il caso

sabato 21 Gennaio, 2023

Freddo, sono almeno 50 le persone ancora per strada a Trento nel mezzo dell’inverno

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Non sono bastate le aperture straordinarie a risolvere il problema, continuano ad esserci nuovi arrivi. Gli operatori: «Non è un’emergenza, ma un fenomeno strutturale. Servono risposte adeguate»

Questo inverno sarà pure uno dei più miti degli ultimi anni, ma passarlo all’addiaccio rimane terribilmente duro. «La risposta alle persone non si può basare sul termometro, sui gradi Celsius, ma sulla consapevolezza che i fenomeni migratori sono strutturali e sempre più acuti e dobbiamo gestirli per il benessere di tutti» commenta Stefano Canestrini coordinatore del Centro Astalli. Purtroppo, sono ancora molte le persone, migranti o senza fissa dimora che vivono per le strade di Trento.
I luoghi in cui cercano rifugio sono gli stessi che abbiamo imparato a conoscere: i ponti sull’Adige tra il quartiere le albere e l’A22, i vicoli appartati della città e i portici del centro. Secondo gli operatori ci sarebbero ancora circa 50 persone per strada. Vista la gravità della situazione la Provincia ha deciso l’apertura straordinaria di Casa Sant’Angela e dei suoi 22 posti.
L’apertura però è prevista solo fino a domenica 22 gennaio, poi chi è stato accolto dovrà tornare in strada, mentre il problema continua ad acuirsi. Questo per due motivi.
Il primo è che c’è un continuo flusso in entrata.
Il trend di nuovi ingressi è costante, questo mese sono stati già 27, si tratta prevalentemente di richiedenti asilo di origine pakistana che arrivano a Trento attraverso la rotta balcanica, come paesi di provenienza a seguire ci sono India, Bangladesh e Marocco. Spesso, ma non sempre, giungono nel capoluogo con il treno notturno e già la prima notte diventa per loro estremamente difficile. Arrivano a mezzanotte, in una città che non conoscono e senza un posto dove andare, alcuni a Trento vogliono fermarsi, altri hanno in tasca un biglietto per Milano, Bologna a Roma. Per tutti è una notte difficile, ancora di più visto che la sala d’attesa della stazione rimane chiusa, costringendoli a trovare una sistemazione di fortuna al freddo e sotto le occasionali intemperie. Quella che dal Pakistan arriva in Italia in questo momento è la rotta con i numeri più significativi. Lo confermano anche i dati della residenza Fersina, dove al momento sono ospitati circa 210 migranti prevalentemente pakistani. Alla base di questa migrazione di massa dal paese ci sarebbero le condizioni di estrema povertà in cui versano ampi strati della popolazione, ma anche le forti inondazioni, causate dai cambiamenti climatici, che hanno messo in ginocchio l’agricoltura.
La residenza Fersina è pronta ad accogliere fino a 250 richiedenti asilo e si aspettano ulteriori ingressi nei prossimi giorni. Ma quei 40 posti in più non bastano, oltre agli arrivi ci sono ancora una quarantina di migranti ospitati da Astalli nelle strutture di emergenza allestite alle ex Bellesini e a casa San Francesco. Proprio in questa settimana una ventina sono transitati nella struttura di via Al Desert, ma subito il loro posto è stato preso da altri 20 provenienti dalla lista di attesa del Centro Astalli, lunga 150 nomi. Non si trovano tutti sul territorio, alcuni dopo mesi passati sotto un ponte ad aspettare invano di essere accolti, hanno cercato fortuna altrove, ma se le strutture si riempiono dalla mattina al pomeriggio significa che il bisogno è pressante.
Lo confermano anche i dati del Punto d’Incontro. Nel 2022 scrive l’associazione: «I pasti serviti sono saliti a 46.000». Una crescita del 40% rispetto all’anno precedente e che ha spinto il Punto d’Incontro a lanciare una raccolta fondi per sostenere le sue attività che ha già raccolto 75.000 euro.
La seconda ragione per cui a metà gennaio, nel mezzo dell’inverno, ci sono ancora persone per strada è dovuta alla regola che prevede un limite di 30 giorni di permanenza nei dormitori per i senzatetto che non hanno la residenza in provincia. Proprio in questi giorni nelle strutture si è assistito a un ricambio in cui alle uscite, sono corrisposte altrettante entrate. Un quadro composito in cui due condizioni diverse, quella dei senzatetto e dei richiedenti asilo, si mescolano, quando invece avrebbero necessità di percorsi separati e risposte adeguate ai differenti bisogni. Le soluzioni sono molteplici e urgenti.
La città ha bisogno di una struttura per i lavoratori fragili: «L’ostello dei lavoratori è urgente come intervento strutturale – dice Stefano Canestrini –, perché si rivolgerebbe a persone che sono qui da tempo, che hanno un’attività lavorativa, ma che non possono permettersi un alloggio e sono quindi costrette ad andare nei dormitori». L’urgenza però è quella legata ai migranti che continuano ad arrivare, non trovano posto nelle strutture di accoglienza e finiscono a dormire sotto un ponte, con l’acqua che passa accanto ai giacigli di fortuna, oppure stretti l’uno all’altro per farsi caldo in un vicolo poco illuminato della città. «L’urgenza è quella di gestire il fenomeno – puntualizza Stefano Canestrini – c’è un’umanità che arriva e grida la propria disperazione, dobbiamo dare risposte. Non è un tema politico. È un elemento strutturale, le migrazioni ci sono. Se vogliamo bene al Trentino, l’unica soluzione è quella di sedersi a un tavolo e ragionare su come gestire il fenomeno».