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domenica 22 Settembre, 2024
Civezzano, chiuso un punto nascite «non autorizzato». L’indagine partita dopo un’emorragia di una neomamma
di Davide Orsato
La struttura, ufficialmente un’associazione culturale, era attiva dal 2019. Decine i parti avvenuti. Era nota per corsi e per le babysitter
Il quinto «punto nascite» del Trentino (dopo Santa Chiara, Rovereto, Cles e Cavalese) si trovava dietro un pesante portone di legno, accessibile da una strada stretta. Uno scorcio di un antico borgo: Garzano di Civezzano. Negli ultimi quattro anni, lì, alla «Via di Casa», struttura gestita da una serie di professioniste, prevalentemente ostetriche, potrebbero essere nati qualche decina di bambini. Dieci parti all’anno, a partire almeno dal 2021, secondo le notizie che sono emerse negli ultimi giorni. Il conto ufficiale lo stanno facendo i carabinieri. E del resto sono stati proprio i militari del Nas a inizio settimana a mettere il sigillo in quella che, in paese, era conosciuta principalmente come la sede di attività rivolte a mamme: yoga preparto, corsi di disostruzione pediatrica e per il servizio di «doule», di babysitteraggio educativo. E per queste attività era (ed è tuttora) notissimo nell’Alta Valsugana e a Trento dove annoverava, tra i clienti, anche molti professionisti. Tanti entusiasti che, in queste ore, hanno lasciato testimonianze positive online e non solo, manifestando la preoccupazione di una chiusura definitiva. Il sequestro preventivo è scattato in base a una contravvenzione, prevista ancora da un Regio decreto del 1934: nessuno può aprire un ambulatorio medico senza un’autorizzazione. Ecco perché, dai Nas la struttura è stata definita «punto nascite»: l’ipotesi è che «Via di Casa» operasse come una centro sanitario, anche se non si presentava come tale ma con altri nomi. Uno su tutti: casa di maternità. Un’accusa che è stata notificata a due ostetriche trentenni ritenute le responsabili del centro. Ma l’indagine potrebbe estendersi ad altri soggetti ignoti, presumibilmente collaboratori, liberi professionisti, che operavano in sede. La questione è emersa quando una cliente, una madre, si è recata all’ospedale Santa Chiara di Trento preoccupata per un’emorragia post parto. Lì ha spiegato di aver partorito a Civezzano, tra l’incredulità dei medici che non conoscevano l’esistenza di questa realtà. Del resto, a quanto risulta, la stessa «Via di Casa» non avrebbe fatto molta pubblicità alla possibilità di partorire in sede. Nel sito web dell’associazione, ricchissimo di documentazione si fa, del resto, poca menzione sulla possibilità di partorire nella struttura. Un passaggio nero su bianco, però, appare nello statuto: «l’Associazione intende compiere ogni azione atta a promuovere e a favorire l’assistenza alla gravidanza ed alla nascita extraospedaliera per le donne che ne facciano richiesta, operando secondo il principio della non-violenza e del rispetto, tutelando la salute e il benessere psicofisico dell’unità madre-bambino, tutelando inoltre l’esperienza della nascita un modo complessivo». Insomma, in molti, tra quanti la frequentavano, non avevano idea che proprio lì, a Garzano, nascessero dei bambini. All’interno della struttura, però, ci sarebbero state delle vere e proprie stanze per il parto, con tanto di corde per aggrapparsi per facilitare, ad esempio, il parto in posizione eretta. Va detto che anche la mamma che ha avuto problemi (a quanto risulta sia lei che il bambino stanno bene) non ha sporto denuncia. Ma la macchina degli accertamenti, a partire dalla doverosa segnalazione dei medici ha fatto il suo percorso. «Tutte le persone coinvolte — spiega un’ex collaboratrice del centro — sono ostetriche laureate e preparate». Alcune di loro risultano lavorare in ospedali della Regione. La scoperta delle nascite avvenute nella struttura ha sorpreso non solo le autorità sanitarie ma anche la sindaca di Civezzano, Katia Fortarel, che pur conosce la realtà. «Tutto ciò che sapevo — spiega — è che a quel numero civico ha sede un’associazione culturale, piuttosto conosciuta». Una proposta orientata, fin dalla fondazione, nel 2019 (ma i parti sarebbero iniziati dopo) alla popolazione femminile: non solo nascita, ma anche menopausa felice e attività di assistenza per per la «prima mestruazione». Ora, per la mancata autorizzazione rischia una multa. Ma, soprattutto, la chiusura, fino a nuovo ordine.
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