Il fenomeno
mercoledì 26 Novembre, 2025
Nordest, 158 orfani di femminicidio. «Famiglie travolte dal dolore e dalla burocrazia: pochi ottengono il fondo»
di Simone Casciano
Elisa Pisetta, Centro Antiviolenza di Trento: «Sostegno psicologico, spese improvvise, percorsi legali: le famiglie affidatarie non devono essere lasciate sole»
Solo nel Nordest Italia ci sono più di 158 orfani di femminicidio documentati dalla rete dei centri antiviolenza che si occupa di sostenerli. Freddi numeri dietro i quali esistono centinaia di vite, chiamate ad andare avanti dopo un dolore indicibile, la perdita della propria madre, e accanto a loro, in molti casi, familiari, spesso del ramo materno, che corrono loro incontro, diventando la loro nuova famiglia, trovandosi tutti a dover fare i conti con un lutto indicibile, ma anche con tutte le altre difficoltà di un cambiamento doloroso. Fare spazio in una casa, trovare i fondi con cui sostenere una famiglia improvvisamente diventata più grande, trovare qualcuno con cui parlare di quel dolore che settimane dopo settimane, mese dopo mese, scava dentro.
Per sostenere gli orfani e le famiglie delle vittime di femminicidio esistono fortunatamente progetti come quello «Orfani di Femminicidio Vittime Invisibili» che per il Trentino Alto Adige fa capo al Centro Antiviolenza di Trento, c’è poi il fondo previsto dalla legge 4 del 2018. «Il problema è che il fondo è poco conosciuto e l’accesso a esso molto complicato – osserva Elisa Pisetta, referente per il Centro Antiviolenza di Trento del progetto a sostegno degli orfani – In questo modo il supporto viene di fatto depotenziato. Sarebbe fondamentale una semplificazione normativa».
Pisetta come funziona il sostegno agli orfani di femminicidio e alle famiglie?
«Noi per il Trentino Alto Adige coordiniamo il progetto che sostiene entrambi, orfani e famiglie affidatarie, che in molti casi sono famigliari materni. È un progetto nato a dicembre 2021 che sarebbe dovuto scadere quest’anno, ma è stato prorogato fino a dicembre 2026. Si tratta di un progetto nazionale, attivo in tutta Italia: noi apparteniamo alla rete Nordest, che comprende Trentino-Alto Adige, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia ed Emilia-Romagna, e che qui è conosciuto come “Orfani di femminicidio – vittime invisibili”. Le azioni previste sono molteplici. La prima è l’attivazione di un focal point immediatamente dopo un caso di femminicidio: ci mettiamo in contatto con i servizi sociali e la tutela minori del territorio in cui il fatto è avvenuto, presentiamo il progetto e interveniamo offrendo supporto psicologico e sostegno sia ai familiari sia agli orfani, oltre che all’ambiente scolastico ed educativo. Successivamente seguiamo le famiglie nella presa in carico a lungo termine, valutando i bisogni e attivando aiuti psicologici e non solo. In Trentino abbiamo la fortuna di avere gli psicologi per le emergenze, un supporto che in molte altre regioni non esiste. Il nodo più critico è però la presa in carico nel lungo periodo: per i minori c’è l’invio all’Apss, mentre per i familiari è spesso più difficile trovare un percorso strutturato. Il progetto prevede anche un sostegno economico per spese scolastiche, sportive o personali degli orfani, e un ulteriore plafond per le famiglie affidatarie destinato a esigenze materiali: spese legali, piccole ristrutturazioni per adeguare gli spazi, pagamento della mensa o della spesa quotidiana. È fondamentale anche l’accompagnamento legale per accedere ai benefici della legge 4/2018, che tutela gli orfani di femminicidio».
Cosa prevede la legge?
«Nelle situazioni che stiamo seguendo, anche in casi avvenuti prima dell’avvio del progetto, abbiamo riscontrato che spesso non si è a conoscenza dell’esistenza del fondo nazionale. C’è poca informazione, anche tra avvocati e assistenti sociali che entrano in contatto con queste famiglie. La legge prevede diversi aiuti: un fondo di rotazione da 60 mila euro per ogni orfano, contributi allo studio e borse di studio, oltre al rimborso di spese sanitarie e psicologiche. Tutto questo, però, non è sempre noto. E soprattutto l’accesso è molto complesso: le procedure sono lunghe, serve un avvocato che segua le pratiche e i tempi di erogazione sono spesso dilatati. Il fondo di rotazione, che è la misura economicamente più rilevante, diventa inaccessibile se la famiglia ha già ricevuto donazioni o raccolte fondi. Dal 2024 la Provincia di Trento ha attivato un aiuto economico molto più rapido tramite la legge provinciale 6 del 2010: un contributo una tantum da 10 mila euro per gli orfani di femminicidio con meno di 26 anni. In questo caso la procedura è semplice e l’erogazione avviene in tempi rapidi».
Quanti minori e famiglie state seguendo?
«Attualmente seguiamo quattro famiglie per un totale di sette minori. Il riscontro che riceviamo è chiaro: questo supporto è percepito come fondamentale. Le famiglie ci dicono spesso “meno male che non ci lasciate soli”. Dopo l’attivazione dei servizi sociali e degli interventi giudiziari, il tempo passa e può subentrare la sensazione di abbandono. Il nostro compito è proprio contrastare questo isolamento, offrire un riferimento stabile, un luogo in cui sanno che troveranno risposta ai loro bisogni».
Quali sono questi bisogni?
«Innanzitutto avere uno spazio protetto in cui poter parlare della propria situazione. In Trentino l’attivazione dei servizi psicologici è veloce, ma spesso i bisogni emergono più tardi, quando la fase emergenziale è finita e non si sa a chi rivolgersi. Serve uno sportello dedicato, con professionisti formati sulla violenza di genere, che sappiano come accompagnare la rielaborazione del trauma e orientare le famiglie tra le varie misure di sostegno. Poi c’è l’aspetto pratico, l’accompagnamento nelle pratiche per la richiesta di sostegno economico. Ricordiamoci che per una famiglia comune, trovarsi all’improvviso a dover accogliere magari uno, due o tre minori in più significa affrontare spese importanti e totalmente inattese».
Servirebbe un intervento sulla legge 4 del 2018, quantomeno di semplificazione?
«Assolutamente sì. Oggi la procedura è estremamente macchinosa: i moduli sono disponibili online, ma interpretarli è complesso per chi non ha competenze giuridiche. Serve necessariamente un legale, e viene richiesto di allegare documentazione legata al delitto e alle condanne, un passaggio doloroso oltre che farraginoso. Bisogna snellire le procedure. Per esperienza, pochissime famiglie riescono ad accedere ai fondi: non perché non ne abbiano diritto, ma per mancanza di informazioni o per l’eccessiva difficoltà del processo. I fondi ci sono, bisogna soltanto renderli davvero accessibili».
Quanto è importante il sostegno psicologico?
«Fondamentale, soprattutto per gli orfani. Per i familiari il bisogno è altrettanto presente, ma spesso viene messo da parte perché la priorità diventa la cura dei minori. Sapere che il supporto esiste, ed è attivabile quando necessario, fa una grande differenza».
Il fenomeno degli orfani di femminicidio avrebbe bisogno di maggiore monitoraggio?
«Assolutamente sì. A livello nazionale servirebbe un registro dedicato. Con l’avvio del progetto nel Nordest abbiamo creato una sorta di database per monitorare stabilmente il fenomeno, ma questa rilevazione manca a livello nazionale. Senza numeri chiari, il tema rischia di rimanere invisibile, e invece è necessario portarlo alla luce».
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