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martedì 25 Novembre, 2025

Delitto Iris Setti, si torna a processo. Per la difesa Nweke non era in grado di intendere e di volere

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Il prossimo 15 dicembre perito e consulenti sono riconvocati per valutare se l’omicida era affetto da un disturbo mentale transitorio

La Corte d’Assise di Appello di Trento ha accolto la richiesta della difesa di Nweke Chukwuka, condannato in primo grado all’ergastolo per il femminicidio di Iris Setti avvenuto al parco Nikolajewka di Rovereto nell’agosto 2023, di rivalutare in istruttoria la capacità di intendere e di volere dell’uomo e, di conseguenza, la sua imputabilità per l’omicidio. La Corte si è pronunciata ieri mattina, decidendo di fare un ulteriore approfondimento il prossimo 15 dicembre, in un’udienza nella quale saranno risentiti tutti i consulenti del processo, oltre ad una nuova psichiatra presentata dalla difesa, per valutare due aspetti specifici indicati dai giudici d’appello: anzitutto se è esatto affermare che Nweke Chukwuka, al tempo dei fatti, era affetto da un disturbo mentale transitorio legato ad un disturbo della personalità antisociale; e se quindi si possa ritenere che abbia ucciso Iris Setti in uno stato di mente tale da escludere o ridurre la sua capacità di intendere e di volere. Fatto quest’ultimo, che è stato al centro di tutto il processo di primo grado ed è stato escluso dalla sentenza di ergastolo, sulla base di tre perizie psichiatriche concordanti che non hanno rilevato nell’uomo una patologia mentale.
La consulenza difensiva
La decisione della Corte d’Assise d’Appello di Trento è motivata da un’altra perizia, presentata dal nuovo legale incaricato della difesa di Nweke, l’avvocato Andrea Bacciga, redatta dalla psichiatra Mariapia Ardoin sulla base degli atti acquisiti nel processo di primo grado, senza quindi un incontro con Nweke. La dottoressa concorda con le altre perizie psichiatriche sull’assenza di una patologia mentale di tipo psicotico, ma ritiene – e questo è il punto decisivo che ha portato sia la procuratrice generale Maria Teresa Rubini (che ha richiesto, concordando su questo con la difesa, un ulteriore approfondimento) che la Corte a decidere per un’udienza di rivalutazione – «che non siano stati sufficientemente valutati i numerosi precedenti penali e i numerosi accessi al pronto soccorso dovuti a reati di varia natura, stati di agitazione psicomotoria grave, episodi di aggressività, talvolta complicati, ma non sempre, da uno stato di esotossicosi etilica». E prosegue quindi la sua relazione la dottoressa Ardoin elencando fatti emersi al processo in primo grado: la testimonianza della sorella di Nweke sulla litigiosità e aggressività del fratello, la richiesta in un paio di occasioni da parte dei famigliari che venisse effettuato un Tso; i problemi comportamentali documentati dai servizi sociali e dagli operatori dei centri di accoglienza che lo hanno incontrato; la ferocia dell’aggressione, l’accanimento sulla vittima, l’insensibilità davanti alle sue urla. Per sostenere l’ipotesi che «le conseguenze del fatto criminoso siano andate al di là dell’intenzionalità iniziale, che poteva ben essere la volontà di commettere una violenza sessuale, ma non già la volontà di uccidere». La psichiatra nel documento introduce il parere che ci sia stato per l’omicida un «disturbo mentale transitorio, nella misura in cui il soggetto non è più in grado di controllare le sue pulsioni, che va inquadrato all’interno della categoria diagnostica del disturbo di personalità antisociale» e conclude ritenendo che Nweke Chukwuka, nel momento in cui ha ucciso Iris Setti, fosse «per infermità in uno stato di mente tale da scemare gradatamente, senza escluderla, la capacità di intendere e di volere».
Le parti civili
Gli avvocati Andrea De Bertolini e Giovanni Rambaldi, in rappresentanza della famiglia di Iris Setti, e l’avvocato Nicola Canestrini per Dahaou Dadouch (l’uomo aggredito da Nweke nel dormitorio per impossessarsi del suo cellulare, prima di lasciare la struttura e incontrare per caso, e poi uccidere, Setti) hanno tutti presentato memorie chiedendo di respingere la richiesta di difesa e Procura. In particolare i legali di parte civile sottolineano che «il nuovo elaborato proposto dalla difesa non apporta nessun concreto elemento degno di ulteriore approfondimento» e che contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa siano già stati valutati e considerati non discriminanti ai fini della capacità di intendere e di volere di Nweke, i fatti citati dalla nuova perizia. «La decisione di rinnovare l’istruttoria con un approfondimento peritale – commenta l’avvocato Canestrini – non indebolisce il quadro accusatorio: lo rafforza, dato che è doveroso per garantire la tenuta della decisione finale. In processi con pene elevate, la giurisprudenza impone un accertamento “massimamente accurato” sulla capacità di intendere e di volere, anche per evitare future censure in sede di impugnazione. Un supplemento peritale, quindi, può solo consolidare la ricostruzione dei fatti e fugare ogni possibile margine di incertezza».