l'editoriale

mercoledì 3 Settembre, 2025

La propaganda anti-lupo dell’Alto Adige

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Se qualcuno si fosse preso il disturbo di leggere il parere Ispra, avrebbe scoperto che i due abbattimenti (un lupo è per ora latitante) sono stati autorizzati con le «vecchie regole». L’intero mondo dei media è fortemente condizionato dalla lettura a senso unico imposta grazie ad una ineguagliabile potenza di fuoco dal gruppo Athesia

Qualche giorno fa un forestale della Provincia di Bolzano ha preso la mira, ha premuto il grilletto, bang, e ha abbattuto – per la prima volta legalmente su suolo italiano – un lupo che aveva aggredito delle pecore mal custodite sui pascoli venostani. Scrosci di applausi da parte del mondo contadino e del suo editore di riferimento, il gruppo Athesia. Critiche dal pianeta animalista. Al limite del comico, comunque, l’intervistina emozionata rilasciata lo stesso giorno dall’assessore all’agricoltura Luis Walcher al giornale in lingua tedesca Dolomiten, che contro la presenza del lupo da almeno sei anni conduce – a braccetto con il Bauernbund, la lega dei contadini, di cui Walcher è esponente – una delle proprie campagne più aggressive di sempre. E il giorno dopo l’abbattimento tutti i politici a darsi pacche sulle spalle per il recente abbassamento dello status di protezione del predatore da «specie particolarmente protetta» a «specie protetta». Una gigantesca finzione, che si aggiunge al mare di finzioni che dominano la materia da anni.

 

Se qualcuno si fosse preso il disturbo di leggere il parere Ispra, avrebbe scoperto che i due abbattimenti (un lupo è per ora latitante) sono stati autorizzati con le «vecchie regole», e cioè quelle in vigore quando il lupo era ancora specie particolarmente protetta, mostrando a tutti che il punto della questione non era l’agognato declassamento in sede europea. Finzione. Fumo negli occhi.
L’Obmann della Svp Dieter Steger in un comunicato ha addirittura attribuito il successo del primo abbattimento «all’impegno a livello europeo, allo Statuto d’Autonomia e all’azione della Giunta provinciale». Viene da chiedersi perché un politico così importante decida di mentire pubblicamente sapendo di mentire. La risposta è semplice: perché l’intero mondo dei media è fortemente condizionato dalla lettura a senso unico imposta grazie ad una ineguagliabile potenza di fuoco dal gruppo Athesia.
Nel suo editoriale di domenica 17 agosto («L’Autonomia nella crisi mondiale»), il direttore del T, Casalini, sottolineava la siderale distanza che separa le Province di Trento e Bolzano in mille ambiti, nonostante un «cappello» comune come la Regione. Essendo i due territori morfologicamente simili – anche se la «montagna» altoatesina ha conosciuto uno sviluppo turistico di gran lunga più ampio – la gestione dei grandi predatori dovrebbe essere gestita con criteri simili e quanto meno coordinati. Invece no. Mentre a sud di Salorno la Provincia di Trento ha svolto un encomiabile lavoro di monitoraggio, di informazione, di incoraggiamento all’uso delle misure di protezione del bestiame, obbligata dal duo Bauernbund-Athesia quella di Bolzano ha semplicemente puntato sulla irraggiungibile libertà di abbattimento, ma soprattutto, sul rifiuto «culturale» rispetto all’adozione di qualsivoglia misura di protezione delle greggi. Il messaggio ripetuto allo sfinimento è sempre stato: per cent’anni abbiamo lasciato le pecore libere al pascolo, è il lupo l’intruso, liberateci dal lupo.

 

Per anni, durante tutto il periodo in cui gli ovini stanno in alpeggio sulle montagne sudtirolesi, il Dolomiten – ed anche un memorabile speciale della pubblicazione del Bauernbund, il Landwirt – ha immortalato le budella insanguinate di circa tutte le 300-500 pecore predate ogni anno, condite da foto di lupi con le fauci piene di brandelli di carne. La «relazione agraria&forestale 2024», indica come presenti in Alto Adige 29.200 caprini e 36.700 ovini, per un totale di 65.900 capi ovi-caprini. Pertanto, si tratta di predazioni che oscillano tra lo 0,4% e al massimo lo 0,7%. Ora se il sistema degli allevamenti crolla, come viene enunciato ad ampia voce, per perdite di questa contenuta entità vuol dire che di per sé il sistema è messo veramente molto male a prescindere dal lupo; pertanto, le cause del dramma degli allevatori vanno ricercate in altri ambiti.
Un sistema economico ben strutturato, ben finanziato e ben supportato dovrebbe resistere tranquillamente ad oscillazioni di questa portata. Tanto più che nella maggior parte dei casi non si tratta di redditi di sussistenza, ma di attività hobbistica, per cui non prioritari per le famiglie dal punto di vista economico (certamente sussiste il lato passionale e forse affettivo, non si discute). Ma ad ogni articolo di questa campagna splatter il messaggio sotteso o anche esplicito è sempre stato: povero allevatore, voleva così bene alle sue pecore, e in alcuni casi potrebbe anche starci.

 

In Alto Adige, come in quasi tutto il nord Italia, la carne di pecora si vende principalmente nelle macellerie Halal. Il pecorino non è formaggio diffusissimo e la lana tosata viene usata quasi esclusivamente in val di Funes dove vengono allevate le «pecore con gli occhiali», smaltirla talvolta è un costo per l’allevatore.
Va da sé che per chiunque è uno shock vedere degli animali predati. Una delle finzioni più grandi riguarda però questo aspetto, il far passare tutti gli animali predati per animali da compagnia con cui i proprietari hanno un legame affettivo (come il pony per Ursula). Ma è importante sapere che in molti casi si tratta di (povere) bestie che vengono portate a valle e – prima di finire al macello – vengono vendute all’asta per somme che spesso non superano di molto i 100 euro a capo. Quindi i lupi, in parecchi casi, anticipano la loro morte di qualche giorno. E per ogni animale predato gli allevatori ricevono in media 250 euro a capo di risarcimento dalla Provincia. Si tenga poi conto che le spese per la protezione delle greggi (recinti elettrificati con reti o recinzioni con 5 fili alti 1,50 metri, la Provincia le rifonderebbe al 100 per cento.

 

Ebbene, tra il 2018 e la fine del 2023 la Provincia di Bolzano ha ricevuto 63 domande per le recinzioni di protezione del bestiame sui pascoli di montagna (su 1.500 malghe monticate). In questo periodo sono stati concessi contributi per un totale di circa 340mila euro (ovvero, in 6 anni media 56.666 all’anno). Numeri per molti versi imbarazzanti rispetto a quanto avviene in Trentino, dove le malghe attive sono molte meno e solo nel 2023, sono state finanziate 219 opere di prevenzione, a cui si aggiungono 9 cani da guardia (oltre alle diverse decine già finanziate in precedenza) e la collocazione in quota di 17 box abitativi per i pastori. La Provincia di Trento, inoltre, ha seguito, sempre nel solo anno 2023, 26 progetti per la protezione del bestiame (contro gli 8 della Provincia di Bolzano in 6 anni!). Nella provincia di Trento sono stati rilevati 27 branchi per complessivi circa 186 lupi e nel corso del 2023 Piazza Dante ha pagato 94.000 euro di danni, 3.000 euro in meno rispetto all’Alto Adige, che nel proprio territorio si stima ospiti poco più di un terzo dei lupi rispetto alla provincia limitrofa. Questa è una fotografia oggettiva dei fatti.