli. Il problema è che serve una progettazione dettagliata realizzata anche attraverso l’ascolto della popolazione. I servizi vanno costruiti sui reali bisogni, altrimenti la gente non li usa. Se il trasporto non fa perdere tempo viene utilizzato, anche perché conviene dal punto di vista economico. Il Trentino, al netto delle aree montane disabitate, è molto urbanizzato in modo diffuso: si vive in valle ma si lavora nei centri come Rovereto, Trento o Riva del Garda, ad esempio. Ci sono persone che fanno anche 70 chilometri al giorno per lavorare. È una “metropolizzazione diffusa”, che genera i problemi paragonabili a quelle di aree con il doppio o triplo della vostra popolazione. Per i Comuni più piccoli è utile guardare cosa fanno paesi come Svizzera e Austria: lì esiste un’alternativa all’auto. I post-bus svizzeri sono un esempio brillante: il servizio postale che fa anche trasporto persone, perfetto per territori meno abitati. Non serve arrivare agli estremi, esiste una via di mezzo sostenibile e realizzabile».

Per il trasporto in città una delle soluzioni potrebbe essere il tram treno?
«Le ferrovie hanno un costo di mantenimento ed è un peccato non sfruttarle al massimo delle potenzialità, che sono quelle del trasporto di media percorrenza in treno. Dove però c’è una domanda concentrata possono offrire servizi alternativi come sta accadendo a San Gallo, in Svizzera. Lì ci sono linee ferroviarie che restano treno e diventano tram dove ormai ci sono assi urbani sviluppati. Questa elasticità è stata finalmente recepita anche dai nostri enti di controllo, in particolare dall’Agenzia nazionale per la sicurezza, che ha emanato una norma su come sviluppare e istruire i progetti, preservando la sicurezza dell’infrastruttura».

A Trento può quindi essere una soluzione per l’asse Nord-sud?
«Sì, è un progetto molto articolato, perché intervenire su una ferrovia è sempre delicato. Si parte da ciò che già esiste e si aggiungono progressivamente tratti. Avere una linea che entra meglio in città, vicino alle origini e destinazioni degli spostamenti, genera domanda e spinge le persone ad utilizzarlo. Oggi l’auto ha un costo percettivamente basso. Quando però il carburante è salito oltre i 2 euro, in alcune zone anche 2,20, si è visto chiaramente che il sistema è fragile: la nostra mobilità dipende troppo dall’auto privata. In quei momenti molti, che non prendevano il mezzo pubblico, sono tornati a usarlo. Per questo i governi cercano di mantenere il carburante sotto la soglia psicologica dei 2 euro: se la superasse, i servizi pubblici non basterebbero ad assorbire la domanda aggiuntiva e si genererebbe un problema sociale enorme».