l'intervista in tv
lunedì 6 Ottobre, 2025
Alessandro Michieletto a Verissimo: «A 15 anni ero solo 185 centimetri. Ero basso (per la pallavolo), facevo il libero»
di Sara Alouani
Il pallavolista oro ai mondiali: «Il periodo più difficile? Quando sono uscito di casa a 12 anni. Volevo tornare dalla mia famiglia ma ho stretto i denti»
È andata in onda ieri, domenica 5 ottobre, la puntata di Verissimo diretta da Silvia Toffanin con Alessandro Michieletto, bandiera della Trentino Volley, classe 2001, reduce dall’esperienza dorata dei Mondiali nelle Filippine.
Fisico imponente con i suo 2.11cm scherza: «Fino a 15 anni non ero altissimo ero solo 1,85 (che per questo sport è poco). Infatti, facevo il libero poi con la maturità sono arrivato a oltre due metri e le persone iniziavano a guardarmi dal basso verso l’alto. Ora penso di essermi fermato (ride ndr)».
«Con la pallavolo nel Dna, era destino», esordisce Toffanin alludendo al padre, Riccardo, ex giocatore di pallavolo e infatti Alessandro conferma: Ho provato di tutto ma ha vinto la pallavolo, grazie anche mio papà che mi ha trasmetto la passione. È una scelta che rifarei altre mille volte».
Su come ha festeggiato la vittoria ai Mondiali, Michieletto spiega di essere ancora scombussolato dal fuso orario: «Dopo la partita – continua- abbiamo festeggiato insieme come squadra e rientrato a Trento, dopo un mese lontano da casa, non vedevo l’ora di passare del tempo con la mia famiglia. Abbiamo fatto una cena insieme per festeggiare».
Miglior giocatore del torneo, incalzato da Toffanin, Michieletto con grande umiltà risponde che guardando l’ultima partita, per i punti segnati, avrebbe meritato la nomina il compagno Yuri Romanò. «Ma come mvp del tornei ci poteva stare. Comunque, in uno sport di squadra si vince insieme».
Dalle sconfitte si impara di più, anche per Michieletto le sconfitte sono più difficili da digerire e non nasconde di aver fatto fatica durante il suo percorso sportivo, di essere passato per dei «buchi stretti dove era più facile rinunciare che andare avanti e stringere i denti». Tra questi momenti, il più difficile, ricorda l’atleta, il momento in cui ha iniziato a vivere da solo all’età di 12 anni. «Ero piccolo quando sono uscito di casa. Parecchie volte chiamavo i miei genitori perché volevo tornare indietro. Mi ero abituato con la mamma che mi aiutava nei compiti, che mi accompagnava ad allenamento. Però è un’0esperienza che mi ha aiutato a maturare prima».
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