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martedì 1 Luglio, 2025

Il mercato di cocaina nel dark web: la ricerca sullo spazio online dove non esistono regole e la droga è spesso contraffatta

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Filippo Andrei, assegnista di ricerca al Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento ha pubblicato uno studio sulla rivista «Deviant Behavior»

È di questi giorni la diffusione della Relazione annuale al Parlamento sul fenomeno delle tossicodipendenze in Italia. Tra i dati più preoccupanti emerge l’aumento dei decessi per l’uso di cocaina che si conferma una delle sostanze con il maggiore impatto sanitario e sociale in Italia. Ad aggravare, se possibile, la situazione, la crescita dell’acquisto online della droga. Un elemento che favorisce il mercato illecito delle sostanze stupefacenti. Eppure, anche se si tratta di un sistema senza regole, nel cosiddetto dark web informazioni verificabili come test di laboratorio indipendenti e recensioni generano un rapporto di fiducia nelle transazioni commerciali.

 

L’allarme emerge da uno studio recentemente pubblicato su Deviant Behavior, rivista scientifica che si occupa di devianze sociali.
Il primo autore è Filippo Andrei, assegnista di ricerca al Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Trento, che lo ha condotto insieme al collega Alberto Aziani del Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale dell’Università di Milano-Bicocca.

 

La ricerca ha analizzato oltre 4 mila inserzioni di cocaina attive sulla piattaforma di trading clandestino AlphaBay prima della sua chiusura. Con l’impiego di modelli statistici avanzati sono state identificate le relazioni tra la purezza di cocaina resa nota e variabili di mercato come prezzo, vendite, ricavi e giudizi di qualità lasciati nelle recensioni.
Quello che emerge è che la purezza dichiarata non porta sempre a maggiori vendite. Le offerte che segnalano tra il 91 e il 99 per cento di purezza registrano i maggiori successi, mentre percentuali superiori a questi valori generano scetticismo e giudizi di qualità inferiori.

 

Inserzioni con test di laboratorio indipendenti e recensioni positive ottengono invece performance di vendita migliori, dimostrando il ruolo cruciale della validazione esterna.
I venditori che dichiarano una purezza media (tra il 68 e l’86 per cento) ottengono prezzi solo leggermente superiori ai prodotti a bassa purezza ma subiscono un calo marcato di vendite e ricavi, poiché non soddisfano né i consumatori più attenti al prezzo né quelli orientati alla qualità, risultando la fascia meno competitiva del mercato.
«In un mercato completamente anonimo e privo di regole formali, la trasparenza da sola non basta: servono segnali difficili da contraffare, come test indipendenti e feedback consolidati dalla community», spiega Filippo Andrei.
«Mentre nei mercati legali esistono norme e istituzioni che regolano il rapporto tra venditore e acquirente per limitare le frodi e garantire standard minimi di qualità dei prodotti – spiega ancora il ricercatore – nei mercati illegali non esiste alcun sistema di controllo sistematico. Questa incertezza e la mancanza di informazioni chiare sulla qualità dei prodotti rappresentano un pericolo concreto per chi fa uso di sostanze stupefacenti».

 

Le campagne di sensibilizzazione e prevenzione contro l’assunzione di droga possono non bastare per arginare il fenomeno.
«Se partiamo da un’ottica di riduzione del problema – prosegue infatti Andrei – sappiamo che il consumo di cocaina esiste e che è necessario salvaguardare la salute delle persone che la utilizzano, cercando di ridurre i rischi sia per i consumatori sia per la collettività. Un dato rilevante che emerge dal lavoro è che, in questi contesti, le comunità effettuano analisi chimiche precise e sistematiche sul prodotto e ne rendono pubblici i risultati. Questo può essere considerato una forma di controllo della qualità della sostanza, capace di ridurre il danno associato al suo uso».