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mercoledì 8 Ottobre, 2025

Sfratti, a Trento aumentano gli sgomberi (150 in un anno) ma diminuiscono i provvedimenti

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I dati del 2024 della Provincia: la morosità rimane la causa principale

Meno carte bollate, ma più persone sfrattate, si può analizzare così la situazione degli sfratti in Trentino mettendo a confronto i dati del 2024 con quelli degli anni precedenti. Nel 2024 in Trentino, infatti, sono diminuiti i provvedimenti di sfratto emessi, ma sono aumentate in modo sensibile le esecuzioni effettive, cioè le famiglie che hanno dovuto lasciare realmente la propria abitazione. È questo l’elemento più significativo che emerge dai dati provinciali: gli sfratti si sono fatti più esecutivi, meno spazio per una mediazione.
Secondo le statistiche del ministero dell’Interno, lo scorso anno i tribunali trentini hanno emesso 188 provvedimenti di sfratto, contro i 206 del 2023: un calo dell’8,7%. A prima vista sembrerebbe un segnale positivo, ma la realtà raccontata dai numeri successivi è molto diversa. Le richieste di esecuzione — il passaggio concreto in cui l’ordine di sfratto viene fatto valere — sono infatti salite da 246 a 268, con un incremento del 9%. E soprattutto sono aumentati gli sfratti eseguiti, passati da 120 a 150, con una crescita del 25% rispetto all’anno precedente. Un dato che rovescia la prospettiva: diminuiscono le pratiche avviate, ma cresce la percentuale di quelle che arrivano fino in fondo. Qualche caso in meno, ma più drammatici.

Morosità e fine locazione
La morosità rimane la causa principale di sfratto, anche se con circa 20 casi in meno rispetto all’anno precedente. Su 188 provvedimenti totali, oltre 130 sono dovuti all’impossibilità degli inquilini di pagare l’affitto, una quota che supera i due terzi del totale. La crisi del costo della vita, l’aumento dei canoni e il caro energia continuano a pesare in particolare sulle famiglie con redditi medio-bassi, che spesso non riescono a sostenere la spesa abitativa sul mercato privato. Ma a crescere come voce singola sono gli sfratti per «fine locazione» cioè per la scadenza del contratto non rinnovato dal proprietario. Se nel capoluogo sono stati 17 contro i 20 di un anno prima, a livello provinciale sono stati 58 contro i 55 del 2023 e i 41 del 2022. Segno che questa tipologia di sfratto sta aumentando, forse perché l’attrattività dell’affitto turistico breve è sempre maggiore e spinge i proprietari a non rinnovare i contratti di affitto e spostare le loro case su un mercato poco regolamentato e con una tassazione vantaggiosa visto che non differenzia tra affitti ai residenti o ai turisti.
L’emergenza si allarga
Il fenomeno degli sfratti, tradizionalmente più concentrato nel capoluogo, mostra oggi un’estensione crescente verso le valli e i centri minori. Le cifre relative al «resto della provincia» indicano infatti un numero consistente di provvedimenti per morosità e fine locazione, spesso legati a un mercato delle seconde case sempre più orientato verso l’affitto turistico e stagionale. Il dato conferma le preoccupazioni di sindacati e associazioni per la casa, che segnalano da tempo la difficoltà crescente nel reperire alloggi a canone sostenibile. Le misure di sostegno, dai contributi per l’affitto agli alloggi pubblici, non riescono a compensare il restringimento dell’offerta nel privato.
Il paradosso 2024
Nel complesso, i numeri raccontano un paradosso: mentre i procedimenti giudiziari calano, cresce la loro efficacia esecutiva. Significa che, una volta avviato, il percorso di sfratto arriva più spesso al termine, con l’intervento dell’ufficiale giudiziario e l’allontanamento delle famiglie. È un segnale di irrigidimento generale del mercato, ma anche della riduzione delle reti di protezione sociale che in passato permettevano di fermare l’esecuzione all’ultimo momento. I margini di mediazione si sono assottigliati e, in un contesto di difficoltà economica diffusa, sempre più inquilini finiscono per perdere la casa. Il 2024 si chiude così con una fotografia contraddittoria: meno provvedimenti, ma più persone sfrattate davvero. Un dato che impone di tornare a parlare di politiche abitative anche in Trentino, dove il problema non è più soltanto quello dei grandi centri, ma coinvolge tutto il territorio.