La pandemia

domenica 19 Marzo, 2023

Covid, in Trentino il virus ha fatto 1.649 vittime

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Il primo caso il 2 marzo 2020. Il 70% dei morti aveva più di 80 anni. Nelle case di riposo le fasi più dure. L’ex presidente di Upipa Parolari: «Criticati per la chiusura delle strutture»

L’arrotino del paese, la storica imprenditrice, il maestro dei meccanici della valle, l’alpino in prima linea nelle feste patronali. Storie di persone comuni. Spesso genitori diventati nonni. Il loro ultimo respiro, quasi sempre, nelle sale di rianimazione o nelle stanze delle case di riposo. Lontani dallo sguardo dei familiari. La morte che si fa collettiva, che occupa i notiziari, ma che si manifesta in solitudine. Negli ultimi tre anni di pandemia il Covid-19 ha mietuto 1.649 vittime in Trentino. I focolai più letali nelle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) per anziani, soprattutto nella prima ondata, quando mancavano le mascherine.
Ieri, sabato 18 marzo, si è celebrata la giornata nazionale in ricordo delle vittime del Covid-19. Il 18 marzo perché quel giorno, nel 2020, si materializzò un’immagine rimasta scolpita nella memoria collettiva degli italiani: una colonna di mezzi militari che attraversava il cuore di Bergamo per trasportare le bare, i morti del Covid, al cimitero monumentale della città lombarda. La zona del bergamasco fu travolta dai lutti.
In Trentino la cronistoria della pandemia inizia nel gennaio 2020 con i primi isolamenti fiduciari all’ex hotel Panorama di Sardagna dei cittadini cinesi di ritorno dal Capodanno in patria. Più avanti le ex caserme austro-ungariche alle Viote, sul Bondone, si trasformano in una bolla per i soli cinesi risultati positivi al coronavirus. L’8 marzo tutti gli italiani entrano in isolamento, nelle loro case.
Pochi giorni prima, il 2 marzo, il primo caso di una persona contagiata dal Covid-19: una donna di 83 anni di Trento. Il virus entra anche nelle case di riposo. Due giorni dopo, la sera del 4 marzo, precisamente alle 23.50, la direzione di Upipa (l’ente di coordinamento delle Rsa) trasmette una circolare alle sue strutture: «Vietato a familiari, visitatori, volontari, assistenze private e tirocinanti che non afferiscono a professioni sanitarie, di accedere alle strutture». Si chiudono le case di riposo per proteggere le persone anziane, tra le più vulnerabili.
«In quel famoso 4 marzo 2020 abbiamo dovuto prendere una decisione molto triste per rallentare la circolazione del virus — ricorda l’allora presidente di Upipa, Francesca Parolari — Abbiamo chiuso rispettando l’ordine del governo, poi il giorno dopo è nato il contrasto con la Provincia, che voleva far entrare almeno un familiare nelle strutture. Alla fine rimase il divieto». Il 6 marzo si registra il primo caso nella casa di riposo «Valle del Vanoi» di Canal San Bovo. Due giorni dopo un altro ancora nella Rsa di Pergine.
«Il primo mese è stato il più drammatico — prosegue Parolari — Non avevamo i presidi di protezione, eravamo senza mascherine. Poi lentamente sono arrivati. Le visite in presenza sono ripartite a giugno 2020, ma senza contatto». Nei primi giorni del gennaio 2021 le prime somministrazioni del vaccino anti-Covid nelle case di riposo. Gli ospiti tornano ad abbracciare i loro parenti il marzo successivo: nelle Rsa di Nomi, Cavedine, Avio e Povo. Poi a maggio anche in tutte le altre. «Gli anziani hanno mostrato una capacità di resilienza incredibile grazie anche a uno sforzo grandissimo del personale, che ha sostituito i familiari nella dimensione relazionale», conclude l’ex guida di Upipa.
Secondo i dati del ministero della Salute, in questi tre anni sono stati eseguiti 3 milioni di tamponi in Trentino. I casi totali sono stati 244.508. E 1.649 persone non ce l’hanno fatta: 1.475 vittime dall’11 marzo al 1° febbraio, di cui il 71% con un’età pari o superiore a 80 anni. Le radici che se ne andavano.