Rovereto

martedì 24 Gennaio, 2023

Parla il rider pakistano pestato a Rovereto: «Pugni e calci anche quando ero ko»

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Lo sconosciuto lo ha insultato, minacciato e quindi aggredito «Non ho capito perché se l’è presa con me»

Quel pugno che gli è stato assestato con violenza, a più riprese, sul volto, assieme a un calcio, gli sono rimasti letteralmente stampati addosso. Ogni occhio è una chiazza nera, dalle palpebre alle occhiaie. Uno si apre a malapena e mostra sangue attorno all’iride. Quel sangue che Imran Talib, 24enne pakistano, professione rider, si trova anche a deglutire con la saliva, mentre racconta, ancora molto provato, del brutale pestaggio che ha subito sabato scorso verso le 13,30 in via Mazzini a Rovereto. In pieno centro storico. Lì dove si trovava a passare in bici dopo aver effettuato la consegna di un pasto a domicilio.
Mentre ripercorre quelle drammatiche sequenze la testa gli finisce tra le mani. Il dolore al capo è ancora forte, come a parte della bocca, dove un dente si è addirittura scheggiato (per l’ospedale ha subito un trauma cranico e facciale da «30 giorni di prognosi salvo complicazioni»). Ma è tanta anche la disperazione mista a choc per il giovane che ha già affrontato mille prove da quando, ancora minorenne, ha lasciato la famiglia in Pakistan per cercare fortuna in Italia.
Perché è stato aggredito? Conosceva quell’uomo?
«Non me lo so spiegare, non lo so davvero, vorrei capirlo anche io perché quello sconosciuto se l’è presa in quel modo con me, aggredendomi anche quando ero a terra. Era la prima volta che lo vedevo. E dall’altra lui avrebbe fatto fatica a riconoscermi: ero bardato con cappellino e scaldacollo, erano visibili solo i miei occhi».
C’è stato un contatto fisico? Una discussione?
«Ricordo che stava facendo spola con delle birre dall’auto al bar mentre io stavo pedalando in mezzo alla strada. Ma non ci sono finito contro, non l’ho urtato in alcun modo né ho toccato la sua auto parcheggiata sulla via. Eppure mi ha aggredito. E dalle parole, dalle minacce, è passato ai fatti».
Ci spieghi dall’inizio cosa è successo…
«Stavo percorrendo via Mazzini in bici e quell’uomo di colore, forse africano, ha iniziato ad inveire verso di me, insultandomi e prendendomi a male parole. Un atteggiamento incomprensibile. Gli ho detto allora: “Non ti conosco, perché mi tratti così?” e ho cercato di tirare dritto, anche perché dovevo lavorare. Ma lui ha continuato ad insultarmi in modo pesante e a dirmi che mi avrebbe fatto del male e allora io gli ho risposto con le stesse offese. Anche una donna italiana uscita dal bar lo ha fatto e le ho chiesto di portarmi rispetto».
Come si è trovato a terra?
«Prima lo sconosciuto mi ha minacciato di prendermi a bottigliate, poi di darmi un pugno. “Stai scherzando vero?” gli ho detto, convinto che si limitasse alle parole. Io non ammetto si usi la violenza. Stavo proseguendo a piedi, portando la bici, e mi ha richiamato. Mi ha detto “fermati, vieni qui che ti prendo a pugni”. Non pensavo lo facesse davvero…
E invece lei è stato messo ko?
«Sì, esatto. Quando mi ha detto di fermarmi l’ho fatto. Mi sono girato, guardando all’indietro ed è allora che mi è arrivato il primo pugno al capo che mi ha fatto volare sull’asfalto. La testa ha iniziato a girarmi, ho visto il sangue. Il sangue che ha poi iniziato ad uscirmi da naso e bocca. Dei colpi successivi non ho memoria ma so che oltre alle mani ha usato anche dei calci, al viso e al ventre. Devo aver perso i sensi: ricordo di essermi poi ritrovato in ospedale…»
Come sa quindi dei pugni e dei calci che sono seguiti?
«Le telecamere presenti sulla via hanno registrato le sequenze e quei filmati sono stati acquisiti dalla polizia locale. Il giorno dopo l’aggressione sono stato in comando a formalizzare denuncia per lesioni».
Sa chi è stato a dare l’allarme e chiamare i soccorsi?
«Da quanto ho potuto capire una donna, ma non so chi sia. Vorrei tanto poterla rintracciare per ringraziarla. Spero possa leggerlo qui».
Ora lei come sta?
«Ho forti dolori al capo e in bocca, alla mandibola, e mi ritrovo pure un dente rotto. Anche appoggiarmi sul cuscino a dormire è una sofferenza detto che quanto accaduto mi ha tolto il sonno. Da un occhio vedo ancora offuscato. Oggi (ieri per chi legge ndr) sono stato in ospedale a Trento per una visita in oculistica e maxillo-facciale».
Lo ha detto ai suoi familiari in patria di questo pestaggio?
«Non devono sapere niente, li farei piangere e non voglio farli preoccupare. Spero solo di poter tornare presto in salute: ho bisogno di lavorare per loro, per mandare i soldi ai miei genitori e ai miei tre fratelli e due sorelle in Pakistan. Io qui vivo con poco, il resto lo mando a loro».
Come ci è arrivato in Italia? I suoi sono rimasti in patria?
«Ci sono arrivato in un mese, alternando percorsi a piedi, passaggi in auto e camion. Sono partito sette anni fa. Da solo. Ero poco più che bambino. Al seguito solo gli abiti che avevo addosso e del mangiare».
Un viaggio della speranza?
«I miei hanno pagato per farmi arrivare qui. Ho attraversato Iran, Turchia, Bulgaria, Serbia.. Ricordo che il treno si è fermato a Pordenone ed è lì che mi sono presentato in questura dopo una notte passata sulla strada. Ero minorenne e mi hanno accolto in una struttura adeguata. Che ho cambiato quando ho compiuto 18 anni ma non ci sono rimasto molto. Dovevo lavorare».
Che lavori ha fatto finora?
Ho distribuito pubblicità, fatto il saldatore e il domestico, quindi dopo cinque anni a Pordenone mi sono trasferito nel Milanese dove ho prestato servizio nel magazzino di un grosso supermercato senza però ottenere un nuovo contratto. Sono sempre andato avanti con il rinnovo del permesso di soggiorno, fino all’anno scorso quando ho ottenuto i documenti. Una gioia per me..
Da quando è a Rovereto?
«Da poco, dal 12 gennaio. Abito con alcuni connazionali, e lavoro come rider dalle 11 di mattina fino a mezzanotte. Faccio decine di consegne al giorno (e mostra il report dei guadagni, poche centinaia di euro a fine mese ndr). Da quando sono in Italia, da sette anni a questa parte, ho sempre lavorato tanto, non ho vizi e non ho mai violato la legge».
Lei ha solo 24 anni. Gioca e si diverte con gli amici ogni tanto?
«Ora i miei amici abitano in città diverse dalla mia ma comunque no, non ho tempo per divertirmi».
Solo lavorare?
«Sì, sono venuto qui, in Italia e ora a Rovereto, città dove ero già stato per un breve periodo in passato, per lavorare. Il denaro che faccio avere ogni mese ai miei familiari è importante per loro, per farli star bene. Non avrei mai pensato di essere aggredito in questo modo, di finire così, con il volto tumefatto. Non me lo aspettavo proprio…»