martedì 2 Dicembre, 2025
Giro d’Italia, parla Fondriest: «La prima sentenza sarà sul Blockhaus. Saranno i corridori a renderlo grande»
di Lorenzo Fabiano
Il campione analizza il Giro d’Italia numero 109: «Andalo, salita bella ma non durissima. Ultima settimana decisiva. Pogacar? Non credo ci sarà, si concentrerà sul Tour»
Giù il velo. Per ora abbiamo solo una carta geografica, ma presto sapremo anche i nomi che quella carta geografica l’animeranno. Partenza dalla Bulgaria venerdì 8 maggio, arrivo a domenica 3: l’edizione numero 109 del Giro d’Italia è stata presentata lunedì a Roma all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone. Ventuno tappe, tre giorni di riposo, sette arrivi in salita e una cronometro di quaranta chilometri; presto per dire che ne sarà, ma una prima impressione l’abbiamo colta da Maurizio Fondriest, il trentino di Cles campione del mondo nel 1988 che era presente alla presentazione nella Capitale.
Fondriest, si parte dalla Bulgaria.
«Recentemente, abbiamo avuto partenza dall’Ungheria e dall’Albania. Io sono sempre stato uno di quelli convinti che le partenze all’estero diano un qualcosa in più, non un qualcosa in meno. Il Giro d’Italia, oltre che una competizione, è anche il più grande evento popolare che abbiamo in Italia ed è quindi uno straordinario strumento di promozione del nostro territorio attraverso le immagini che la televisione manda nei Paesi collegati. Se calcoliamo le ore di trasmissione in tivù, non esiste un altro evento in grado di dare al nostro Paese la stessa visibilità quanto il Giro d’Italia. È una cartolina che mandiamo nel mondo e che aiuta ad attrarre nuovi turisti desiderosi di visitare le bellezze del nostro territorio. A livello promozionale è molto vantaggioso».
Alla prima impressione, che Giro è?
«Come sempre, le tappe più importanti sono concentrate nell’ultima settimana. Prima, c’è la quattordicesima tappa in Valle d’Aosta, dura con l’arrivo in salita a Pila; poi l’arrivo in salita in Svizzera, quindi verranno gli altri tapponi di montagna; tra tutti, il più atteso è l’arrivo inedito ad Alleghe, la tappa della Cima Coppi posta ai 2233 metri di Passo Giau, che facemmo nel Giro Under 23 quando, se non ricordo male, vinse Pantani».
La prima settimana c’è già il Blockhaus in Abruzzo, mica uno scherzo.
«Una tappa di 245 chilometri, anche troppi, ma capisco che per esigenze territoriali si debbano inserire. Va detto che il Blockhaus lo affronteranno dal tratto più duro, è la prima vera salita impegnativa del Giro e lì capiremo chi potrà lottare per la maglia rosa. È un Giro d’Italia senza lo Stelvio e il Gavia, ma è molto equilibrato».
Il Trentino ospita la tappa con arrivo ad Andalo. Che ne pensa?
«Salita molto bella, non durissima, Sono contento facciano due passaggi, uno in corsa e l’altro all’arrivo. Uno spettacolo per la gente. Ad Andalo non si arriva dal 2016, tappa in cui Vincenzo Nibali andò in difficoltà e sembrava avesse perso tutto. Nei giorni seguenti si riprese, recuperò e alla fine vinse il suo secondo Giro d’Italia».
Il ciclismo italiano è rimasto a quel Giro, è rimasto fermo a Vincenzo Nibali.
«È vero, ma io sono comunque fiducioso. Abbiamo dei ragazzi promettenti, su tutti Lorenzo Finn (nel 2024 e 2025 ha vinto il titolo mondiale rispettivamente nelle categorie Juniores e Under 23, ndr). È una ruota che gira e vedrete che prima o poi arriverà un corridore forte nelle corse a tappe».
Ancora non si sanno i nomi dei protagonisti di questo Giro. Secondo lei Tadej Pogacar verrà?
«Non credo. Penso si concentrerà sul Tour. Ne ha vinti quattro, ne aggiunge uno e raggiunge il record di Anquetil, Merckx, Hinault e Indurain. Poi, credo, penserà al Mondiale. Lo scorso anno si diceva fosse un Giro senza campioni, e invece è stato un Giro d’Italia bellissimo, appassionante ed emozionante dal primo all’ultimo giorno. Logico che se in corsa hai uno come Pogacar, non ce n’è per nessuno. Da un lato ammiri le sue prestazioni, ma dall’altro la corsa rischia di diventare noiosa».
Si parla di Jonas Vingegaard e Remco Evenepoel.
«Vingegaard, vedremo. Certo, le tappe in salita sono il suo pane. A metà Giro hanno messo una cronometro di quaranta chilometri, il che suona da invito a un corridore come Remco Evenepoel. Probabile l’abbiano inserita proprio per invogliarlo a venire a fare il Giro. Lui su una crono come quella può dare un minuto e mezzo ai suoi avversari, si troverebbe poi a gestire il margine in salita nella partita per la maglia rosa».
In definitiva, sono i corridori a fare grande una corsa o è una corsa a fare grandi i corridori?
«Sono assolutamente convinto che siano i corridori a fare grande una corsa. Tu puoi fare il percorso duro finché vuoi, ma a volte sono invece le tappe intermedie a essere le più spettacolari e offrire i colpi di scena. Quindi sono sempre i corridori a fare la corsa».
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