Terra Madre

mercoledì 30 Luglio, 2025

Dopo i crolli multipli Cima Falkner resta chiusa, i rifugisti: «Quella montagna è un cavolfiore, ora informare»

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Leonardi (Rifiugio Ai Brentei): «Giusta l’allerta, informiamo. Nessun allarme». Elmi (guida alpina): «Corretta la chiusura, fondamentale prevenire. Ordinanza da rispettare per la propria sicurezza e per quella degli altri»

Il primo giorno di «zona rossa» per Cima Falkner e i sentieri limitrofi è passata senza problemi, incidenti o lamentele. Buona notizia, considerato che la situazione rimane di allerta attorno al massiccio e al suo potenziale crollo. Rifugisti e guide della zona fanno i conti con le ordinanze e si adattano alla situazione, predicando attenzione, ma nessun allarmismo. La montagna cambia, i crolli ci sono, la parola d’ordine è «informare», in modo da permettere a escursionisti e turisti di pianificare al meglio i propri itinerari nel Brenta, del resto, come dice Franco Nicolini, alpinista, guida alpina e rifugista del Pedrotti, «per una cima chiusa, in Brenta ce ne sono altre mille da visitare».

 

«La cima è un cavolfiore»
Nicolini è stato proprio tra i primi ad attivarsi lunedì, dopo che in Provincia era arrivata la segnalazione di distacchi dalla Cima Falkner. «Ho accompagnato il geologo sul posto, poi lui ha fatto le sue valutazioni. Le crepe ci sono e si vedono, poi ovviamente le valutazioni le fanno i geologi e i provvedimenti li prende la Provincia, noi ci adeguiamo. Ho aiutato con l’evacuazione degli escursionisti». Nicolini è un profondo conoscitore del Brenta, esplorato negli anni in lungo e in largo. «La Falkner è sempre stata una montagna fragile, con i suoi campanili e campaniletti. Da tempo le sue pareti, in particolare quella ovest, sono poco frequentate perché la roccia non è buona». La situazione ora è peggiorata. «La Cima Falkner è diventata un cavolfiore. Le fratture si sono allargate e moltiplicate. Inevitabile chiudere il sentiero 305, ci sono dei massi instabili che si sono fermati lì». La raccomandazione è quella di «guardare meno i social, ragionare con la testa e ascoltare guide, rifugisti e soccorso alpino, le persone che conoscono la zona. Andare in montagna con serietà, ci sono tantissimi sentieri che si possono fare. Per una cima chiusa, ce ne sono altre mille in Brenta».

 

«Importante comunicare»
L’auspicio è che il primo sentiero a poter essere riaperto sia quello che collega il Grostè al rifugio Tuckett, l’unica via di accesso che prevede l’uso di un impianto a fune e quindi rende più semplice l’ascesa ai turisti che non vogliono fare un dislivello maggiore. Nonostante la chiusura l’impatto sul turismo è stato contenuto. Lo conferma anche Gabriele Leonardi del Rifugio Ai Brentei: «Le persone stanno riorganizzando i percorsi, non ci sono state disdette. La comunicazione ha funzionato: chi è già sul posto è informato dai cartelli affissi sui sentieri e nei rifugi, mentre chi deve ancora partire si documenta sui canali ufficiali. L’importante è non trasformare un’informazione importante in un allarme generalizzato. Basta scegliere un altro itinerario». Del resto l’area della cima Falkner non era tra le più frequentate. «Su 100 che passano sarà uno che punta a quella vetta – dice Leonardi – Certo il 305 era uno degli accessi alle Bocchette, ma ci sono molte altre alternative».

 

Dal Rifugio Alimonta il tono è sereno: «Il risentimento è quasi nullo per noi – spiega Raffaele Alimonta – La Falkner probabilmente era predisposta, quello che preoccupa è che sono eventi che rischiamo di vedere sempre più spesso. L’importante è che nessuno si sia fatto male. I cartelli sono ovunque, la gente è informata e quello è l’importante».

 

«Seguire le indicazioni»
La chiusura di cime e sentieri ha un impatto anche sul lavoro delle guide alpine, che però comprendono bene la decisione. «Giusto chiudere perché i rischi ci sono – osserva Simone Elmi, guida alpina – Specie con il turismo ci sono tante persone sui sentieri del Brenta ed è fondamentale prevenire perché questi sono crolli dalle conseguenze imprevedibili». Elmi sottolinea che «c’è un’ordinanza e la raccomandazione più importante è che le persone, gli escursionisti, la rispettino, per non mettere in pericolo sé stessi e gli altri». Sui crolli in montagna la guida osserva che «la montagna si è sempre mossa, solo che ora il cambiamento climatico ha accelerato le cose. Tra roccia sana e roccia friabile c’è sempre stata distinzione, solo che oggi bisogna essere ancora più attenti».