val di Sole
lunedì 16 Giugno, 2025
Il caso Celledizzo: dal ritrovamento del corpo di Massimiliano Lucietti alla riapertura delle indagini. Ecco cosa è successo
di Davide Orsato
Il 31 ottobre 2022, in val di Peio, il ritrovamento del giovane cacciatore, ucciso da un colpo alla nuca. Due anni e sette mesi di dubbi e di silenzi

È il 31 ottobre del 2022: non è ancora mezzogiorno quando viene trovato, nei boschi sopra Celledizzo, frazione di Peio, il corpo di Massimiliano Lucietti, 24 anni, colpito mortalmente alla nuca da un proiettile vagante. Sembra fin da subito un incidente di caccia: il giovane era uscito – da solo – per una battuta alla ricerca di ungulati. Il giovane è conosciutissimo in paese: vigile del fuoco volontario, dipendente delle Fucine Film di Ossana, la famiglia ben radicata nella frazione. La sua fine ha tutti i contorni di un tragico incidente di caccia: iniziano subito le indagini per risalire al responsabile ma si riveleranno difficili, rischiando più volte di finire in un vicolo cieco.
Il suicidio e il biglietto
I sospetti si concentrano sull’uomo che ha trovato il corpo: è un vicino di casa di Lucietti, Maurizio Gionta, 59 anni. Lui nega di aver sparato il colpo mortale. Viene interrogato a lungo e per molto tempo viene fatto aspettare fuori dalla caserma, su una panchina: lo vedono in molti in paese. Il proiettile mortale, calibro 70, è compatibile con l’arma del cacciatore, ex dipendente del parco Adamello – Brenta, ma anche con molti altri fucili presenti in zona. La mattina del primo novembre Gionta viene trovato morto dalla moglie in località la Ganaccia, la vecchia discarica del paese: si era tolto la vita all’alba, lasciando un biglietto: «Non voglio pagare per colpe che non ho».
Le indagini
Una prima conferma a queste parole arrivano dall’esame dello stub: quello che si fa sui vestiti di una persona per capire se ci sono tracce di polvere da sparo. La risposta è chiara: Gionta non ha sparato. Lo stesso responso arriverà dai Ris di Parma, che affermeranno che non è stato Gionta a sparare. E il suo fucile marca Winchester? Forse, «c’è un’alta compatibilità», ma ancora una volta nessuna certezza. Si va verso l’archiviazione del caso. In valle sono stati analizzati oltre 20 fucili.
«Silenzi insopportabili»
Passa il tempo e le voci, in paese, continuano a circolare. Ma restano voci, dubbi senza nessuna conferma dalle indagini. E sono tutte sussurrate. È la famiglia di «Max Luce», come veniva chiamato dagli amici, a rompere il silenzio.
«Le indagini sono state superficiali – hanno affermato i genitori di Lucietti, Roberto e Mirta – vogliamo la verità per Max: un figlio non si può archiviare». E ancora il riferimento a quelle voci inesatte. Il responsabile, o i responsabili, secondo la famgilia, sarebbero ancora a piede libero. Anche il figlio di Maurizio Gionta, Michele, ha parlato di «due vittime innocenti», alludento a Massimiliano e al padre. «La cosa più terribile – le sue parole – è che anche noi abbiamo la convinzione vi sia qualcuno che sino ad oggi ha taciuto. Abbiamo cercato di collaborare con gli inquirenti più che abbiamo potuto. Ma crediamo che qualcuno non ha detto ciò che sa rispetto all’uccisione di Massimiliano. Questi silenzi sono insopportabili».
La riapertura delle indagini
Alla fine della settimana scorsa, la notizia dal tribunale: il gip Enrico Borrelli si è opposto all’archiviazione e ha ordinato la riapertura delle indagini. Dalle carte sarebbe emersa l’evidenza di «contraddizioni e omissioni» da parte di alcune persone sentite nelle prime fasi delle indagini. I sospetti della famiglia avranno così la possibilità di essere verificati, ma la strada per risalire al responsabile (o responsabili) potrebbe essere ancora lunga.