Attività

giovedì 27 Aprile, 2023

Quando le parole aiutano a fotografare quello che vediamo

di

«Non avere paura di aspettare, perché è solo nell’attesa, in quel tempo dilatato e sospeso in cui c’è finalmente spazio per la noia, che avrai il tempo di cogliere tutte le meraviglie che la vita ti offre»
Se vuoi vedere una balenaDi Julie Fogliano ed Erin E. Stead, Babalibri, 2013

Bambine e bambini, secondo voi la fotografia e la poesia sono amiche? Secondo me sì! Entrambe fanno una cosa bellissima e difficilissima: sanno tagliare. Ma come tagliare? Ormai lo sapete che mi piace farvi fare i salti mortali con il pensiero e portarvi in posti un po’ inesplorati. Allora mi spiego meglio. Sia la fotografia che la poesia per funzionare davvero devono fare delle scelte: scegliere cosa mettere nell’inquadratura se si tratta di fotografia e scegliere quali parole usare se si tratta di poesia. E non è un’operazione per niente semplice! Rendiamo la situazione ancora più complessa per capirla meglio. Immaginatevi con il cellulare o la macchina fotografica in mano e con una, una e una sola, fotografia da poter scattare. Per scattarla quella foto dovrete cominciare a guardare molto bene, a muovervi, magari anche saltellare, sdraiarvi, mettervi a pancia in su e in giù. Per capire davvero quale sia l’inquadratura perfetta dovrete immaginarne tante e tante ancora e poi provarle tutte. Dopo tutto questo muovervi e guardare, solo allora sarà l’ora di scattare la vostra unica fotografia. La poesia dovrebbe funzionare allo stesso modo, innanzitutto dovrebbe farvi muovere, guardare in su e in giù: in su per guardare le cose grandi che avete sopra il vostro naso e spesso non avete il tempo di guardare per intero e in giù per vedere le cose piccole piccole, quelle che si vedono solo se ci si accovaccia e ci si mette al loro livello, se ci si fa silenziosi e attenti. E poi la fotografia, che letteralmente significa «scrivere con la luce», è fatta di due ingredienti fondamentali: luce e tempo. Sembra impossibile che un mondo così misterioso e meraviglioso come la fotografia si possa ridurre a solo due elementi, ma è così! Questi due ingredienti sono fondamentali anche per scrivere poesia. Ci vuole luce per illuminare i sentieri della scrittura e non avere paura di scendere a vedere anche le parti più buie, un po’ strane e un po’ sconosciute, di noi. E ci vuole tempo. Con la poesia ci vuole tempo. Ci sono poesie dai tempi brevi, quasi delle folgorazioni, come degli scatti veloci che se non li catturi svaniscono subito, e poi ci sono le poesie che richiedono tempi di esposizione molto molto lunghi. Come quelle fotografie che riescono a rappresentare il movimento e il cambiamento. Sono le poesie che amo di più. Ogni volta che sfoglio «Se vuoi vedere una balena» di Julie Fogliano e Erin E. Stead, un albo illustrato bellissimo che parla di attesa, mi sembra di leggere tra le righe proprio il senso della poesia: non avere paura di aspettare, perché è solo nell’attesa, in quel tempo dilatato e sospeso in cui c’è finalmente spazio per la noia, che avrai il tempo di cogliere tutte le meraviglie che la vita ti offre.

E adesso tocca a te, scegli una finestra, che diventerà un po’ come l’inquadratura di una macchina fotografica gigante, e trova una posizione comoda. Prendi con te un cronometro o chiedi a qualcuno di chiamarti dopo che saranno passati 5 minuti. In questo tempo che ti sembrerà lunghissimo osserva tutto quello che accade, fai attenzione alle cose grandi e a quelle piccole. Appena finirà il tempo scrivi tutto quello che hai visto su un foglio, fai anche questo senza fermarti per altri 5 minuti. Prendi un paio di forbici e ritaglia le tue parole. Ora mettile in una busta e consegnale o spediscile per posta a qualcuno che conosci con la richiesta di scegliere alcune delle tue parole e di crearne una poesia. Hai scattato una fotografia con le tue parole e facendo così l’hai consegnata all’interpretazione di un’altra persona. Chissà cosa ci vedrà. La meraviglia spesso si nasconde negli occhi degli altri!